Esplorando gli Amplificatori degli Anni ’20 con Trasformatori Interstadio e Altre Curiosità

A volte, nelle nostre giornate, ci capita qualcosa di speciale, qualcosa che ci spinge a esplorare e condividere. È proprio quello che è successo quando ho ricevuto un’email da un cliente appassionato di tecnologia audio, con una serie di domande interessanti sugli amplificatori degli anni ’20, focalizzate sui trasformatori interstadio. Piuttosto che rispondergli privatamente, ho pensato che queste domande potessero essere di interesse per un pubblico più ampio, coinvolgendo tutti gli amanti dell’audio storico e della tecnologia vintage.

Così, nasce questo articolo, un viaggio nel tempo e nella tecnologia, un’occasione per esaminare da vicino uno degli aspetti più affascinanti dell’audio: gli amplificatori degli anni ’20 e l’innovazione dei trasformatori interstadio. Spero che questa lettura non solo soddisfi le curiosità del nostro stimato cliente, ma che possa anche suscitare interesse e stimolare nuove riflessioni in tutti voi, appassionati e studiosi di questo affascinante mondo sonoro.

Ciao Sb-lab, mi chiamo ********* leggo il tuo sito da molto tempo e mi piace molto perche’ a volte prendo spunto per i miei esperimenti con le valvole, ti volevo chiedere una cosa.. ma è vero che gli amplificatori degli anni 20 con i trasformatori interstadoi erano costruiti così perchè cercavano di costruire le cose nel modo migliore possibile senza badare a spese e invece poi dopo negli anni  40 e 50 e successivi hanno cominciato a fare le cose piene di retroazione per risparmiare sui costi? è vero che usare condensatori piccoli e induttanze grandi nell’alimentazione è meglio? e poi perchè alcune persone dicono di tagliare la linea di retroazione dei vecchi amplificatori per farli suonare megli? io ho n williamson autocostruito e ho provato a fare come suggerito ma ho otenuto un risultato pessimo con gran rumore di fondo e un suono confusionario, ciao e grazie della risposta.

Ogni apparecchio è il risultato del suo contesto storico, modellato dalle conoscenze e dalle richieste tecniche del periodo in cui è stato concepito. È un peccato che nel mondo dell’audio si trovino spesso affermazioni che non rispecchiano la verità, propagate da individui che sembrano ignorare i fondamenti della disciplina.

La convinzione moderna che gli amplificatori degli anni ’20 fossero pieni di trasformatori interstadio a causa di una mentalità di spese illimitate è errata. In realtà, la situazione era molto diversa in quel periodo. Nell’era pionieristica della tecnologia elettronica degli anni ’20, le valvole stesse rappresentavano una parte significativa dei costi di produzione. Erano così preziose che esistevano alcune aziende specializzate che si occupavano addirittura di riparare valvole bruciate sostituendo il filamento all’interno. Questo procedimento, seppur sorprendente per noi oggi, dimostra quanto fosse costosa una valvola in quel periodo. Immaginate un modernissimo e costosissimo processore per computer di ultima generazione, 100 anni fà i costi di una valvola erano equiparabili se non anche superiori.

Inoltre, va notato che durante quel periodo, l’abilità nella produzione di condensatori era piuttosto limitata. I condensatori fabbricati all’epoca erano caratterizzati da capacità ridotte e dimensioni enormi. Al punto che un condensatore da 5uF poteva essere più grande del trasformatore che alimentava tutto l’apparecchio. Inoltre, erano notoriamente poco affidabili. Con la mia esperienza nella riparazione di radio d’epoca, posso confermare che questi condensatori erano spesso contenuti in scatole di latta sigillate a stagno o con catrame o cera lacca, riempite con un materiale che sembra carta imbevuta di liquido arrotolata assieme a semplice carta stagnola, il tutto immerso in cera simile a quella delle candele. Questi condensatori tendevano a guastarsi frequentemente.

Quindi, considerando i dettagli che ho spiegato, l’impiego di trasformatori interstadio rappresentava l’unica soluzione tecnica praticabile per la costruzione di apparecchi audio che funzionassero in modo affidabile. Paradossalmente, questa soluzione permetteva anche di risparmiare denaro. Infatti, i trasformatori erano relativamente facili da produrre rispetto ad altre componenti. Un trasformatore interstadio costava meno di una valvola e offriva una maggiore affidabilità rispetto ai condensatori. Anche se può sembrare sorprendente, è proprio così!

Non possiamo attribuire agli amplificatori centenari una qualità superlativa. I trasformatori di quell’epoca, infatti, avevano bande passanti minime, sufficienti per la trasmissione e l’ascolto dell’audio nelle onde lunghe e medie. Solitamente, una gamma di frequenze compresa tra 500 Hz e 4 kHz era considerata accettabile per gli standard dell’epoca. Quindi, non c’era alcun incentivo a migliorare ulteriormente le prestazioni.

Nell’attuale panorama audio, ci sono esperti autoproclamati e costruttori di apparecchiature che elogiano l’utilizzo dei trasformatori interstadio come soluzione suprema. Affermano che solo gli amplificatori di questo tipo possono offrire un suono eccezionale, poiché l’assenza di controreazione consente una trasmissione senza compromessi del segnale. Con i trasformatori interstadio, sostengono, si ottiene un accoppiamento migliore tra gli stadi e si preserva un maggiore dettaglio sonoro. Ecco, qui le cose non sono proprio così. Come spesso accade, questi individui si abbandonano a dichiarazioni estreme, simili a quelle degli estremisti religiosi. Potremmo prendere ad esempio un’opera d’arte che, sebbene sia considerata tale da alcuni, potrebbe non apparire altrettanto affascinante agli occhi di altri…

Qualcuno potrebbe trovarla molto più bella dopo averla data in pasto ad un dispositivo che la trasforma…

Nel caso di questa ormonale Monna Lisa, il dispositivo in questione è una RTX4060Ti e sicuramente molti lettori uomini (me compreso) troveranno più bella la versione in abito bianco. Allo stesso modo, per le opere audio, molti preferiscono migliorare la propria esperienza di ascolto, forse perché le registrazioni di base non sono così impeccabili. Questa è la ragione per cui gli amplificatori valvolari continuano ad essere apprezzati; i loro circuiti, in un modo o nell’altro, possono arricchire questa esperienza aggiungendo qualcosa che potrebbe essere mancante. Tuttavia, c’è il rischio di esagerare, e per questo è necessario prestare attenzione. L’utilizzo di trasformatori interstadio è sicuramente un modo per arricchire il suono di elementi che inizialmente potrebbero mancare, così come l’uso di circuiti zero feedback.

I guru dell’audio continuano a proporre un’idea distorta, sostenendo che l’impiego di circuiti retroazionati comporti la cancellazione di informazioni vitali dal segnale. Tuttavia, come dimostro in questo articolo, la controreazione, quando applicata correttamente, non altera affatto la registrazione. Al contrario, la sua assenza può generare nuove interferenze, armoniche e altre colorazioni introdotte dal circuito. Sembra che io abbia esaurito l’argomento fino alla nausea, potrebbe sembrare persino che sia contrario a determinate pratiche e tipologie di circuiti. Tuttavia, è importante chiarire che la mia opposizione è rivolta unicamente all’informazione distorta, non alle pratiche in sé o ai circuiti. È comprensibile che molte persone ritengano che il 90% delle registrazioni disponibili non sia di qualità eccellente. Di conseguenza, potrebbero considerare l’uso di trasformatori interstadio come un ulteriore tentativo di modificare il suono per adattarlo ai propri gusti personali.

Nonostante ciò, è importante riconoscere che alcune persone preferiscono la “Mona Lisa” originale, mantenendo un’apprezzamento per l’autenticità e l’integrità dell’opera d’arte. Allo stesso modo, dobbiamo considerare che, in alcuni casi, apportare modifiche a un’opera già bella di per sé potrebbe rischiare di deteriorarla anziché migliorarla. Personalmente, gli amplificatori valvolari vintage come i Williamson e i Leak, così come quelli meno datati come gli Audio Innovation, non mi trasmettono nulla di particolare. A volte, addirittura, l’ascolto di tali dispositivi mi provoca fastidio, poiché i circuiti con eccessiva controreazione tendono ad affaticare e a sovraccaricare le mie orecchie. Tuttavia, per alcune persone, anche dopo aver sperimentato altri apparecchi, questi amplificatori suonano bene. In questi casi, cosa potrei dire? Alcuni sostengono che tali persone non capiscano niente… È importante sottolineare che molte persone hanno bisogno di esperienza per sviluppare un punto di riferimento nel campo dell’audio. Se una persona non ha mai avuto l’opportunità di ascoltare altro che musica proveniente da amplificatori di plastica pieni di lucine è comprensibile che non abbia un’idea chiara dei livelli di qualità raggiungibili con apparecchiature di altro tipo. Ma gli atteggiamenti totalitari di certi guru sono davvero irritanti, e meriterebbero un girone infernale tutto per loro.

Nel girone infernale degli audiofili presuntuosi e dogmatici, dove l’arroganza acuisce il tormento, i dannati sono condannati a un’eternità di sofferenze uditive.

Qui, tra le fiamme danzanti e i lamenti delle anime tormentate, i guru audiofili trovano la loro giusta pena. Essi sono costretti a inginocchiarsi su un mare di vetri, non di qualsiasi vetro, ma vetri spezzati provenienti da valvole 300b, simbolo della fragilità delle loro presunzioni, mentre le loro orecchie vengono assalite da suoni cacofonici e dolorosi.

Il supplizio di costoro consiste nell’ascoltare una sinfonia di disagio: le note stridenti di forchette che graffiano piatti di porcellana, accompagnate dalla gnegna insopportabile della canzone del pulcino pio, e dal lamento simile a quello di gatti arrabbiati dei cantanti auto-tune. Tutto questo, proveniente da amplificatori cinesi in classe D che pilotano casse con il cono di plastica, simbolo dell’artificio e della falsità del loro paradiso sonoro. Ogni nota, anziché portare sollievo, penetra come un pungiglione nell’anima dei condannati.

Ma il tormento non si ferma qui. Orde di orchi, devoti alla musica trap, li flagellano senza tregua con cavi pitonati, infliggendo dolore fisico che si fonde con l’agonia dei loro sensi. Mentre zanzare affamate di sangue, si abbeverano del liquido scarlatto che cola dalle orecchie, aumentando il tormento dei dannati.

In questo abisso di presunzione e intolleranza, i guru audiofili comprendono finalmente la vacuità delle loro pretese e la relatività dei gusti musicali. Ma è troppo tardi per redimersi. E così, tra le grida di disperazione e il suono implacabile del loro stesso tormento, rimangono prigionieri per l’eternità, condannati a confrontarsi con le conseguenze della loro arroganza e intolleranza.

Alimentazioni anni 20

L’uso di celle CLC con condensatori di piccola capacità e induttanze enormi rappresentava una necessità durante gli anni ’20. A quel tempo, la produzione di condensatori con capacità superiori a 10uF era estremamente difficile. Pertanto, era comune utilizzare induttanze di grandi dimensioni per filtrare e livellare l’alimentazione dalle eventuali residue oscillazioni. Tuttavia, questa pratica funzionava bene quando la risposta in frequenza del circuito audio partiva da 400/500Hz.

Oggi, con l’avvento di trasformatori moderni capaci di operare anche a frequenze fino a 20Hz, un’approccio del genere potrebbe causare oscillazioni indesiderate a bassa frequenza della stessa tensione di alimentazione, generando brutte distorsioni nel segnale. Di conseguenza, è diventato essenziale adattare la progettazione della sezione di alimentazione. In particolare, è consigliabile dimensionare in modo adeguato almeno il secondo condensatore della cella CLC, garantendo così che alle basse frequenze rimanga il più stabile possibile.

Questo non significa tuttavia che sia necessario esagerare, montando condensatori da 1000uF dopo una valvola raddrizzatrice, come fanno alcuni venditori di immondizia. È importante trovare un equilibrio tra capacità e dimensioni dei condensatori per ottenere un’alimentazione stabile che non onduli assieme al segnale.

Il taglio delle linee di controreazione

Fin dai miei primi esperimenti con le valvole, ho letto su vari forum un sacco di sciocchezze riguardanti la pratica di tagliare la linea di controreazione degli amplificatori per migliorarne il suono. Tuttavia, devo essere sincero: questa è una vera e propria stupidaggine.

Immaginate un amplificatore che ha 30dB di controreazione che suona male per questo. Nel momento in cui taglite la controreazione, tutto il circuito guadagnerà 30dB in più, captando ronzii e disturbi di ogni sorta fino a captare persino la messa su radiomaria. Inoltre, questa pratica rende impossibile la regolazione del volume. Un amplificatore push-pull a pentodi da 50 watt, come un Williamson, privato della controreazione, approssimerà uno smorzamento inferiore a 1, generando solo fango e distorsioni inascoltabili.

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