Rigenerare condensatori elettrolitici

Ciao a tutti! Oggi voglio condividere con voi un’esperienza recente che mi ha portato a riprendere in mano un progetto che avevo realizzato ben 10 anni fa, quando ero ancora un semplice hobbysta. Recentemente, sono stato contattato da un grossista di materiale elettronico che aveva la necessità di rigenerare un lotto abbastanza consistente di condensatori elettrolitici Nichicon che aveva in magazzino.

Questi condensatori dovevano essere rigenerati prima di poter essere venduti, e il lotto contava ben 500 pezzi. I condensatori da rigenerare erano di grandi dimensioni, con una capacità di 3900uF e una tensione nominale di 500 volt. Pertanto, il mio vecchio rigeneratore aveva bisogno di alcune modifiche per gestire queste specifiche. Mi diverte ripescare questo vecchio progetto dal mio archivio e dare una rinfrescata all’articolo che avevo pubblicato sul mio sito così tanti anni fa.

Ricordo ancora l’emozione che provai nel vedere il mio rigeneratore funzionare perfettamente quando l’avevo creato per la prima volta. Ma ora, con questa nuova sfida di rigenerare un così grande numero di condensatori, sapevo che era il momento di migliorare e ottimizzare il mio dispositivo. Ho reso il sistema più efficiente e preciso, introducendo controlli aggiuntivi durante il processo di rigenerazione.

Cosa significa rigenerare un condensatore ?

La rigenerazione dei condensatori elettrolitici è una pratica volta a ripristinare le condizioni di normale funzionamento dei condensatori elettrolitici che sono stati inattivi per un lungo periodo. Quando i condensatori nuovi o funzionanti rimangono inattivi troppo tempo, possono entrare in uno stato di “sonno” in cui avviene una separazione chimica degli elementi dell’elettrolita. Prima di utilizzare tali condensatori, è necessario “risvegliarli” attraverso un processo di rigenerazione o reforming, durante il quale si applica gradualmente una tensione al condensatore limitando la corrente di carica. Questo permette agli elementi chimici di riattivarsi o riformarsi, da qui il termine “reforming”.

Il reforming dei condensatori implica un’applicazione controllata di tensione con una limitazione della corrente per un periodo di tempo indeterminato fino a che il condensatore non ha raggiunto la sua tensione nominale con una corrente di perdita prossima a zero. Questo processo permette agli elementi chimici all’interno del condensatore di riformarsi in modo corretto. È importante notare che durante il reforming, la corrente di carica deve essere appunto limitata per evitare scariche interne o cortocircuiti che potrebbero danneggiare il condensatore.

Attraverso il reforming, si mira a ripristinare la capacità nominale, la bassa resistenza interna e le prestazioni originali del condensatore. Tuttavia, è fondamentale ricordare che il reforming è efficace solo per i condensatori che hanno subito una semplice perdita di funzionalità a causa dell’inattività prolungata. Condensatori danneggiati in modo significativo o che hanno raggiunto la fine della loro vita utile non possono essere recuperati tramite il reforming e richiedono la sostituzione con nuovi componenti.

Il rigeneratore

La rigenerazione dei condensatori elettrolitici può essere affrontata attraverso diversi approcci, tra cui l’utilizzo di un variac o di una resistenza in serie per caricare gradualmente il condensatore. Tuttavia, questi metodi presentano alcune limitazioni e rischi, come il tempo variabile necessario per la rigenerazione, il monitoraggio inadeguato della corrente di carica e il potenziale rischio di danneggiare il condensatore.

Per superare tali problematiche, è possibile adottare un circuito dotato di una propria intelligenza per la rigenerazione dei condensatori. Questo circuito applica al condensatore dei treni di impulsi rapidi, ma non distruttivi, monitorando costantemente la corrente di carica assorbita dal condensatore. Ogni volta che la corrente supera un valore impostato, ad esempio 10mA, il circuito effettua delle pause tra un treno di impulsi e il successivo, dando al condensatore il tempo necessario per riformare i suoi elementi interni.

Questo processo di carica a treni di impulsi continua fino a quando il condensatore raggiunge la tensione nominale desiderata, con un assorbimento di corrente pari a zero. A questo punto, il condensatore viene fatto scaricare attraverso una coppia di lampadine. Prima della modifica giugno 2023, si utilizzava semplicemente una resistenza per la scarica dei condensatori, ma quando si trattava di condensatori di grandi dimensioni come questi che devo rigenerare ora, il problema dello smaltimento del calore diventava complicato. Pertanto, una soluzione banale ma efficace consiste nell’utilizzare due lampadine da 3 candele 230 volt (tipo quelle che sono dentro ai frigo) collegate in serie.

Questo metodo di rigenerazione consente di ridurre al minimo il tempo di rigenerazione e si adatta automaticamente alle esigenze specifiche di ciascun condensatore. In pratica, è come se il condensatore stesso comunicasse al circuito del rigeneratore i suoi tempi di rigenerazione. Sebbene il processo possa sembrare simile al caricamento del condensatore a corrente costante, le prove effettuate precedentemente al 2013 dimostrano che la rigenerazione con treni di impulsi risulta altrettanto efficace, ma molto più rapida rispetto al metodo a corrente costante. Pertanto, l’utilizzo di treni di impulsi per la rigenerazione dei condensatori offre un approccio più efficiente e controllato rispetto ai metodi tradizionali. Si tratta di un approccio innovativo che combina la rapidità di rigenerazione con la sicurezza e l’efficacia nella gestione della corrente di carica. Questo permette di ottenere una rigenerazione ottimale dei condensatori elettrolitici, risparmiando tempo e minimizzando il rischio di danni.

Uno strumento indispensabile per chi ripara radio e amplificatori valvolari d’epoca

Questo strumento si rivela indispensabile per coloro che si dedicano alla riparazione e al restauro di radio e amplificatori valvolari d’epoca. Quando ci si propone di riportare in funzione un apparecchio che è rimasto inattivo per decenni, spesso è necessario procedere alla rigenerazione dei vecchi condensatori elettrolitici, qualora siano ancora utilizzabili. Grazie a questo strumento, ho avuto la possibilità di ripristinare il funzionamento di condensatori datati anche agli anni ’40, garantendo così un corretto funzionamento degli apparecchi. Nel caso degli amplificatori audio, la conservazione, ove possibile, dei vecchi condensatori elettrolitici potrebbe essere essenziale per preservare il suono originale dell’amplificatore, evitando di compromettere la sua qualità sonora con sostituzioni superficiali.

La costruzione

Mi sono quindi dedicato a eseguire alcuni esperimenti sulla breadboard utilizzando un microcontrollore Picaxe 18M2 come unità di elaborazione del circuito.

Ho sviluppato uno stadio analogico utilizzando un trasformatore flyback come parte centrale del circuito. Per il trasformatore, ho utilizzato un piccolo trasformatore d’uscita recuperato da una radiolina a valvole demolita, invertendo la sua polarità. Il FET di potenza viene collegato al secondario per l’ingresso, mentre l’alta tensione viene prelevata dal primario. Il microcontrollore Picaxe 18M2 si occupa di generare treni di impulsi in PWM per controllare il FET e di misurare la tensione ai capi del condensatore durante la carica, oltre alla corrente assorbita.

In pratica, il flyback è in grado di generare oltre 700 volt CC a vuoto, con una corrente di corto circuito di 30mA. Tuttavia, l’MCU limita la tensione massima raggiunta dal condensatore durante la carica e, soprattutto, limita la corrente media assorbita a 10mA. L’ampiezza e la corrente degli impulsi rimangono costanti, ma varia la durata dei treni di impulsi e la pausa tra un treno e l’altro. Questo metodo, apparentemente aggressivo, sembra funzionare molto bene. Sono riuscito a rigenerare diversi condensatori scelti a caso dalla scatola dei “cadaveri”, incluso un paio di quelli che non erano ripresi con il vecchio rigeneratore a corrente costante, e in tempi abbastanza brevi.

Vediamo un pò la costruzione dell’apparecchio: Ho preso un trasformatore a caso nel mucchio della roba di recupero…

Durante il funzionamento il trasformatore che ho utilizzato emetteva rumore. Per risolvere il problema, ho preso la decisione di immergerlo nella cera per renderlo più silenzioso. Dopotutto, il povero trasformatore non era stato progettato per gestire 15 watt di onde quadre modulate, con correnti che raggiungevano quasi 1A sul secondario. È stato un modo divertente per affrontare il problema e ottenere un funzionamento più tranquillo.

Sono rimasto sorpreso di quanto fosse efficace l’immersione nella cera per ridurre drasticamente il rumore emesso dal circuito. Il risultato è stato così soddisfacente che il rumore è praticamente scomparso. Ho voluto condividere con te una foto del circuito assemblato su una breadboard a 1000 fori, prima che fosse alloggiato in un involucro definitivo. Come puoi vedere, i LED sono collegati in modo provvisorio per scopi di testing.

Ecco lo schema (clicca per ingrandire):

Clicca qui per scaricare lo schema in formato PDF: rigeneratore.pdf

Riporto qui sotto il sorgente del firmware in basic (si è vero non mi piace il Basic e oggi preferisco arduino e il linguaggio C)

; Sorgente del rigeneratore di condensatori, versione 1.1v, www.sb-lab.eu, questo programma e' sottoposto a licenza GPL v.2

#no_data
#picaxe 18m2

setfreq m16 ; frequenza della CPU a 16mhz

symbol pwmdri = B.3
symbol caricaled = C.3
symbol volt_pin = B.2
symbol tensione = b0
symbol preset = b1
symbol speed = b2
symbol corrente = b3
symbol ritardo = b4
symbol volano = b5
symbol noblinc = b6
symbol nvolte = b7
symbol pin150 = pinB.4
symbol pin200 = pinB.5
symbol pin250 = pinB.6
symbol pin300 = pinB.7
symbol pin350 = pinC.6
symbol pin400 = pinC.7
symbol pin450 = pinC.0
symbol pin500 = pinC.1
symbol rl = C.2
symbol pulsante = pinC.5
symbol amp_pin = B.1
symbol low_led = B.0

; routines per la taratura della parte analogica (pin500 e pin450 collegati al +5v)
if pin500 = 1 and pin450 = 1 then
	goto tara
endif

; stato di riposo, attende che venga premuto il tasto start/stop
main:
setint off ; disattiva l'interrupt
gosub scarica
gosub hv_off
low caricaled
let nvolte = 0
wait 3
do
if pulsante = 1 then
	exit
endif
loop

; Legge quale tensione e' stata selezionata, va alla subroutines di preset, poi avvia il loop rigenera
seleziona:
wait 3

setint %00100000,%00100000 ; setta l'interrupt che permette di fare lo stop immediato del processo di rigenerazione in qualsiasi momento venga premuto il tasto start/stop

do
if pin150 = 1 then
	gosub v150
elseif pin200 = 1 then
	gosub v200
elseif pin250 = 1 then
	gosub v250
elseif pin300 = 1 then
	gosub v300
elseif pin350 = 1 then
	gosub v350
elseif pin400 = 1 then
	gosub v400
elseif pin450 = 1 then
	gosub v450
elseif pin500 = 1 then
	gosub v500
else
	gosub v100
endif
gosub rigenera
loop

; inizia il loop di rigenerazione del condensatore
rigenera:
let noblinc = 0 ; serve a evitare il blinc del led giallo (basso assorbimento) nei primi istanti di carica
let volano = 150 ; serve a dare una prima botta di carica che dura tot millisecondi (tanti quanti il valore specificato)
		 ; prima del primo campionamento degli adc, per evitare che il processo si fermi con un'errore di condensatore non connesso

do
let corrente = 0 ; azzera i registri corrente e tensione
let tensione = 0
low low_led ; spegne l'indicazione di basso assorbimento
high caricaled ; accende il led che indica l'inizio della carica del condensatore da rigenerare
gosub hv_on ; attiva l'alta tensione
pause volano ; fa una pausa, con l'alta tensione attiva, prima di campionare tensione e corrente, il valore viene cambiato con quello del preset alla fine del primo loop

readadc amp_pin, corrente ; campiona i valori analogici di corrente e tensione con l'adc a 8 bit
readadc volt_pin,tensione

if corrente > 100 then ; se la corrente supera il valore impostato spegne il generatore di alta tensione
	gosub hv_off
	pause 5
elseif corrente < 50 then ; se la corrente e' al di sotto del valore impostato entra nello stato di errore condensatore non connesso
	gosub hv_off
	low caricaled
	gosub scarica
	do
		high low_led
		wait 1
		low low_led
		wait 1
	loop
elseif corrente < 95 and noblinc > 5 then ; se la corrente e' al di sotto del valore impostato accende il led giallo che segnala il basso assorbimento, ma solo dopo 5 cicli del loop
	high low_led
elseif tensione > preset and corrente > 50 then ; se il valore di tensione misurato e' superiore al preset e la corrente assorbita non e' al di sotto del valore specificato termina il ciclo con la scarica del condensatore
	gosub hv_off
	wait 5
	low caricaled
	gosub scarica
	return
endif

let noblinc = noblinc +1 ; incrementa il registro antiblincamento
let volano = ritardo ; al termine del primo loop imposta il valore del registro volano dal valore lungo necessario al primo campionamento a quello corto impostato nel preset
loop

; preset per le varie tensioni

v100:
let preset = 66
let speed = 2
let ritardo = 5
return

v150:
let preset = 100
let speed = 0
let ritardo = 2
return

v200:
let preset = 135
let speed = 0
let ritardo = 2
return

v250:
let preset = 165
let speed = 0
let ritardo = 2
return

v300:
let preset = 195
let speed = 0
let ritardo = 2
return

v350:
let preset = 218
let speed = 1
let ritardo = 5
return

v400:
let preset = 237
let speed = 1
let ritardo = 5
return

v450:
let preset = 246
let speed = 1
let ritardo = 5
return

v500:
let preset = 254
let speed = 1
let ritardo = 5
return

; routines di scarica del condensatore
scarica:
low low_led
; attivo il rele' che scarica il condensatore sulla lampadina
high rl
; controllo la tensione fino a che si approssima a zero quindi disattivo il rele'
do
  wait 2
  readadc volt_pin,tensione
loop while tensione != 0
low rl
if nvolte = 1 then ; se sono stati fatti 2 cicli di scarica si ferma e da segnale di completo
	do
	high caricaled
	pause 250
	low caricaled
	pause 250
	loop
endif
let nvolte = nvolte + 1
return

; routines di taratura del trimmer di misura della tensione
tara:
setint %00100000,%00100000
do
gosub v500
gosub hv_on
pause 100
readadc volt_pin,tensione

if tensione > preset then
	gosub hv_off
	pause 5
endif
loop

; attiva il segnale pwm per la generazione dell'alta tensione con frequenze e dutycicle diversi in base al valore impostato nel preset.
hv_on:
if speed = 0 then
	pwmout pwmdri,66,187 ; 15khz 70%
elseif speed = 1 then
	pwmout pwmdiv4, pwmdri, 249, 800 ; 1khz 80%
elseif speed = 2 then
	pwmout pwmdiv16, B.3, 124, 250 ; 500hz 50%
endif
return

; routines di spegnimento dell'alta tensione
hv_off:
pwmout pwmdri,off
return

; routines dell'interrupt per lo stop rapido del ciclo di carica (resetta il chip).
interrupt:
reset

NOTA IMPORTANTE sul trasformatore: È fondamentale considerare che non tutti i trasformatori sono adatti per questo circuito specifico. Per effettuare il test del trasformatore e calibrare il trimmer che limita la tensione a 500 volt, ho inserito una procedura nel microcontrollore che funziona nel seguente modo: prima di accendere il circuito, è necessario scollegare il commutatore rotativo che seleziona le diverse tensioni e collegare i due pin corrispondenti ai passi 450V e 500V del commutatore a +5V. Successivamente, si alimenta il circuito. Durante la fase di avvio, se il microcontrollore rileva che questi due pin sono in alto, attiva il generatore di alta tensione alla massima potenza, senza limitazione di corrente.

All’uscita del trasformatore, invece di collegare un condensatore, è necessario collegare una resistenza di carico ESATTAMENTE da 50k, in grado di dissipare almeno 5 watt per una decina di secondi senza surriscaldarsi. Utilizzando questa configurazione, regolate il trimmer fino a misurare con un tester una tensione di 500 volt ai capi della resistenza. Se la tensione risulta significativamente più bassa e non riuscite ad aumentarla, provate a invertire i capi del secondario o del primario del trasformatore. Poiché la forma d’onda dell’onda quadra è asimmetrica, la rettificazione di una fase rispetto all’altra può causare differenze significative. Se nonostante queste modifiche non si riesce ad ottenere la tensione desiderata, significa che il trasformatore non è adatto per il circuito in questione.

Nel programma del microcontrollore, ho incluso diversi preset che corrispondono alle varie tensioni da generare, e ogni preset ha una frequenza di pilotaggio specifica. Questa scelta deriva da alcune considerazioni fatte durante lo sviluppo del circuito.

Il trasformatore di riferimento che ho utilizzato mostrava una maggiore efficienza nel trasferimento di potenza (tensione e corrente) a frequenze più basse (1 kHz). Tuttavia, a questa frequenza, il trasformatore produceva un rumore più intenso e c’era un surriscaldamento maggiore del FET di potenza. D’altro canto, a frequenze più elevate (15 kHz), la vibrazione meccanica del trasformatore era ridotta e la dissipazione di calore nel FET era minore, ma la tensione erogata non riusciva a superare i 320 volt.

Per superare questa limitazione, ho deciso di implementare diversi preset nel programma del microcontrollore. Ogni preset configura i parametri in base alla tensione desiderata. Ad esempio, per le tensioni comprese tra 150 e 300 volt, il circuito opera a 15 kHz con un duty cycle del 70%. Per le tensioni tra 350 e 500 volt, il circuito opera a 1 kHz con un duty cycle dell’80%. Infine, per la tensione di 100 volt, il circuito opera a 500 Hz con un duty cycle del 50%.

Va fatto un’appunto sul preset dei 100 volt: poiché il microcontrollore opera in modo sequenziale, generando un certo numero di impulsi al condensatore prima di misurare tensione e corrente, si è verificato che, con condensatori di capacità più piccola, il microcontrollore non riuscisse a fermare l’alta tensione in tempo. Di conseguenza, al momento del campionamento, la tensione risultava quasi sempre sopra i 160 volt. Per risolvere questo problema, ho inserito un preset che erogasse una potenza ridotta su ogni singolo impulso, in modo che, con passi di carica più piccoli, il microcontrollore avesse il tempo necessario per fermarsi prima di superare i 100 volt.

Anche se la prima taratura viene effettuata su una resistenza, è possibile apportare ulteriori regolazioni al trimmer in seguito. È possibile fare dei piccoli ritocchi al trimmer (tenendo presente che con 500 volt in uscita dal circuito ad alta tensione, si dovrebbero ottenere 5 volt in uscita dal trimmer, non di più, perché l’ADC non può leggere tensioni superiori e perché interverrebbe lo zener di protezione da 5,6 volt che protegge il chip). Questi ritocchi possono essere fatti utilizzando condensatori di prova (che siano in buone condizioni e non necessitino di rigenerazione) collegati al circuito.

Inoltre, è possibile regolare il valore del registro “preset” per modificare la tensione a cui il microcontrollore avvia la sequenza di scarica. Ho impostato tutte le tensioni in modo che superino di 5 o 10 volt il valore massimo desiderato, al fine di garantire una migliore rigenerazione del condensatore.

Potrebbe essere anche necessario modificare le frequenze e i duty cycle impostati nella routine “hv_on:” se si cambia il trasformatore. È necessario effettuare delle prove per determinare i valori ottimali. È importante assicurarsi che il circuito sia in grado di fornire la tensione desiderata con una corrente di 10mA, aumentando gradualmente il valore delle resistenze.

Nel caso in cui il microcontrollore si fermasse dopo il primo impulso di carica, indicato dal lampeggio del led che segnala la mancata connessione del condensatore, è possibile regolare il registro “ritardo” nei preset. Questo registro indica il ritardo, a partire dall’accensione di HV, prima che venga effettuato il campionamento della tensione e della corrente di carica. Se il ritardo è troppo breve rispetto alla risposta in frequenza del generatore di alta tensione e dei filtri passa-basso presenti all’uscita dei partitori, il campionamento potrebbe avvenire prima che sia stata formata una tensione misurabile sul partitore di corrente (costituito da una resistenza da 220 ohm collegata tra massa e il terminale negativo del condensatore). Ciò potrebbe portare il programma a ritenere che non sia presente alcun condensatore, saltando alla routine di gestione degli errori.

Qualche trucco

Durante i miei anni di utilizzo di questo rigeneratore, ho imparato qualche piccolo trucco che potrebbe esservi utile. Se state rigenerando un vecchio condensatore, come quelli presenti in amplificatori vintage o radio d’epoca, e notate che la tensione smette di salire e si stabilizza ad un certo valore, e magari dopo qualche minuto il condensatore si riscalda leggermente, vi consiglio di interrompere il processo di rigenerazione premendo il pulsante start/stop. Lasciate trascorrere alcune ore e, nel ciclo successivo, è molto probabile che la rigenerazione del condensatore possa completarsi con successo. Se la rigenerazione si blocca sempre alla stessa tensione, allora significa che il condensatore è da considerare non più utilizzabile.

Al termine del processo di rigenerazione, è sempre consigliabile misurare la capacità e la resistenza equivalente in serie (ESR) del condensatore rigenerato per verificarne i parametri. Per essere sicuri dell’affidabilità del condensatore, vi consiglio di effettuare un ulteriore ciclo di rigenerazione dopo 24 ore. Se il condensatore è in buone condizioni, si caricherà rapidamente e senza sforzo, come un condensatore nuovo. Tuttavia, se notate che la carica è nuovamente lenta (visto raramente), come nel primo ciclo di rigenerazione, allora il condensatore non è affidabile e va scartato. Naturalmente, se notate perdite di liquido attuali o passate, è necessario scartare il condensatore.

Modifica effettuata nel 2023 per gestire condensatori molto grossi

Per risolvere il problema dello spazio all’interno della scatola metallica, ho optato per un’alternativa creativa e veloce. Ho praticato due fori sulla parte superiore della scatola metallica del rigeneratore e ho fissato due vecchi porta lampada recuperati sopra di essi. Le lampadine utilizzate hanno una potenza nominale di circa 3 candele, corrispondenti a circa 3 watt. Sebbene questa soluzione possa sembrare buffa e simile a qualcosa che si potrebbe trovare in un cartone animato di Topolino, mi ha consentito di ottenere un dispositivo utilizzabile senza dovermi impegnare troppo.

Nel video qui sotto è possibile osservare il rigeneratore mentre raggiunge la fase finale del ciclo di rigenerazione di un condensatore di grandi dimensioni da 3900uF a 500 volt. Una volta completata la rigenerazione, il condensatore viene scaricato sulle lampadine, causandone l’accensione. Non fate caso al voltmetro che ogni tanto si azzera, dovrei sostituirlo…

Il rigeneratore, nella versione firmware 1.1, esegue due cicli di rigenerazione completi prima di interrompersi, segnalando la fine del processo con un lapeggio rapido del led rosso. È fondamentale prestare attenzione durante il processo di rigenerazione, poiché ai capi del condensatore e sugli stessi terminali del rigeneratore sono presenti tensioni continue potenzialmente pericolose.

Nel caso di condensatori ad alta capacità, come quello mostrato nel video, (ma anche in caso di condensatori più piccoli) è presente una considerevole quantità di energia accumulata che potrebbe risultare letale per persone e animali, o causare esplosioni in caso di cortocircuiti accidentali. E che la corrente continua è molto più pericolosa di quella alternata.

Pertanto, è fondamentale dotare l’apparecchio di un voltmetro per monitorare costantemente la tensione ai capi del condensatore e assicurarsi di fissare il condensatore in modo sicuro, impedendo qualsiasi movimento, rotolamento o caduta accidentale.

Prima di toccare il condensatore in fase di rigenerazione, è fondamentale assicurarsi che il rigeneratore non sia in fase di carica e che la scarica sia terminata, verificando che la tensione sia prossima allo zero o effettivamente pari a zero. Nel caso di dubbi o incertezze sullo stato di carica del condensatore, è consigliabile utilizzare un tester esterno e scaricare eventuali cariche residue con uno scaricatore di condensatori come descritto nell’articolo relativo. È importante sottolineare che se si decide di costruire questo dispositivo, ci si assume ogni responsabilità, pertanto si consiglia di leggere attentamente l’articolo sull’esenzione di responsabilità prima di procedere.

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6 Responses to Rigenerare condensatori elettrolitici

  • La riparazione di amplificatori valvolari è un’operazione che richiede precisione, conoscenze tecniche approfondite e soprattutto l’uso di metodi adeguati. Affidarsi a tecniche improvvisate e empiriche può portare a risultati ingannevoli e potenzialmente dannosi. Solo perché un amplificatore emette suono dopo un intervento non significa che stia funzionando correttamente o al massimo delle sue capacità.

    Quando si tratta di componenti critici come i condensatori, è fondamentale non lasciar nulla al caso. Se non vengono sostituiti, devono almeno essere rigenerati in condizioni controllate, e successivamente sottoposti a verifiche rigorose tramite strumenti come un ponte LCR per assicurarsi che abbiano valori di capacità, ESR (resistenza serie equivalente) e dissipazione entro limiti accettabili. Senza queste verifiche, non c’è modo di sapere se il dispositivo stia davvero funzionando come dovrebbe o se, al contrario, ci si ritrovi con un apparecchio che emette suoni in modo subottimale.

    Chi ripara in modo approssimativo rischia di ascoltare un amplificatore che produce botti nelle casse, senza sapere cosa si sia danneggiato nel mentre. Questi problemi non solo compromettono l’esperienza di ascolto, ma potrebbero anche causare danni irreparabili all’apparecchio, come la bruciatura di trasformatori o resistenze, con conseguenze disastrose.

    Il messaggio è chiaro: riparare un amplificatore valvolare non è un gioco e va fatto con criterio. Le tecniche improvvisate non sono solo inutili, ma pericolose. Per questo motivo, utilizzare dispositivi specializzati per la rigenerazione dei condensatori e seguire protocolli di verifica accurati è essenziale per garantire la longevità e le prestazioni ottimali del proprio amplificatore.

    Le pagine di questo sito sono colme di articoli che mostrano riparazioni di apparecchi spesso in gravi condizioni, con trasformatori bruciati e quant’altro, non crediate che molti di questi che ho riparato non siamo passati per trattamenti approssimativi come questi.

  • Con il Variac sono andato su lentamente 50-75-100-…-200, intervallati da tempi consistenti per permettere ai condensatori di scaricarsi.
    E mi è andata bene!
    Ora il Cochet AL-2 suona e migliora di giorno in giorno (anche se scalda come un forno!).
    Da notare come ai primi spegnimenti faceva il “botto” sugli altoparlanti, mentre ora non lo fa più.

  • È essenziale monitorare la corrente assorbita da ogni singolo condensatore durante la rigenerazione; altrimenti, i risultati saranno imprevedibili. I condensatori potrebbero riprendersi, deteriorarsi, o addirittura scoppiare. Inoltre, avviare l’amplificatore senza valvole è rischioso: senza carico, la tensione in uscita dalla sezione di alimentazione potrebbe superare i limiti massimi tollerabili dai condensatori. Dopo la rigenerazione, è fondamentale verificare lo stato di salute dei condensatori con un ponte RLC. In realtà, questa verifica andrebbe fatta anche prima: se un condensatore da 100 µF misura solo 20 µF, non ha senso tentare di rigenerarlo.

  • Interessante… anche se non penso di seguire questa strada.
    Ho un Cochet AL-2 (PP di EL34) che è fermo da 15 anni e vorrei usarlo di nuovo.
    Nei prossimi giorni mi arriva un Variac e con quello devo “giocare”…
    Non penso di togliere i condensatori elettrolitici e quindi di eseguire la procedura dopo aver tolto invece le valvole.
    Ho speranze di riuscire a “ridare vita” ai condensatori elettrolitici? Farò danni?
    Grazie

  • Dipende, sulle radio d’epoca a volte non è meccanicamente comodo sostituire un vitone con un condensatore moderno, potresti non aver spazio, oppure ti tocca stare a svuotare il vecchio condensatore per metterci dentro quello nuovo, se la rigenerazione avviene con successo io non ho mai visto che poi il condensatore avesse problemi. Invece per quello che riguarda gli amplificatore audio sia hifi che quelli da chitarra elettrica, se non troppo vecchi, i condensatori si rigenerano sempre bene e misurati sul ponte mostrano anche buone caratteristiche spesso migliori di quelle di condensatori nuovi (farò un’articolo a riguardo), e la loro sostituzione a “ufo” a volte ammazza il suono dell’apparecchio. Mentre se si tratta come in questo aggiornamento di lotti di componenti di ottima fattura fermi da ua decina di anni la rigenerazione è sicuramente la strada migliore a livello economico e anche per diminuire la quantità di rifiuti che produciamo.

  • Buona idea anche se, personalmente, non lascio montati i vecchi elettrolitici. Meglio sostituire e non pensarci più. Quando passano 80 o 90 anni, ogni accensione potrebbe mandarli in corto e allora, meglio sostituire. Mia opinione ed operazione che faccio a tutte le mie vecchie radio.

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I Trasformatori Audio HiFi e la Banda Passante: Cosa Dovresti Sapere

La banda passante di un amplificatore rappresenta lo spettro di frequenze, che va dalla più bassa alla più alta, che l’amplificatore è in grado di riprodurre senza distorsioni significative, mantenendo una tolleranza di 1dB. Sono numerosi i fattori che possono influenzare la banda passante di un amplificatore. Tuttavia, per essere considerato un amplificatore HiFi di qualità, è fondamentale che la sua banda passante sia compresa tra 20Hz e 20kHz senza distorsioni o attenuazioni rilevanti. Il problema risiede nel fatto che molti erroneamente credono che sia sufficiente che il trasformatore sia in grado di raggiungere i 20kHz per evitare distorsioni. Questo è un ragionamento profondamente sbagliato. Purtroppo, i trasformatori audio introducono distorsioni, rotazioni di fase e attenuazioni ben prima del loro limite di banda teorico. Pertanto, è necessario che la banda passante del trasformatore si estenda molto al di là della gamma udibile, in modo che non si verifichino distorsioni indesiderate all’interno della gamma udibile stessa.

Bufale del WEB

Alcune persone sostengono che la banda passante di un amplificatore non debba essere eccessivamente ampia. Tuttavia, affermare che una banda passante elevata sia una caratteristica “limitante” è un’asserzione aberrante, soprattutto quando si considerano le rotazioni di fase (di cui parlerò in seguito).  Può essere valido limitare intenzionalmente la banda passante NEL CIRCUITO, ma non nel trasformatore. Questa limitazione può essere motivata principalmente da considerazioni sulle emissioni RF che potrebbero danneggiare alcuni tipi di tweeter o disturbare apparecchiature esterne. Tuttavia, tale limitazione deve essere implementata con criterio. Inoltre, il circuito deve essere progettato in modo da evitare la presenza di disturbi ultrasonici o frequenze radio, ma non necessariamente con un taglio brutale a 20kHz.

A sostegno di quanto sto affermando, riporto di seguito l’esempio di un trasformatore d’uscita della Tamura, uno dei produttori di trasformatori più rinomati al mondo. Questo esempio dimostra che ciò che sto dicendo non è frutto di chiacchiere senza fondamento. È importante evidenziare che anche un’azienda di tale prestigio, come la Tamura, riconosce l’importanza di una banda passante estesa per i trasformatori audio. Questo conferma la validità delle mie argomentazioni e sottolinea che la banda passante adeguata va ben oltre i 20kHz.

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demo tamura

I trasformatori di questa famiglia sono venduti a diverse migliaia di euro la coppia. Dalla tabella e dal grafico forniti, si può osservare che presentano una banda passante media di 10Hz a -1dB fino a 100kHz. Questi trasformatori audio sono riconosciuti a livello mondiale come i migliori nel loro campo. È sorprendente sentire alcune persone affermare che trasformatori con tali caratteristiche possano danneggiare i woofer e tweeter, dimostrando solo una mancanza di comprensione su questo argomento da parte di tali individui.

La maggior parte delle persone si informa tramite forum online, dove la conoscenza di alcuni si mescola con l’ignoranza totale di molti altri. Si possono leggere leggende e teorie infondate, come quelle che suggeriscono di intervallare primario e secondario dei trasformatori 20/30volte, o che si necessita di almeno 100 henry di induttanza primaria per ottenere buoni risultati. Alcuni sostengono che se le induttanze dei trasformatori sui due canali non sono perfettamente uguali, il risultato sonoro sarà completamente diverso, e che è essenziale abbinare i trasformatori a coppie…

Purtroppo, questo universo di informazioni è spesso un mix confuso di nozioni prive di senso, in cui perle preziose si confondono con assoluti non sense. Inoltre, spesso viene completamente ignorato l’aspetto più importante: la banda passante. Alcuni produttori, per vendere prodotti di qualità mediocre, arrivano addirittura a sostenere che la banda passante non sia importante o addirittura mentono sulle reali caratteristiche dei loro trasformatori. Quante volte avete visto bande passanti dichiarate senza specificare l’attenuazione? Quante volte avete visto riportate le condizioni del test? Personalmente, dichiaro sempre le condizioni di test in modo trasparente e onesto.

Sono entusiasta di condividere la mia esperienza nella costruzione dei trasformatori audio. Come artigiano appassionato, ho dedicato molti sforzi nel perfezionare la progettazione e la realizzazione di questi componenti cruciali. Nel corso del tempo, sono riuscito a raggiungere risultati che possono competere in alcuni casi con i trasformatori prodotti da rinomati marchi come Tamura.

È importante sottolineare che non intendo sminuire l’importanza dei prodotti di marchi storici come Tamura, che vantano una reputazione consolidata nel settore. Al contrario, ammiro il loro lavoro e la loro dedizione alla qualità. Tuttavia, grazie alla mia dedizione e alla ricerca costante di soluzioni ottimali, sono riuscito a realizzare trasformatori con una banda passante equiparabile o in alcuni casi superiore a quelli di alcuni modelli Tamura. È stato un percorso appassionante, nel quale ho dedicato tempo e attenzione ai dettagli per soddisfare le esigenze degli appassionati di audio. Ho sempre mirato ad ottenere alti standard di qualità, cercando di superare le aspettative e offrire un’esperienza sonora eccezionale.

Mi rendo conto che le mie affermazioni potrebbero sembrare audaci o arroganti, ma desidero sottolineare che condivido queste informazioni con umiltà e realismo. Non ho l’intenzione di sovravvalutare i miei prodotti o sminuire il lavoro di altri produttori. La mia intenzione è semplicemente condividere la mia passione e i risultati che ho ottenuto con impegno e dedizione. Sono grato per l’opportunità di contribuire al mondo dell’audio e spero che la mia esperienza possa essere di ispirazione per altri appassionati che desiderano esplorare il campo dei trasformatori audio. Continuerò a perseguire la qualità e l’innovazione, sapendo che ogni passo avanti è il frutto di un costante impegno e dedizione.

Un pò di chiarezza sull’intervallamento

Un aspetto importante da considerare nella progettazione dei trasformatori audio è la tecnica del sezionamento. Per ‘sezionamento’ si intende l’intervallazione di più sezioni del primario e del secondario all’interno del trasformatore. Questa tecnica mira a migliorare l’accoppiamento tra i due avvolgimenti, il che a sua volta influisce sullo smorzamento dell’altoparlante e sull’interazione con la valvola oltre al miglior passaggio delle alte frequenze (fino a un certo punto).

È importante notare che intervallare eccessivamente i trasformatori può portare a effetti indesiderati. Aumentando il numero di intervallazioni, si aumenta anche la superficie delle armature del condensatore parassita che si forma tra i due avvolgimenti. Questo, a sua volta, incrementa la capacità parassita, influenzando la banda passante nella gamma delle frequenze alte. Pertanto, l’eccessivo sezionamento può comportare una riduzione delle frequenze acute.

Il numero di sezioni necessarie dipenderà dalle specifiche del trasformatore, come il rapporto di trasformazione, il numero di spire e la potenza. Non ha senso stabilire un valore arbitrario di sezioni come 10, 15 o 20. È importante valutare l’effetto delle capacità parassite sulla banda passante. È fondamentale trovare un equilibrio tra l’accoppiamento desiderato e la conservazione della risposta in frequenza. Se un prototipo iniziale mostra una banda passante esageratamente estesa, potrebbe essere opportuno realizzare un nuovo campione con ulteriori sezionamenti per migliorare l’accoppiamenti tra gli avvolgimento. In caso contrario, se il trasformatore fosse troppo limitato in alto sarà necessario ridurre il numero di sezioni o adottare altre tecniche per ridurre la capacità parassita. È importante sottolineare che le affermazioni di persone che sostengono di aver costruito trasformatori con un numero eccessivo di sezioni andrebbero prese con una certa cautela. Una configurazione con un’eccessiva quantità di sezioni potrebbe risultare in una riproduzione limitata delle frequenze al di sopra di pochi kHz. Pertanto, è fondamentale trovare un giusto equilibrio nel numero di sezioni, evitando sia il sovra-intervallamento che l’eccessiva riduzione delle frequenze alte. La costruzione dei trasformatori richiede precisione e attenzione alla giusta misura.

In generale, un trasformatore single-ended può funzionare efficacemente con circa 5 o 6 sezioni, mentre in un trasformatore push-pull potrebbe essere necessario un numero leggermente superiore, intorno a 10 o 12 sezioni. È importante sottolineare che i trasformatori con un numero eccessivo di sezionamenti rispetto a quanto indicato sopra sono quasi certamente di scarsa qualità. Questi trasformatori rappresentano solo una perdita di tempo per chi li avvolge e spesso vengono presentati con numeri esagerati a scopo di marketing. È quindi fondamentale evitare di cadere in queste pratiche ingannevoli e concentrarsi sulla realizzazione di trasformatori che siano realmente efficaci e performanti.

Desidero condividere con voi lo schema costruttivo di un amplificatore Conrad Johnson MV50. Tuttavia, per proteggere il mio lavoro e non rendere accessibili i dettagli sensibili come il numero delle spire e le sezioni dei fili, ho censurato tali informazioni. Ho dedicato una giornata intera alla realizzazione di questo schema, derivato dalla sbobinatura di un trasformatore danneggiato. Ovviamente è mia intenzione preservare la riservatezza delle mie creazioni e non divulgare gli schemi dei miei trasformatori. Tuttavia, spero che questo schema vi dia un’idea del concetto. Si tratta del trasformatore di un amplificatore commerciale Conrad Johnson MV50, noto per la sua qualità e apprezzato da molti, nonostante abbia solo 5 sezioni come potete vedere.

La storia dell’individuo che ha realizzato un trasformatore con 35 sezioni è senza dubbio una leggenda. Se tale persona esistesse davvero, significherebbe che ha costruito un trasformatore che a malapena riesce a riprodurre frequenze oltre un paio di kHz. Tuttavia, come si suol dire, “ogni scaraffone è bello a mamma sua”, e questa persona affermerà tranquillamente che il suo trasformatore suona divinamente, (magari utilizzandolo per un subwoofer???). Tuttavia, ciò non significa che si debbano realizzare trasformatori con un numero eccessivo di sezioni. È importante trovare il giusto equilibrio e realizzare trasformatori con il numero adeguato di sezionamenti, affinché abbiano le caratteristiche desiderate e offrano prestazioni ottimali.

Un pò di chiarezza sull’induttanza primaria

L’induttanza primaria di un trasformatore audio deve essere adeguata alle specifiche del trasformatore stesso e della valvola con cui sarà utilizzato. Dipende dal numero di spire del primario e dalla sezione del nucleo. Se un trasformatore, chiamiamolo “X”, è in grado di riprodurre agevolmente frequenze di 10 Hz con un’induttanza primaria di 20 Henry, non ha senso richiedere un’induttanza primaria maggiore. Aumentare il numero di spire senza una ragione valida servirà solo a diminuire la banda passante alta del trasformatore e a favorire fenomeni di saturazione del nucleo. Quindi, se leggete su un forum che qualcuno ha realizzato un trasformatore con un certo valore di induttanza primaria (ammesso che quel trasformatore funzioni bene), tale valore ha senso solo per quel trasformatore specifico, con quella determinata impedenza primaria e quella specifica potenza e per quella valvola. Non è possibile richiedere un trasformatore con una certa impedenza e una certa induttanza a proprio piacimento, perché non funziona in questo modo. In conclusione, l’induttanza primaria di un trasformatore audio deve essere quella corretta per garantire la riproduzione adeguata delle frequenze desiderate, tenendo conto delle specifiche del trasformatore stesso e della valvola con cui sarà abbinato.

L’induttanza primaria necessaria in un trasformatore audio dipende dalla resistenza interna della valvola utilizzata. Ad esempio, un triodo con una resistenza interna di 800 ohm, come la 2A3, richiederà un trasformatore con un’induttanza primaria inferiore rispetto a un trasformatore progettato per una valvola con una resistenza interna di 6000 ohm, come la KT88. Potete cliccare qui per leggere un articolo dedicato a spiegare questo fenomeno della “specificità” dei trasformatori d’uscita.

I 100Henry di induttanza primaria e il mito avviato dai software di simulazione

Molte persone mi hanno chiesto il motivo per cui, nei miei listini, dichiaro la banda passante dei trasformatori ma non l’induttanza primaria degli stessi. Voglio chiarire che faccio questa scelta per evitare di essere vittima di un mito che è stato avviato, in modo non intenzionale, da alcuni software di simulazione come Spice e LTspice. Vorrei sottolineare che LTspice è un ottimo software che utilizzo frequentemente, ma sembra che il suo funzionamento sia frainteso da molte persone. Tra le sue molte funzionalità, LTspice consente di disegnare e simulare il funzionamento di un amplificatore valvolare con il suo trasformatore di uscita. LTSpice simula un trasformatore come due induttanze accoppiate, il cui valore di induttanza riflette il rapporto di trasformazione del trasformatore che si desidera simulare.

Dalle mie esperienze di laboratorio, ho constatato che LTspice non è in grado di simulare accuratamente il comportamento di un trasformatore di uscita. Nel corso degli anni, ho provato più volte ad inserire tutti i valori rilevati da un trasformatore reale, come l’induttanza, la resistenza DC, le perdite e le capacità parassite, ma ho notato che la simulazione su LTspice non corrispondeva al funzionamento effettivo del trasformatore reale. Sembrava sempre che l’induttanza primaria fosse insufficiente per un corretto funzionamento, e la simulazione presentava attenuazioni e distorsioni sui bassi che non si riscontravano nel circuito reale.

Credo che LTspice simuli le due induttanze accoppiate come se fossero semplici solenoidi privi di un nucleo magnetico. Di fatto, secondo LTspice, quasi nulla al di sotto dei 100 Henry funziona in modo accettabile. Questo è uno dei motivi per cui mi rifiuto di pubblicare il valore dell’induttanza primaria dei miei trasformatori, perché le persone potrebbero guardare i miei listini, provare a simulare i trasformatori su LTspice e poi ignorarli perché apparentemente la simulazione li fa apparire mal funzionanti.

Alcuni dei miei concorrenti, per coprirsi dalle critiche, utilizzano pratiche poco oneste e scrivono specifiche ingannevoli nei loro trasformatori. Ad esempio, dichiarano un’induttanza di 200/300/500 Henry, ma in realtà, una volta misurati, si scopre che hanno solo 20 Henry. Anche marchi famosi e rinomati, che preferisco non citare, adottano queste pratiche. Tre anni fa ho acquistato una coppia di interstadio che, secondo il datasheet, avrebbero dovuto avere un’induttanza di 300 Henry, ma misurandoli con un ponte, ho scoperto che ne avevano appena 35. Questo mi ha fatto comprendere la diffusione di tali pratiche ingannevoli.

Dal punto di vista commerciale, spesso si raccontano bugie per vendere. Se dici ad una persona che per un amplificatore SE con valvole 2A3 è sufficiente un trasformatore con circa 15 Henry di induttanza primaria, probabilmente riderà e non ti prenderà sul serio. Tuttavia, la realtà è che quel trasformatore da 15 Henry funzionerà in modo eccellente con la valvola 2A3. È importante fare affidamento su informazioni affidabili e condurre prove reali per valutare le caratteristiche e le prestazioni dei trasformatori. Non bisogna farsi ingannare dalle specifiche ingannevoli o dalle simulazioni software incomplete. La vera qualità dei trasformatori può essere apprezzata solo attraverso un’attenta analisi sperimentale e una valutazione pratica delle loro prestazioni.

Quindi, per riassumere, se desiderate simulare in modo spiccio il circuito di un amplificatore valvolare utilizzando LTspice, vi consiglio di simulare sempre un’induttanza primaria di 100 Henry. Tuttavia, per quanto riguarda i miei listini, ciò che realmente conta è la banda passante che dichiaro. Posso garantire che la banda passante indicata nei miei listini, se il circuito sarà ben realizzato, sarà esattamente quella che specifico. Mi preoccupa garantire la massima trasparenza e accuratezza nelle informazioni che fornisco, al fine di facilitare le vostre decisioni di acquisto. Sono sempre disponibile a fornire ulteriori dettagli o chiarimenti sui miei prodotti. Tuttavia, rifiuto categoricamente di lasciarmi coinvolgere dai pregiudizi e dalle credenze popolari diffuse, e non sarò mai disposto a mentire solo per lusingare l’ego del cliente per promuovere un prodotto. Sono fermamente convinto che la qualità di ciò che offro sia sufficiente a parlare da sé, senza bisogno di ricorrere a artifici ingannevoli.

Per ottenere maggior chiarezza sull’argomento, vi invito a consultare nuovamente il datasheet dei trasformatori Tamura, in particolare la colonna intitolata “Primary Inductance”. Noterete che ci sono diversi trasformatori con valori di induttanza primaria che si attestano su poche decine di Henry. Questo dato è importante perché dimostra che l’induttanza primaria di un trasformatore non deve necessariamente essere elevata per ottenere un funzionamento ottimale. E guarda caso un pò che trasformatori d’uscita da 2/3k (quindi corretti per una 2A3) hanno induttanze comprese tra 15 e 18H…

Mi auguro che le informazioni fornite fin’ora siano sufficienti per evidenziare l’importanza di essere cauti riguardo a chi enfatizza eccessivamente l’induttanza primaria dei suoi trasformatori. È fondamentale stare alla larga da coloro che lanciano numeri esagerati, affermando di offrire trasformatori con valori di diverse centinaia di Henry. Tali individui potrebbero rivelarsi semplici ciarlatani, intenti unicamente a vendere i propri prodotti senza basi solide.

La risposta di Pier Aisa alla questione della simulazione dei trasformatori: Mi sono rivolto a Pier Aisa per domandargli se sapesse il motivo per cui non risulta possibile simulare correttamente un trasformatore d’uscita su LTSpice, e la sua risposta è stata questa:

Spice è un simulatore molto potente e a seconda della accuratezza dei modelli può dare risposte più o meno aderenti a quello che avviene alla realtà. Un discorso a parte riguarda i magnetici che per essere modellati in Spice hanno necessità di avere tutti i parametri parassiti che riguardano gli avvolgimenti, specialmente se si usano in ambito audio dove la banda passante e la risposta in frequenza sono determinanti per la buona riuscita di un progetto. Per la mia esperienza bisognerebbe arricchire il modello del trasformatore inserendo tutti i componenti discreti di Spice che modellano i vari parassiti e sono veramente tanti mi riferisco a induttanza dispersa induttanza di magnetizzazione capacità spira spira capacità avvolgimento avvolgimento capacità avvolgimento nucleo capacità rispetto alla massa. Da un punto di vista elettronico di conseguenza è decisamente complicato ottenere questo tipo di modello anche se si riuscisse ad eseguire delle misure proprio per identificare questi parassiti.

In passato ho modellato funzioni non lineari come sono quelli dei nuclei magnetici tramite l’elemento Spice CORE che permette di rappresentare esattamente la curva di magnetizzazione B-H ed usarla. Allego un vecchio articolo che si riferisce a orcad ma la teoria è applicabile anche a LTSpice

https://ltwiki.org/index.php?title=Main_Page
https://ltwiki.org/index.php?title=Transformers

Metodi alternativi prevedono l’uso delle sorgenti di tensione corrente comportamentali che in LTSpice si modellano con la primitiva B, E all’interno di questo blocco si possono inserire le equazioni che legano le porte e riprodurre il comportamento di un nucleo magnetico che si può ricavare dal datasheet. La modellazione di componenti è un procedimento che richiede molto tempo e me ne sono occupato in ambito universitario dopo la laurea avevamo la missione di creare dei modelli di livello 7 per i semiconduttori. Considera che normalmente il livello delle librerie è 3.

Ci sono molti metodi di estrazione parametri parassiti che passano dalla estrapolazione per interpolazione o anche con qualche aiutino empirico dalle misure con il fitting di curve. Starebbe un tema estremamente interessante sui trasformatori di uscita in campo audio che sono dei veri e propri laboratori dove sono necessari accorgimenti molto specifici.
Quindi invito chiunque volesse aprofondire il discorso della simulazione dei trasformatori a visitare il suo forum e il suo canale youtube dove potrete trovare tanti guide e progetti interessanti non solo sulle valvole ma anche su tanti altri argomenti legati al mondo dell’elettronica.

Un pò di chiarezza sul match dell’induttanza primaria di un trasformatore

Se abbiamo due trasformatori audio sui due canali di un amplificatore e uno ha un’induttanza primaria di 10 Henry e l’altro ne ha 25 Henry, allora sicuramente abbiamo un grosso problema di abbinamento tra i canali. Tuttavia, se i due trasformatori hanno induttanze primarie leggermente diverse, ad esempio 10 Henry e 11 Henry, la differenza è insignificante e non sarà percepibile all’ascolto. È importante considerare che piccole variazioni nell’induttanza primaria possono verificarsi a causa di variazioni di temperatura o di forze meccaniche applicate sul trasformatore. Ad esempio, un trasformatore può mostrare variazioni nell’induttanza primaria quando viene riscaldato dalla mano o viene colpito leggermente con un cacciavite. Pertanto, il concetto di “match” tra trasformatori può essere esagerato. Anche se due trasformatori hanno piccole differenze nelle loro induttanze primarie, se sono stati costruiti dalla stessa persona, utilizzando lo stesso schema costruttivo e gli stessi materiali, le differenze saranno trascurabili e il loro impatto sull’audio sarà insignificante.

In conclusione, è importante considerare la corretta corrispondenza tra trasformatori audio, ma piccole differenze nell’induttanza primaria non dovrebbero essere motivo di preoccupazione o influire significativamente sul suono finale.

Riprendiamo il discorso sulla banda passante

Come ho già detto la banda passante di un trasformatore di uscita è indubbiamente un parametro importante da considerare. Rappresenta l’intervallo di frequenze in cui il trasformatore è in grado di trasmettere il segnale audio in modo fedele, senza attenuazioni significative. È importante sottolineare che la qualità di un trasformatore di uscita non si limita solo alla banda passante. Altri fattori, come l’induttanza dispersa, l’accoppiamento con la valvola utilizzata e la linearità dell’impedenza, possono influire sulla resa sonora complessiva. Pertanto, è fondamentale considerare un insieme di parametri per ottenere un’esperienza audio ottimale.

È un peccato che alcune persone sottovalutino l’importanza della banda passante o addirittura deridano chi ne parla. Ognuno ha le proprie esigenze e preferenze sonore, e ciò che può sembrare irrilevante per qualcuno potrebbe essere cruciale per un altro. È sempre consigliabile fare riferimento a dati oggettivi e considerare un ampio spettro di parametri per valutare la qualità di un trasformatore di uscita. Quindi, sì, la banda passante è un parametro rilevante, ma non dovrebbe essere l’unico fattore preso in considerazione. Una valutazione equilibrata e una comprensione approfondita di tutti i parametri coinvolti contribuiranno a ottenere il risultato desiderato in termini di riproduzione audio.

La banda passante indica semplicemente fino a quale frequenza il trasformatore può trasmettere il segnale senza una significativa riduzione di ampiezza. Tuttavia, l’attenuazione determina quanto il segnale viene ridotto lungo la banda passante. È importante sapere con quanta attenuazione il trasformatore opera a una determinata frequenza.

Ad esempio, se un trasformatore arriva a 20kHz, ma presenta un’attenuazione significativa a quella frequenza, potrebbe compromettere la fedeltà e la qualità del segnale audio riprodotto molto probabilmente anche a frequenze molto inferiori. È quindi essenziale valutare l’attenuazione del trasformatore a diverse frequenze, compresa quella massima che può trasmettere. Prendiamo ad esempio il trasformatore di alimentazione di un volgarissimo citofono. Pur essendo in grado di raggiungere i 20 kHz, è probabile che presenti un’attenuazione significativa a quella frequenza e forti attenuazioni e distorsioni anche a frequenze inferiori. Di conseguenza, non sarebbe adatto per costruire un amplificatore ad alta fedeltà, in quanto comprometterebbe la riproduzione accurata delle frequenze desiderate. 

L’attenuazione, misurata in decibel (dB), indica la riduzione di potenza del segnale in uscita ad una certa frequenza. Un’attenuazione di 3dB corrisponde a una potenza dimezzata, ed è uno standard comunemente accettato per molti scenari audio. Tuttavia, l’attenuazione minima percepibile dall’orecchio umano è di 1dB, ed è considerata uno standard di riferimento per coloro che cercano un’elevata qualità audio. Pertanto, se si desidera un amplificatore di alta fedeltà, è importante considerare l’attenuazione e cercare di mantenere valori minimi, garantendo così una riproduzione più accurata delle frequenze desiderate.

Inoltre, quando si afferma che un amplificatore arriva a 20kHz con un’attenuazione di -1dB, non significa che il segnale subisca un crollo netto esattamente a quella frequenza. Piuttosto, a seconda dei casi, potrebbe iniziare un lento processo di attenuazione graduale che inizia, ad esempio, dai 5kHz e continua fino a raggiungere -1dB a 20 kHz. Ciò comporta che nel vostro amplificatore sarà presente un filtro graduale che riduce progressivamente le frequenze alte, simile a quanto si otterrebbe con un equalizzatore che abbassa gradualmente le levette, partendo dai medi e arrivando agli acuti.

Nessuno sa cosè la rotazione di fase: Nell’ambito dell’audio, la rotazione di fase è un concetto fondamentale che può influenzare significativamente la qualità della riproduzione sonora. Comprendere l’importanza della rotazione di fase e il suo legame con la banda passante è essenziale per ottenere un’esperienza d’ascolto ottimale. La rotazione di fase si riferisce alla variazione dell’angolo di fase di un segnale audio al variare della frequenza. In parole semplici, significa che le diverse componenti di frequenza di un segnale audio possono essere ritardate rispetto ad altre. La rotazione di fase è misurata in gradi ed è rappresentata graficamente da una curva che mostra l’angolo di fase in funzione della frequenza.

Relazione tra rotazione di fase e banda passante: La rotazione di fase è strettamente correlata alla banda passante di un sistema audio. Un sistema audio ideale dovrebbe riprodurre tutte le frequenze senza alcuna alterazione nella rotazione di fase. Tuttavia, nella pratica, molti componenti audio, come amplificatori o altoparlanti, possono introdurre delle rotazioni di fase indesiderate.

Effetti negativi della rotazione di fase indesiderata: La presenza di una rotazione di fase indesiderata può avere conseguenze deleterie per un buon ascolto. Innanzitutto, può causare una distorsione del suono. Inoltre, la rotazione di fase può influire sulla coerenza temporale del suono. Quando i diversi componenti di un segnale audio sono sfasati, l’immagine sonora può risultare dispersa e meno focalizzata. Ciò si traduce in una mancanza di precisione nella posizione degli strumenti musicali nell’immagine stereo o nella mancanza di una scena sonora tridimensionale ben definita. 

Inoltre, è importante considerare l’interazione tra le rotazioni di fase e la controreazione all’interno dei finali di potenza. Questa interazione è una delle principali cause delle brutte distorsioni che possono affliggere tali amplificatori. Una buona progettazione del trasformatore e del circuito di amplificazione, in grado di garantire una banda passante estesa, può contribuire ad evitare molti di questi problemi. Molti progettisti invece cercano di risolvere il problema eliminando direttamente la controreazione. 

Per chi mi da del “pipistrellone”: Purtroppo, come accade spesso nel mondo online, ci sono individui che si illudono di essere esperti in tutti i campi e che deridono coloro che hanno una comprensione più approfondita di determinati argomenti. Su siti web di dubbia attendibilità e sui social media, è comune trovare commenti insulsi riguardanti la banda passante degli amplificatori e dei trasformatori. Alcuni sostengono che raggiungere i 20 kHz sia più che sufficiente, poiché l’orecchio umano non può percepire frequenze superiori. Altri ironizzano dicendo che stiano cercando di organizzare “concerti per pipistrelli”, sminuendo così l’importanza di amplificatori e trasformatori che superano la frequenza di 20kHz.

Queste persone, purtroppo, non hanno mai compreso il vero comportamento delle rotazioni di fase in relazione alla banda passante di un amplificatore. Si limitano a sorridere in modo sciocco, ignorando il fatto che ci sono persone che si impegnano a produrre trasformatori capaci di emettere ultrasuoni, non perché siano udibili all’orecchio umano, ma perché l’interazione tra la banda passante e le rotazioni di fase può avere un impatto sulla qualità generale dell’audio riprodotto.

La verità è che la banda passante estesa e una risposta in fase accurata possono contribuire a ottenere un’esperienza d’ascolto più ricca e dettagliata. Anche se molti adulti possono non essere in grado di percepire frequenze superiori a 15 kHz, ciò non significa che tali frequenze o quelle inferiori (ben udibili) non siano già compromesse da forti rotazioni di fase. Pertanto, investire in trasformatori e amplificatori che superano la soglia dei 20 kHz può contribuire a migliorare l’accuratezza e la fedeltà della riproduzione audio, anche se tali frequenze non sono udibili direttamente dall’orecchio umano lo sono invece le rotazioni di fase che vengono introdotte a frequenze molto più basse. In conclusione, è importante ignorare le insulse derisioni di coloro che sottovalutano l’importanza della banda passante estesa negli amplificatori e nei trasformatori. Chi si impegna a produrre componenti audio di alta qualità e a comprendere il ruolo delle rotazioni di fase sa bene che superare i limiti convenzionali può portare a miglioramenti significativi nell’esperienza d’ascolto complessiva. Non lasciamoci influenzare dalle superficiali critiche di chi ha una visione limitata e cerchiamo sempre di approfondire la nostra conoscenza per apprezzare appieno le sfumature della riproduzione audio di alta qualità.

Vediamo in questa figura un trasformatore di uscita di bassa qualità, nel grafico in giallo la banda passante con scala di 5db ogni quadretto, mentre in azzurro la rotazione di fase con scala di 50 gradi ogni quadretto:

A) Possiamo vedere una banda passante di 15Hz – 35khz -5dB … partendo da 10hz la rotazione di fase fa 100gradi fino a 1khz, e poi ulteriori 50gradi, gradualmente fino a 20khz. Ora vediamo sotto un trasformatore a larga banda passante prodotto da SB-LAB, dello stesso tipo e per la stessa valvola come si comporta:

B) Qui vediamo una banda passante di 10Hz -2dB – 180khz -3dB … Partendo da 10hz la rotazione di fase di 50 gradi è già quasi pareggiata a 100Hz (non 1khz), prosegue pressochè piatta fino iniziando a degenerare poco prima dei 10khz (invece che a 1khz) e arriva a 50 gradi di rotazione alla ragguardevole frequenza di 100khz.

In questo articolo (clicca qui per leggerlo), ho analizzato dettagliatamente un caso in cui un amplificatore presentava problemi di rotazione di fase. Nel contesto specifico, i trasformatori utilizzati erano di mia produzione, ma lo schema elettrico del circuito presentava difetti di progettazione che provocavano rotazioni di fase con conseguenze negative sulla qualità complessiva della riproduzione sonora. Nel corso dell’articolo, ho dedicato particolare attenzione alla risoluzione di questi problemi di fase, apportando modifiche mirate al circuito. Ho dimostrato in modo convincente le notevoli differenze che si possono ottenere con semplici modifiche, offrendo un’analisi approfondita dei risultati ottenuti.

Infine, è importante sottolineare che quando un trasformatore ha una banda passante molto ampia, significa che le sue capacità parassite sono ridotte al minimo. Questa riduzione delle capacità parassite contribuisce ad una significativa attenuazione di un fenomeno noto come “ringing”. Il ringing si manifesta sotto forma di oscillazioni smorzate che si formano sui fronti d’onda del trasformatore, alla frequenza di risonanza. Per visualizzare il fenomeno del ringing su un trasformatore audio, si può applicare un segnale di onda quadra al suo ingresso, come illustrato di seguito:

quadra

Quelle che seguono sono 2 esempi di ringing tipici in trasformatori di media qualità:

ring1

ring2

Quella che segue è l’immagine del ringing di un trasformatore di ottima qualità, ad alta banda passante:

ring3

Vediamo ad esempio questa quadra a 1khz di un trasformatore SB-LAB…

A la stessa quadra emessa da un trasformatore di un’amplificatore made in cina…

Naturalmente, durante l’ascolto con un amplificatore si riproduce musica e non onde quadre. Le onde quadre vengono utilizzate durante le misurazioni per evidenziare eventuali difetti, ma tali difetti si manifestano anche durante la riproduzione musicale. Ogni volta che si verifica un fronte di salita o di discesa nel segnale, si genera un certo livello di disturbo che si sovrappone al segnale audio. Pertanto, coloro che denigrano l’uso degli strumenti affermando che l’orecchio è l’unica cosa che conta non hanno molta base, perché se si osservano tali disturbi sugli strumenti di misurazione, è sicuro che anche a livello uditivo si possono percepire.

Un valido motivo per sovradimensionare i nuclei e usare lamierini EI invece di altri nuclei

Un altro tipo di critica che ho ricevuto riguardo ai miei trasformatori è legata alle loro dimensioni. Questo argomento è stato discusso anche precedentemente, ma desidero chiarire che il nucleo di un trasformatore ha una limitazione nella sua capacità di lavorare ad alte frequenze, generalmente fino a circa 1 kHz o poco oltre. Oltre questa frequenza, a causa delle perdite per isteresi, il nucleo non riesce a seguire i rapidi cambiamenti del segnale.

Tuttavia, le frequenze al di sotto di questo punto di cutoff possono essere influenzate dal nucleo del trasformatore. Affinché un trasformatore suoni bene, è importante che lavori a bassa induzione, in modo da operare in una regione lineare della sua curva di isteresi. Se il trasformatore funziona al di fuori di questa regione, possono essere introdotte aromiche dispari nel segnale audio, alterando la qualità della riproduzione.

L’effetto udibile tra un trasformatore di piccola sezione e uno più grande può manifestarsi come un suono più sporco. È per questo motivo che di solito preferisco utilizzare nuclei a lamierini comuni, come quelli del tipo EI, nonostante siano spesso disprezzati da alcuni. Questi nuclei non hanno permeabilità magnetica estremamente elevata e presentano perdite maggiori rispetto a nuclei come quelli a doppia C o toroidali. Tuttavia, è proprio grazie a queste caratteristiche “difettose” che riescono a funzionare e suonare meglio.

I nuclei a lamierini comuni, come quelli di tipo EI, sono più facili da far lavorare in una regione lineare della loro curva di isteresi, che è più progressiva rispetto a quella dei nuclei ad alta permeabilità come quelli toroidali. I nuclei toroidali, infatti, hanno una curva di isteresi molto ripida e trovano difficoltà nel mantenere una risposta lineare, soprattutto quando devono sopportare correnti continue volute (come nel caso degli amplificatori single-ended) o non volute (come piccoli sbilanciamenti del bias negli amplificatori push-pull). Anche i nuclei a doppia C risentono in misura minore di queste problematiche. In conclusione, ho scelto di utilizzare nuclei a lamierini comuni come quelli di tipo EI per garantire un suono di alta qualità. Nonostante le dimensioni possano essere maggiori rispetto ad altri tipi di nuclei, questi trasformatori offrono prestazioni sonore migliori grazie alla loro capacità di lavorare in una regione lineare della curva di isteresi, fornendo un suono più pulito e godibile.

Attenzione a chi dichiara dati falsi o incompleti e altre cose a cui stare attenti
Altre pratiche discutibili utilizzate da alcuni produttori di trasformatori che non pongono la necessaria cura sulla qualità del loro lavoro.

Molto spesso, si può notare che tutti i trasformatori nel listino di un produttore presentano bande passanti dichiarate con tagli perfetti, spesso in modo stereotipato come 20Hz/20kHz – 30Hz/30kHz, e così via. Tuttavia, è importante considerare che durante la produzione di un trasformatore, ottenere tagli precisi e perfetti è un’impresa difficile, soprattutto quando si tratta di trasformatori di differente fattura. È quindi improbabile che tutti i trasformatori raggiungano esattamente i 30kHz, ma potrebbero invece variare leggermente, come uno che arriva a 29kHz o un altro che raggiunge i 34kHz.

Altro aspetto da tenere in considerazione sono le attenuazioni non dichiarate. Quando viene specificato un limite di banda passante come 30Hz-30kHz, è altrettanto importante fornire informazioni sulla misura di attenuazione in decibel e, eventualmente, sulla potenza a cui è stata effettuata la misura. Senza tali dati, la dichiarazione sulla banda passante risulta priva di significato e di rilevanza pratica.

Altri mostrano le sole onde quadre ma è fondamentale comprendere che la risposta alle sole onde quadre non rappresenta un indicatore esaustivo della qualità del trasformatore. Sebbene l’assenza o la limitata presenza di ringing indichi che le componenti risonanti sono basse e al di fuori della gamma udibile, tale informazione da sola non è sufficiente per valutare la qualità complessiva del trasformatore. Altri aspetti come l’attenuazione alle diverse frequenze, la linearità del segnale e la risposta alle diverse dinamiche musicali sono altrettanto importanti nella valutazione dell’affidabilità e della resa sonora del trasformatore.

In conclusione, è fondamentale prestare attenzione ai produttori che adottano pratiche discutibili nel fornire informazioni sui loro trasformatori. L’accuratezza e la completezza delle specifiche tecniche sono cruciali per valutare correttamente la qualità e le prestazioni di un trasformatore, e fare affidamento solo su dichiarazioni superficiali può portare a decisioni errate e a risultati sonori deludenti.

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La controreazione negli amplificatori, si o no ?

Ho aggiornato questo articolo perchè volevo riuscire a esprimere meglio il mio pensiero, per dire la mia su un’argomento molto dibattuto su internet e perchè comincio a essere stanco di queste sterili polemiche e prese di posizione da tutte le parti dove se non ti conformi al pensiero comune vieni aggredito. Parlo dell’uso del negative feedback e sul suo uso negli amplificatori audio e delle relative leggende che contornano l’argomento, perchè sostanzialmente molti effettuano una vera e propria caccia alle streghe. Non mi dilungherò su schemi, grafici e formule matematiche perchè non ne ho proprio voglia, mi limito a dire la mia dal basso della mia esperienza personale.

La controreazione o negative feedback è un importante concetto nell’elettronica audio che ha radici nella teoria dei sistemi di telefonia. In sintesi, la controreazione è un meccanismo utilizzato per ridurre la distorsione e migliorare la stabilità di un sistema. La controreazione è stata utilizzata per la prima volta nell’elettronica audio negli anni ’30, quando Harold Black, un ingegnere presso i Bell Laboratories, sviluppò un amplificatore a controreazione per migliorare le prestazioni dell’amplificatore a triodo allora in uso. L’amplificatore a controreazione di Black utilizzava un circuito di retroazione negativa per ridurre la distorsione dell’amplificatore. Il negative feedback permetteva di abbattere in modo consistente il rumore di fondo, la distorsione armonica e aumentare parecchio la banda passante di un circuito amplificatore permettendo di realizzare linee più lunghe e che potevano raggiungere molti più utenti e con una qualità della trasmissione telefonica che non era possibile altrimenti. L’invenzione del negative feedback diede quindi un grande slancio in avanti alla tecnologia. Negli anni ’40 e ’50, il concetto di controreazione fu applicato a diversi dispositivi elettronici, tra cui amplificatori e mixer. Nel corso degli anni, la controreazione si è evoluta, diventando una parte fondamentale della progettazione dei circuiti audio. Il principio alla base della controreazione è abbastanza semplice: il segnale di uscita del sistema viene misurato e confrontato con il segnale di ingresso. Se il segnale di uscita non corrisponde al segnale di ingresso, viene applicata una retroazione negativa per ridurre la differenza tra i due segnali. Ciò significa che il sistema risponderà in modo più accurato al segnale di ingresso, riducendo la distorsione e migliorando la qualità del suono. Oggi, la controreazione è utilizzata in molte applicazioni audio, tra cui amplificatori, mixer, equalizzatori e compressori. Inoltre, la controreazione è anche utilizzata in applicazioni non audio, come l’elettronica dei veicoli e i sistemi di controllo industriale. In sintesi, la controreazione o negative feedback è un importante concetto nell’elettronica audio che ha permesso di migliorare la qualità del suono e la stabilità dei sistemi audio.

Per leggere qualcosa di più tecnico riguardo la controreazione vi consiglio la lettura di questo articolo su audio valvole.

Amplificatori valvolari  Zero Feedback

Quali sono le argomentazioni dei sostenitori dello zero feedback? I sostenitori degli amplificatori audio zero feedback affermano che questi amplificatori producono un suono più “caldo” “fedele” e “più naturale” rispetto agli amplificatori retroazionati. In particolare, essi sostengono che gli amplificatori a valvole producono una distorsione armonica più piacevole all’orecchio umano rispetto alla distorsione causata dagli amplificatori retroazionati, che è generalmente più “aspra”.

Inoltre, i sostenitori degli amplificatori audio zero feedback ritengono che questi amplificatori siano in grado di gestire meglio i picchi di segnale, garantendo una riproduzione audio più dinamica e fedele rispetto agli amplificatori moderni. Essi sostengono che la tecnologia a valvole consente di gestire i picchi di segnale senza causare la compressione audio, un fenomeno che si verifica quando un amplificatore non è in grado di gestire un picco di segnale e “schiaccia” il suono.

Cos’è il Clipping ?

Che cos’è il clipping?  Il clipping in un amplificatore audio si verifica quando il segnale in uscita dall’amplificatore supera la capacità massima di gestione dell’amplificatore stesso. In altre parole, quando il segnale audio di ingresso è troppo forte e l’amplificatore non è in grado di amplificarlo ulteriormente senza distorsione, il segnale di uscita dell’amplificatore si “taglia” o “clip” ai limiti massimi di tensione, causando una distorsione del suono. Il clipping si manifesta come una forma d’onda “squadrata” o “troncata”, dove le parti superiori e inferiori della forma d’onda sono “tagliate” ai limiti massimi di tensione. Questa distorsione può essere udibile come un suono “schiacciato”, “scomposto” o “graffiante”, a seconda della gravità del clipping.

Qual’è la differenza tra il clipping di un’amplificatore a valvole e quello di un’amplificatore a transistor? Il clipping in un amplificatore a valvole e in un amplificatore a transistor si comportano in modo diverso a causa delle diverse caratteristiche di amplificazione delle due tecnologie. In un amplificatore a valvole, il clipping si manifesta in modo più graduale rispetto a un amplificatore a transistor. Ciò è dovuto quasi essenzialmente alla presenza del trasformatore d’uscita, perciò il taglio del fronte dell’onda non è netto ma aumenta gradualmente con il livello di tensione in ingresso. Quando il segnale di ingresso diventa troppo forte, la curva di risposta della valvola si “satura”, ovvero l’amplificazione cessa di aumentare gradualmente, causando una forma d’onda distorta ma arrotondata. Questo tipo di clipping risulta poco fastidioso all’orecchio o quasi non percepibile se avviene per poche frazioni di secondo.

In un amplificatore a transistor, invece, il clipping si manifesta in modo più brusco e tagliente rispetto ad un amplificatore a valvole, una volta che la tensione di uscita dell’amplificatore raggiunge il suo limite massimo, la forma d’onda si “taglia” improvvisamente, producendo una distorsione netta, gracciante e molto fastidiosa da sentire.

L’introduzione di una quantità di controreazione eccessiva in un circuito valvolare può portare il suo comportamento distorsivo ad essere simile a quello di un’amplificatore a transistor. Mentre un uso moderato e ponderato della controreazione in un’amplificatore valvolare essenzialmente non modifica in modo significativo questo comportamento.

In ogni modo non è vero che l’assenza di controreazione rende più dinamico l’amplificatore, il fatto che il clipping sia graduale e quindi non fastidioso da sentire non significa che questo sia in grando di erogare picchi di potenza momentanea superiore alla sua potenza massima. Se una registrazione contiene picchi di segnale importante che superano le possibilità dell’amplificatore questi picchi saranno eliminati senza scampo e per riprodurre realmente la dinamica di quel brano sarà necessario abbassare il volume affinchè i picchi non vengano più tagliati oppure dotarsi di un’amplificatore di potenza maggiore.

Falsi miti dello zero feedback

Gli amplificatori audio zero feedback, ovvero quelli che non utilizzano la retroazione negativa sono spesso oggetto di falsi miti e malintesi. Qui di seguito, alcuni di questi miti e la loro correzione:

  1. “Gli amplificatori zero feedback suonano meglio degli amplificatori con retroazione”: Questo è un falso mito che deriva dalla credenza che la retroazione negativa introduca distorsioni nel segnale audio. In realtà, la retroazione negativa quando usata correttamente può ridurre la distorsione e migliorare la linearità dell’amplificatore, garantendo un suono fedele alla sorgente originale. Un esempio pratico (con tanto di file audio) di come l’uso corretto della controreazione non apporti modifiche percepibili al suono lo potete trovare in questo articolo, clicca…

  2. “Gli amplificatori zero feedback sono più musicali e caldi”: Questo mito deriva dall’idea che la retroazione negativa tenda a rendere il suono freddo e sterile. Tuttavia, ci sono molti amplificatori con retroazione che offrono un suono “caldo” e “musicale”, a seconda della loro progettazione e dell’impiego di componenti di alta qualità.

  3. “Gli amplificatori zero feedback sono più “musicali” degli amplificatori con feedback”: Questo mito è basato sulla supposizione che la retroazione negativa possa danneggiare la “musicalità” del suono riprodotto, ma in realtà, dipende ancora una volta dalle preferenze individuali dell’ascoltatore e dalle caratteristiche specifiche dell’amplificatore.
  4. “Gli amplificatori zero feedback hanno una gamma dinamica maggiore”: Questo mito deriva dall’idea che la retroazione negativa tenda a ridurre la dinamica del suono. Tuttavia, ci sono molti amplificatori con feedback che offrono una dinamica estesa.

  5. “Gli amplificatori zero feedback sono più affidabili degli amplificatori con feedback”: In realtà, la retroazione negativa non ha un impatto diretto sulla durata e sulla affidabilità dell’amplificatore, ma dipende dalla qualità dei componenti e dalla progettazione generale dell’amplificatore.

  6. “Gli amplificatori zero feedback sono più costosi degli amplificatori con feedback”: Questo non è sempre vero e dipende dalla marca, dal modello e dalla progettazione specifica dell’amplificatore.

Limitazioni ed effetti negativi dell’assenza di controreazione

  1. Maggiore distorsione: L’assenza di controreazione può aumentare la distorsione dell’amplificatore, specialmente alle basse frequenze.

  2. Maggiore rumore: L’assenza di controreazione può aumentare il rumore dell’amplificatore, in particolare se sono presenti componenti attivi che funzionano ad alta tensione, come le valvole.

  3. Maggiore impedenza di uscita: L’assenza di controreazione può aumentare l’impedenza di uscita dell’amplificatore, limitando la capacità dell’amplificatore di guidare il carico (basso smorzamento).

  4. Maggiore sensibilità alle variazioni della tensione di alimentazione: L’assenza di controreazione può aumentare la sensibilità dell’amplificatore alle variazioni della tensione di alimentazione, provocando una maggiore instabilità.

In generale, l’assenza di controreazione in un amplificatore valvolare può avere un effetto negativo sulla qualità audio dell’amplificatore. Tuttavia, a seconda della configurazione dell’amplificatore, dell’impedenza di carico, del tipo di valvole utilizzate e delle preferenze dell’ascoltatore, l’assenza di controreazione può anche fornire un suono che alcuni ascoltatori sembrano preferire.

Amplificatori valvolari retroazionati, ma il giusto!

L’uso di una modesta quantità di retroazione negativa in un amplificatore valvolare può offrire alcuni vantaggi, tra cui:

  1. Riduzione della distorsione armonica: l’aggiunta di una modesta quantità di retroazione negativa può ridurre la distorsione armonica totale dell’amplificatore valvolare, migliorando la fedeltà del suono riprodotto.

  2. Miglioramento della risposta in frequenza: la retroazione negativa può anche migliorare la risposta in frequenza dell’amplificatore, ovvero garantire che l’amplificazione sia uniforme per tutte le frequenze.

  3. Riduzione del rumore: la retroazione negativa può ridurre il livello di rumore di fondo dell’amplificatore valvolare, migliorando la sua qualità sonora complessiva.

  4. Aumento del fattore di smorzamento.

In sintesi, l’utilizzo di una modesta quantità di retroazione negativa in un amplificatore valvolare può migliorare le prestazioni dell’amplificatore stesso, offrendo una maggiore stabilità, linearità, risposta in frequenza e potenza, insieme a una riduzione del rumore. La scelta della quantità e tipo di retroazione può essere bilanciata con le caratteristiche sonore dell’amplificatore e le preferenze di ascolto dell’utente, per ottenere il suono desiderato.

Se c’è troppa controreazione ?

Un amplificatore con troppa controreazione può causare alcuni effetti indesiderati sul suono. In particolare, un’eccessiva quantità di controreazione può portare a:

  1. Damping factor troppo elevato: un’eccessivo damping factor può causare una riduzione della dinamica e della vivacità del suono.

  2. Suono sterile: alcuni audiofili sostengono che un’eccessivo uso di controreazione possa rendere il suono troppo “pulito” e “sterile”, privandolo di calore e di carattere.

  3. Problemi di stabilità: se il circuito di controreazione è mal progettato o se l’amplificatore è costruito con componenti di bassa qualità, potrebbe essere suscettibile a instabilità e auto oscillazioni.

Per evitare questi problemi, è importante progettare il circuito di controreazione con cura e scegliere componenti di alta qualità. Inoltre, un uso moderato di controreazione può fornire molti dei vantaggi della tecnologia retroazionata senza causare gli effetti indesiderati associati ad un’eccessiva quantità di controreazione.

La controreazione può influire sulla rotazione di fase del segnale audio, il che può portare a problemi di stabilità e distorsioni. Quando un amplificatore a retroazione negativa è progettato per avere un elevato guadagno in modo da fornire una grande quantità di feedback, il segnale di uscita e il segnale di ingresso possono diventare sfasati di 180 gradi a determinate frequenze.

Ciò può causare una rotazione di fase e un ritardo del segnale, che possono portare ad una perdita di stabilità e auto-oscillazione dell’amplificatore. Inoltre, la rotazione di fase può causare una cancellazione parziale delle frequenze del segnale originale, portando a una distorsione del suono. Questi problemi possono essere ridotti attraverso un’attenta progettazione del circuito e della retroazione, con l’attenzione al guadagno, alla fase e alla stabilità del circuito. L‘interazione tra la controreazione e la rotazione di fase può causare l’intermodulazione, che è una forma di distorsione che si verifica quando due o più segnali si combinano per creare nuove frequenze. La rotazione di fase può causare l’intermodulazione poiché sposta la fase dei segnali in ingresso rispetto alla fase del segnale in retroazione, creando quindi una combinazione di frequenze diversa da quella originale. Questo può portare a una serie di problemi di distorsione, compresa la generazione di armoniche indesiderate e l’alterazione della risposta in frequenza dell’amplificatore ed è per questo che in un’amplificatore valvolare che possa essere considerato di qualità la banda passante del trasformatore d’uscita deve essere la più estesa possibile.

Controreazione e fattore di smorzamento

La controreazione può influenzare il fattore di smorzamento in un amplificatore audio. Il fattore di smorzamento indica la capacità dell’amplificatore di controllare la risonanza delle casse acustiche, ovvero la loro tendenza a vibrare liberamente dopo la riproduzione di un suono. Un fattore di smorzamento più alto significa che l’amplificatore è in grado di controllare meglio le casse acustiche e di prevenire l’eccessiva risonanza.

La controreazione riduce l’impedenza di uscita dell’amplificatore, il che può aumentare il fattore di smorzamento. Ciò è dovuto al fatto che la retroazione negativa viene presa dal segnale in uscita e ritornata all’ingresso dell’amplificatore per ridurre le variazioni del segnale. In questo modo, il segnale amplificato in uscita è più preciso e controllato, con meno oscillazioni e risonanze indesiderate. Quindi, una giusta quantità di controreazione può essere utile per aumentare il fattore di smorzamento senza compromettere la capacità dell’amplificatore di pilotare carichi impegnativi. Cliccando qui potete leggere un’articolo dedicato unicamente allo smorzamento degli amplificatori audio.

Qual’è la definizione di HiFi ?

Hi-Fi è un acronimo che sta per “High Fidelity”, ovvero “Alta Fedeltà” in italiano. Si riferisce alla capacità di un sistema audio di riprodurre un suono il più fedelmente possibile al segnale sorgente, con una riproduzione dettagliata, equilibrata e priva il più possibile di distorsioni. Un sistema Hi-Fi di qualità è in grado di riprodurre tutti i dettagli di tale segnale, in modo chiaro e preciso, senza alcuna colorazione o distorsione. L’obiettivo di un sistema Hi-Fi è di offrire una riproduzione sonora di alta qualità e fedeltà, in grado di riprodurre la musica esattamente come essa è stata registrata.

Che cosa intendono alcune persone quando parlano di “Suono Naturale” ?
Il termine “suono naturale” nel contesto audiofilo si riferisce a un suono che appare al soggetto il più possibile vicino al’evento musicale originale. Questo termine è spesso usato per descrivere l’esperienza di ascolto in cui la riproduzione audio sembra essere il più possibile simile alla prestazione dal vivo secondo le esperienze di ascolto soggettive. L’idea è di ottenere una riproduzione del suono che sia il più possibile “naturale” o “realistica”.

L’ascolto Hi-Fi e l’ascolto naturale sono due approcci differenti all’ascolto della musica e possono presentare differenze significative. L’ascolto Hi-Fi si concentra sull’accuratezza e sulla fedeltà della riproduzione audio, cercando di riprodurre il suono il più possibile fedelmente alla registrazione. L’ascolto Hi-Fi tende ad essere più analitico e dettagliato, concentrandosi su aspetti come la risoluzione, la separazione degli strumenti, la precisione del timing e della dinamica. L’ascolto naturale, d’altra parte, si concentra sull’esperienza dell’ascolto stesso e sulla percezione emotiva della musica. L’ascolto naturale tende ad essere più rilassato e coinvolgente, concentrato sul flusso emotivo della musica e sulla creazione di un’esperienza sonora coinvolgente e piacevole. Mentre l’ascolto Hi-Fi mira a riprodurre il suono il più fedelmente possibile alla registrazione, l’ascolto naturale può prevedere la personalizzazione del suono in modo che sia più piacevole all’orecchio dell’ascoltatore. In questo caso, l’obiettivo non è tanto quello di riprodurre il suono “come è”, ma di creare una riproduzione sonora “come dovrebbe essere” in base alle preferenze dell’ascoltatore. In sintesi, l’ascolto Hi-Fi si concentra sulla precisione e la fedeltà della riproduzione audio, mentre l’ascolto naturale si concentra sull’esperienza emotiva dell’ascolto e sulla personalizzazione del suono in base alle preferenze dell’ascoltatore.

Quando si personalizza il suono in base alle proprie preferenze, si sta creando una versione del suono che può essere differente rispetto alla registrazione originale. Questa personalizzazione comporta una distorsione del suono, dal momento che si sta alterando la riproduzione della registrazione. Ed è abbastaza palese questa cosa, perchè se ascolto un brano registrato in studio e dico di sentirlo come se fosse dal vivo le manipolazioni che sono state affattuale al segnale devono essere piuttosto consistenti. Inoltre è importante notare che la personalizzazione del suono può comportare una perdita di dettaglio e di precisione.

La riproduzione audio naturale è soggettiva, poiché dipende dalle preferenze individuali dell’ascoltatore. Ci sono molte variabili che possono influire sulla percezione del suono, come il tipo di diffusori utilizzati, l’acustica dell’ambiente di ascolto, le fonti audio utilizzate, e così via. Inoltre, la percezione del suono è influenzata anche dalle preferenze personali dell’ascoltatore. Ad esempio, alcune persone potrebbero preferire un suono più caldo e morbido, mentre altre potrebbero preferire un suono più brillante e preciso. Ciò significa che l’ascolto naturale è soggettivo, poiché dipende dalle preferenze individuali dell’ascoltatore e dalle sue esperienze di ascolto, cose che possono variare da persona a persona.

Criticità nei circuiti retroazionati

La retroazione può portare a instabilità e auto-oscillazioni se il circuito non è correttamente progettato o è mal costruito.

Ci sono diverse criticità da considerare nei circuiti retroazionati:

  1. Fase: la retroazione agisce in modo da invertire la fase del segnale reinviato. Se la fase è invertita più di 180 gradi, l’uscita può oscillare e auto-eccitarsi.

  2. Banda: la retroazione introduce un ritardo di fase, che può causare problemi di fase nella banda passante. Inoltre, la retroazione può introdurre rumore e distorsione nella banda passante.

  3. Guadagno: un guadagno troppo alto può causare oscillazioni e auto-eccitazione del circuito.

  4. Impedenza: la retroazione può influire sull’impedenza del circuito, causando oscillazioni.

  5. Temporizzazione: la retroazione richiede tempo per agire, quindi il circuito deve essere progettato in modo da evitare ritardi di fase e oscillazioni.

Per evitare instabilità e auto-oscillazioni, un circuito retroazionato deve essere progettato con cura, tenendo conto di tutti questi fattori critici. Una progettazione adeguata del circuito, con un corretto controllo del guadagno e della fase, può garantire un funzionamento stabile e affidabile dell’amplificatore retroazionato. In generale, progettare e costruire un circuito retroazionato può richiedere una maggiore esperienza e conoscenza tecnica rispetto a un circuito zero feedback. Ciò è dovuto alla complessità aggiunta dalla retroazione, che richiede un’attenta scelta dei componenti, una corretta configurazione del circuito e un’analisi dei parametri di stabilità del sistema. In particolare, l’utilizzo della retroazione può portare a problemi di instabilità e auto-oscillazione se il guadagno del sistema è troppo elevato o se la fase del segnale retroazionato non è gestita correttamente. Questi problemi possono essere risolti attraverso una corretta progettazione e costruzione del circuito e la sua messa a punto finale e richiedono una certa esperienza e competenza. Un circuito zero feedback può essere più semplice da progettare e costruire con successo rispetto ad un circuito che usa controreazione il quale se mal costruito porterebbe quindi a inneschi e malfunzionamenti, per questo motivo agli inizi dell’era delle riviste di autocostruzione si preferiva dare al pubblico schemi di questo tipo in quanto di più facile riuscita poi pian piano è diventata una moda.

L’assenza di controreazione è necessaria per un ascolto naturale ?

No, l’assenza di controreazione non è necessaria per un ascolto naturale. Sebbene alcuni appassionati di audio sostengano che l’assenza di controreazione sia necessaria per ottenere un suono naturale, questo non è sempre il caso. L’ascolto naturale dipende principalmente dalla fedeltà della riproduzione sonora rispetto alla registrazione originale, piuttosto che dal tipo di circuito utilizzato per l’amplificazione. In realtà, l’assenza di controreazione può comportare alcuni effetti indesiderati, come un aumento della distorsione armonica, una maggiore sensibilità alle variazioni di temperatura e un aumento del rumore di fondo. Tuttavia, ci sono alcune configurazioni di retroazione negativa che possono essere utilizzate per migliorare la fedeltà della riproduzione sonora, senza compromettere la naturalità del suono. In sintesi, non è l’assenza di controreazione a determinare l’ascolto naturale, ma la qualità della riproduzione sonora complessiva, che dipende da molti fattori, come la qualità dell’equipaggiamento audio utilizzato, l’acustica dell’ambiente di ascolto e la fedeltà della registrazione originale.

Amplificatori Artigianali VS Amplificatori Industriali

La qualità di un amplificatore audio dipende da molti fattori, tra cui la progettazione del circuito, la scelta dei componenti, la qualità della costruzione e l’attenzione ai dettagli. Anche se un amplificatore costruito industrialmente può beneficiare di una produzione in serie efficiente, non è necessariamente vero che sia di qualità superiore rispetto ad uno artigianale costruito con cura e attenzione.

In realtà, un amplificatore artigianale può essere personalizzato per soddisfare specifiche esigenze sonore e di prestazioni, e può essere costruito con componenti di alta qualità che possono essere troppo costosi o difficili da trovare per la produzione industriale in serie. Inoltre, l’attenzione artigianale ai dettagli può garantire un montaggio preciso e una finitura impeccabile, mentre i processi di produzione industriale possono a volte portare a compromessi sulla qualità per raggiungere una maggiore efficienza.

A livello industriale l’uso di forti controreazioni nei circuiti può essere una necessità imposta dall’abbattimento dei costi di produzione e di selezione dei componenti da montare, a livello artigianale invece la scelta di utilizzare la controreazione o meno dipende dalle preferenze del progettista o dal tipo di suono ricercato. L’uso della controreazione o dello zero feedback non è quindi un indicatore definitivo di qualità o di prestazioni, ma dipende dalle scelte del progettista e dal modo in cui viene implementato. La qualità di un amplificatore dipende da molti altri fattori come la scelta dei componenti, la qualità della costruzione, la disposizione dei componenti, la taratura dei parametri, ecc. Mentre il risultato all’ascolto finale dipende tantissimo da tutto l’insieme dell’impianto finale quindi anche dalle registrazioni, le sorgenti, le casse e l’ambiente di ascolto.

Quando si parla di amplificatore artigianale, è importante specificare che ci sono due tipi di artigianato: quello professionale e quello amatoriale. Un artigiano professionista, con anni di esperienza e conoscenze tecniche approfondite, è in grado di progettare e costruire amplificatori di alta qualità che possono essere paragonati a quelli prodotti industrialmente. D’altra parte, un hobbista o un cantinaro che costruisce amplificatori in modo dilettantesco, senza rispettare le normative di sicurezza elettrica, può creare apparecchi pericolosi e di scarsa qualità. Vi suggerisco di cliccare qui per vedere qualche esempio…

L’amplificatore artigianale professionale è generalmente costruito con materiali di alta qualità, come componenti elettronici selezionati, trasformatori su misura e circuiti stampati progettati appositamente per l’apparecchio. Inoltre, l’artigiano professionista ha la capacità di personalizzare l’amplificatore in base alle esigenze del cliente, garantendo una risposta sonora elettronicamente stabile e fedele al segnale in ingresso.

D’altra parte, un amplificatore costruito in modo amatoriale può essere realizzato con materiali di bassa qualità e senza le conoscenze tecniche necessarie per costruire un amplificatore sicuro ed efficiente. Inoltre, l’hobbista potrebbe non seguire le normative di sicurezza elettrica, il che potrebbe causare problemi di sicurezza per l’utente finale.

In conclusione, è importante sottolineare che non tutti gli amplificatori artigianali sono uguali, e che la qualità dell’apparecchio dipende principalmente dall’esperienza e dalle competenze dell’artigiano che lo ha costruito.

Abbasso gli estremisti

Esistono sostenitori dello “zero feedback assoluto” che ritengono che l’uso della controreazione possa influire negativamente sulla qualità del suono, e che la sua assenza sia necessaria per ottenere un suono più naturale e analogico. Questo è un punto di vista legittimo, basato sulla preferenza personale dell’ascoltatore. Tuttavia, alcuni sostenitori estremisti di questa posizione possono diventare dogmatici e critici nei confronti di chi utilizza la controreazione in modo moderato e consapevole. Questo comportamento può essere dovuto a una sorta di “fondamentalismo audiofilo”, dove alcune persone credono di avere la verità assoluta sul suono e rifiutano di considerare altri punti di vista. In realtà, l’uso della controreazione può essere molto utile e benefico se utilizzato in modo adeguato e ben progettato. Inoltre, la quantità di controreazione utilizzata può essere regolata per adattarsi alle preferenze dell’ascoltatore e alle caratteristiche dell’impianto audio. In sintesi, l’uso della controreazione dipende dalle preferenze personali e dalle esigenze dell’ascoltatore, e non dovrebbe essere considerato in modo dogmatico o estremo.

Inoltre va considerato il fatto che quando un brano audio viene registrato, tra preamplificatori, mixer, piastre di registrazione e tutto quello che c’è di mezzo, il segnale passa attraverso ad una grande quantità di apparecchi professionali tutti stracolmi di retroazione. Se come queste persone sostengono, la controreazione facesse così tanti danni al suono, perchè solo l’ultima controreazione a casa loro dovrebbe rovinarlo? Se fosse già rovinato ormai nulla si potrebbe fare! In realtà la distorsione della traccia audio avviene alla fine, proprio a casa loro nel momento stesso che la fanno passare attraverso un’amplificatore “naturale o zero feedback che si voglia”.

Dire “un amplificatore con controreazione fa schifo” non ha senso in quanto dipende da molti fattori, come il tipo di circuito, la qualità dei componenti, la progettazione, il tipo di controreazione utilizzata e così via. Inoltre, è importante considerare che l’uso della controreazione può portare ad una riproduzione audio molto precisa e fedele alla sorgente, se utilizzata in modo corretto e ben progettata. Pertanto, sarebbe opportuno valutare caso per caso e non fare generalizzazioni a priori.

Esistono centinaia o migliaia di amplificatori valvolari che usano controreazione e che sono apprezzati da tantissima gente, quindi, non si può generalizzare dicendo che tutti gli amplificatori retroazionati suonino male o che tutti quelli a zero feedback suonino bene. È importante riconoscere che ogni persona ha le proprie preferenze e gusti personali quando si tratta di riproduzione audio. Ciò che suona bene per una persona potrebbe non piacere a un’altra. Pertanto, non è corretto affermare che le persone che apprezzano gli amplificatori retroazionati non capiscano niente di audio o non abbiano mai sentito un amplificatore che suona bene.

Il fondamentalismo audiofilo “zero feedback” porta potenziali fruitori di amplificatori valvolari a disinteressarsi in modo generale al mondo dei valvolari perché lo percepiscono come dominato da un’ideologia restrittiva e dogmatica che impone una particolare filosofia di progettazione e costruzione degli amplificatori. Questo potrebbe farli sentire esclusi se preferiscono un approccio più flessibile e aperto alla progettazione e alla sperimentazione. Inoltre, potrebbe farli sentire intimiditi o confusi se non hanno una conoscenza approfondita della tecnologia dei valvolari e della terminologia associata.

Inoltre, se i sostenitori dello zero feedback criticano in modo sproporzionato gli amplificatori con retroazione, potrebbero disincentivare i potenziali clienti o fruitori che cercano un amplificatore valvolare con prestazioni e caratteristiche specifiche che potrebbero essere ottenute solo con la retroazione. Questo potrebbe farli allontanare dal mondo dei valvolari in generale e rivolgersi a soluzioni più convenienti e accessibili.

La mia esperienza mi ha portato a incontrare diverse persone che, convinte dalle teorie del “zero feedback”, hanno speso grandi somme di denaro per acquistare amplificatori costruiti seguendo questa filosofia. Tuttavia, molte di queste persone sono rimaste deluse dal suono prodotto dall’amplificatore, che non corrispondeva alle loro aspettative. In molti casi, ho notato che queste persone avevano una conoscenza limitata del funzionamento dell’elettronica e non erano in grado di distinguere tra la teoria e la pratica. Ciò che sembrava essere un approccio al migliore suono che si possa immaginare in realtà si traduceva in un suono lento, goffo, confuso nei passaggi molto complessi, con bassi gonfi ed evanescenze di vario tipo.

È stato solo quando hanno avuto l’opportunità di ascoltare un amplificatore correttamente retroazionato (quindi non troppo retroazionato) ben progettato che hanno iniziato a capire la differenza. Questi amplificatori avevano una gamma di suono più ampia e dinamica, con una maggiore profondità e dettaglio, più brillanti e molto puliti rispetto ai loro omologhi zero feedback. Ho spesso sottolineato l’importanza di scegliere un amplificatore in base al proprio gusto personale e alle proprie esigenze di ascolto, anziché basarsi su teorie e convinzioni. L’acquisto di un amplificatore dovrebbe essere una scelta consapevole e informata, e non una decisione dettata da moda o dogmatismo. In sintesi, ci sono molte variabili da considerare nella costruzione di un amplificatore, tra cui la filosofia dietro l’uso della retroazione. La scelta tra un amplificatore zero feedback e uno con retroazione moderata dipende dalle preferenze individuali dell’ascoltatore, ma è importante ricordare che la retroazione ben progettata può produrre un suono altamente piacevole e coinvolgente.

Abbasso anche gli ingannevoli

Ingannevole è una persona che si riempe la bocca di elogi verso gli amplificatori zero feedback a tutti i costi, ma poi vende amplificatori retroazionati. Che si prede gioco dei miei vecchi scritti dove parlo dell’importanza del fattore di smorzamento di un’amplificatore o meglio di avere un certo fattore di smorzamento minimo sindacale per poi fare la sua personale lezione su cos’è il fattore di smorzamento giungendo poi alla fine alle mie stesse conclusioni salvo illustrare una imporbabile, quanto irreale situazione, dove riesce a ottenere un certo smorzamento “accettabile” senza applicare controreazione, ottenibile solo sulla carta polarizzando una certa valvola con un trasformatore di un’impedenza primaria non corretta per quella valvola e omettendo tutti i parametri di RDC del trasformatore e le sue ignote perdite.

Come concepisco io gli amplificatori valvolari… La mie conclusioni

Gli amplificatori valvolari hanno un fascino tutto loro, grazie al loro suono caldo e avvolgente che li rende preferiti da molti appassionati di musica. Tuttavia, la scelta tra un amplificatore valvolare zero feedback o uno che fa uso di controreazione può essere difficile, poiché entrambi hanno i loro vantaggi e svantaggi.

Personalmente, la mia filosofia riguardo alla realizzazione degli amplificatori valvolari si concentra sulla ricerca di un equilibrio tra la gestione delle basse frequenze e la pulizia della gamma medio-alta, senza sacrificare la versatilità. Voglio creare un amplificatore valvolare che non suoni duro e aggressivo come un amplificatore a transistor, ma neanche goffo e lento come un valvolare zero feedback.

L’uso pesato della controreazione è uno strumento importante per raggiungere questo obiettivo, in quanto permette di ottenere una risposta in frequenza più lineare, una distorsione inferiore con un migliore controllo sui diffusori difficili. Un altro vantaggio dell’uso moderato della controreazione è la maggior versatilità nell’abbinamento con le casse acustiche. Molti sostenitori degli amplificatori zero feedback affermano che per farli suonare bene bisogna utilizzare casse acustiche appositamente progettate per tale scopo o comuque certi tipi e non altri. Tuttavia, questa restrizione limita la scelta degli appassionati di musica e può rendere l’acquisto di un amplificatore valvolare più complicato.

Infine, l’uso della controreazione deve essere bilanciato con una progettazione accurata del circuito e dell’alimentazione dell’amplificatore. Questi aspetti sono fondamentali per ottenere un suono pulito e piacevole. In sintesi, la mia filosofia sulla realizzazione degli amplificatori valvolari si concentra sull’uso moderato della controreazione per ottenere un suono equilibrato e versatile, che possa gestire bene le basse frequenze e avere una gamma medio-alta pulita e brillante. Questo approccio permette di soddisfare le esigenze di un vasto pubblico di appassionati di musica, senza sacrificare la qualità del suono.

Tuttavia, ci tengo a precisare che comprendo perfettamente le teorie e le tecniche alla base della progettazione e della realizzazione di amplificatori zero feedback. Potrei facilmente applicarle se lo desiderassi. La mia scelta di realizzare amplificatori con un feedback moderato è dettata dalla mia esperienza personale e dalla mia visione del suono ideale. In sintesi, la mia scelta di utilizzare il feedback moderato negli amplificatori valvolari non è una critica alla tecnica zero feedback, ma piuttosto una scelta dettata dalla mia esperienza e dalla mia idea di suono ideale.

Negli ultimi anni, il termine “zero feedback” è diventato una sorta di parola magica nell’ambito della progettazione di amplificatori. Produttori, tecnici e appassionati lo utilizzano spesso come se fosse sinonimo di qualità, e sembra quasi che un amplificatore che non abbia la scritta “zero feedback” sia inferiore agli altri. Ma è veramente così? Non necessariamente. La controreazione è una tecnica molto diffusa e utilizzata con successo in molti amplificatori, sia a valvole che a transistor. La sua utilità è stata dimostrata più volte nel corso degli anni, e molti amplificatori di alta qualità ne fanno largo uso. Lo zero feedback non è una panacea e porta con s’è anche problemi e limitazioni.

Insomma, come in molti campi, anche nel mondo degli amplificatori esiste una certa moda che spinge verso soluzioni estreme e a volte irrazionali. Allo stesso tempo, esistono degli estremisti che continuano a sostenere che lo zero feedback sia l’unica strada da seguire. La realtà è che la scelta tra un amplificatore a zero feedback e uno che fa uso di controreazione dipende da molti fattori. In conclusione, la progettazione di amplificatori è un’arte che richiede equilibrio e buon senso. Non bisogna cadere nella trappola della moda o degli estremismi, ma piuttosto cercare di raggiungere un suono equilibrato e piacevole all’orecchio, utilizzando le tecniche e i materiali che si ritengono più appropriati.

Quando diventa una malattia…

Nel corso degli anni storie simili a quella che sto per raccontarvi mi sono capitate almeno 3/4 volte…

Caio, un mio cliente, tempo fa ha acquistato da me un set di trasformatori e uno schema premium per realizzare un mio amplificatore con le KT88, un precursore di Phoenix. Un giorno incontra “Tizio” un suo amico e si mettono a parlare e casualmente scoprono a vicenda di avere la passione per i valvolari. Tizio ha questo valvolare con le 300B zero feedback costruito da “nome di superguru” osannato su tutte le riviste di hifi come il gesù delle valvole, però non è tanto covinto del suono di questo 300B, vuole farlo sentire a Caio per avere un parere.

Quindi Tizio da il 300B a Caio, Caio lo ascolta e gli dice: i medio alti vanno benino ma niente di chè, in basso è gommoso, molle, lento e non mi piace. Quindi Caio fa ascoltare il suo KT88 a Tizio e Tizio dice “Cavolo questo suona bene, vorrei che anche il mio suonasse così!” Caio risponde: Fattene fare uno uguale da SB-LAB e Tizio “ehhh ma sai la cooooontrooooreaaaaazioooneeee………”

Tizio il giorno dopo va su ebay e compra un coppia di 300B Vintage da 2500€ da mettere sul suo amplificatore zero feedback costruito da “nome di superguru” osannato su tutte le riviste di hifi come il gesù delle valvole…

Tizio una settimana dopo mette in vendita su ebay tutto l’amplificatore costruto da “nome di superguru” osannato su tutte le riviste di hifi come il gesù delle valvole assieme alle 300B da 2500€.

Tizio il mese dopo ha comprato un’altro amplificatore di 300B zero feedback costruito da “nome di altro superguru” osannato su tutte le riviste di hifi come il mosè delle valvole. Tizio ha già buttato via quasi 20.000€ e la storia è destinata a ripetersi all’infinito (o almeno fino a quando Tizio non rimane in bolletta).

Tizio è una persona contraddittoria e inconsistente nelle proprie convinzioni. Nonostante sia convinto della superiorità degli amplificatori zero feedback, la sua esperienza personale lo ha portato a preferire un amplificatore con controreazione, ma il suo atteggiamento irrazionale lo porta a rifiutare tale amplificatore basandosi solo sulla sua preconcetta avversione per la controreazione. In definitiva, sembra che sia più interessato a difendere le sue convinzioni personali piuttosto che a cercare la migliore soluzione sonora per le sue esigenze. La sua si potrebbe definire come una mania, ovvero un’ossessione o un interesse esagerato e irrazionale per un determinato oggetto o concetto. In questo caso, la persona sembra essere ossessionata dall’idea degli amplificatori zero feedback e rifiuta categoricamente di considerare qualsiasi amplificatore che faccia uso di controreazione, nonostante possa apprezzarne il suono. Questo comportamento può essere considerato un’ossessione o una mania in quanto va al di là di una scelta razionale basata sulle caratteristiche tecniche o sulle preferenze personali, e si basa invece su un’idea fissa e irrazionale.

Dai miei vari clienti ho sentito racconti di persone analoghe che addirittura rifiutavano anche solo di andare ad ascoltare l’apparecchio dell’amico. Queste persone sono chiuse alle nuove esperienze e resistenti al cambiamento. La loro resistenza a considerare altre opzioni potrebbe essere dovuta alla paura di dover ammettere che la loro scelta originale non era la migliore, o alla paura di dover imparare a usare qualcosa di nuovo. Queste persone sono rigide nel pensiero e nella pratica, e non sono disposte ad aprirsi a nuove possibilità, anche se potrebbero portare a un’esperienza di ascolto migliore.

E credetemi di questi Tizi… Ce ne sono tanti!

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4 Responses to La controreazione negli amplificatori, si o no ?

  • “L’uso pesato della controreazione è uno strumento importante per raggiungere questo obiettivo”: ricordo un articolo di Bartolomeo Aloia (non ricordo più se su Suono o FdS) che dichiarava di avere la tua stessa filosofia (anche per gli ampli a stato solido). Avendo ascoltato sia il tuo ampli che uno dei suoi (completamente diversi tra loro: il tuo è un valvolare single-ended, il suo l’ST-200…), ho buoni motivi per pensare che la vostra visione è quella giusta.

  • Ottimo articolo, esauriente e ben fatto. Sono perfettamente d’accordo. Complimenti!!

  • Sono d’accordo con Stefano. I guru della controreazione zero probabilmente non hanno mai ascoltato un amplificatore SB-Lab senza silicone nelle orecchie. Del resto se anche grandi marchi come ARC e Conrad Johnson fanno un uso sapiente della CR ci sarà pure un motivo, o sono cazzari anche loro?

  • Sono perfettamente d’accordo – il problema è che è difficile comprendere che l’ideazione e la realizzazione di un amplificatore è una questione di equilibri e di scelte ponderate che spesso si scontrano con le mode del momento o con esigenze commerciali. Personalmente ho ascoltato diverse realizzazioni “zero feedback” e non mi hanno impressionato. La musica riprodotta deve avere dinamica e gli altoparlanti devono essere perfettamente controllati. I dispositivi a controreazione zero difficilmente assicurano tutto ciò. Un uso ragionato del feedback è ancora la soluzione migliore.
    Ottimo articolo

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