HiFi, Valvole e Stabilizzatori di Tensione…

In questo articolo voglio parlarvi degli stabilizzatori di tensione e del loro ruolo nell’HiFi valvolare. Se fossi un ciarlatano disinformatore, potrei iniziare con discorsi esagerati e suggestivi per accendere le fantasie di chi è appassionato di teorie stravaganti: potrei dirvi che gli stabilizzatori di tensione sono circuiti pieni di controreazione, e che questa, entrando in contatto con il vostro circuito audio, lo “contamina” con la malattia della controreazione. Secondo queste credenze, la controreazione si propagherebbe per semplice vicinanza, emettendo una sorta di radiazione invisibile capace di distruggere la purezza del suono.

Ma siccome non sono un ciarlatano disinformatore, vi spiegherò la realtà. Gli stabilizzatori di tensione sono dispositivi progettati per mantenere una tensione costante in uscita, indipendentemente dalle variazioni nella tensione di ingresso o dal carico collegato. Funzionano rilevando la tensione in uscita e confrontandola con un valore di riferimento, regolando di conseguenza il flusso di corrente per garantire un’alimentazione stabile e sicura. Questo è essenziale per garantire che i circuiti elettronici funzionino correttamente e con affidabilità, senza essere soggetti a variazioni improvvise di tensione che potrebbero influire negativamente sulle prestazioni.

Nel mondo dell’HiFi e degli apparecchi a valvole, gli stabilizzatori di tensione possono essere indispensabili. Ad esempio, in preamplificatori fono, preamplificatori microfonici o amplificatori per cuffie, anche il più piccolo ripple residuo nelle alimentazioni può essere amplificato dal circuito, riemergendo come ronzio udibile. In queste situazioni, l’uso di batterie di condensatori enormi e filtri pigreco multipli potrebbe risolvere il problema, ma ad un costo elevato, sia in termini economici che di spazio. Fortunatamente, gli stabilizzatori di tensione offrono una soluzione più compatta e, con un po’ di intelligenza, possono garantire la stessa stabilità con molto meno ingombro e spesa.

Tuttavia, come ogni componente, gli stabilizzatori non sono perfetti. Uno dei possibili svantaggi è la generazione di rumore bianco, dovuto al circuito di amplificazione dell’errore, che monitora la tensione di uscita e la confronta con il riferimento. Questo rumore, nella stragrande maggioranza dei casi, è talmente basso da essere irrilevante. Ma se si alimenta un circuito con guadagni estremamente alti, quel rumore potrebbe essere captato, amplificato e trasformarsi in un soffio udibile.

Come risolvere questo problema? Dobbiamo forse abbandonarci a isterie anti-controreazione? Creare un colossale filtro a triplo pigreco con induttanze gigantesche e condensatori enormi, che richiederebbe un secondo chassis e costerebbe il triplo del resto del sistema? No. La soluzione è molto più semplice ed efficiente: basta utilizzare una piccola e semplice induttanza. Inserendo un filtro LC dopo lo stabilizzatore di tensione, possiamo eliminare la maggior parte del rumore residuo senza complicare inutilmente il design o il budget.

Induttanza 24i13 – 24i14: Ideali per Filtrare Rumori degli stabilizzatori di tensione

Proseguendo con l’argomento del filtraggio del rumore negli stabilizzatori di tensione, vi presento l’induttanza 24i13, una componente da 50mH con una resistenza DC di 1,2 ohm. In questo caso, ho implementato un regolatore di tensione basato sull’LM317, e ho filtrato la sua uscita proprio con l’induttanza 24i13. Mentre la 24i14 e’ una induttanza da 200mH.

Nelle immagini, potete osservare le misurazioni eseguite con l’oscilloscopio, che mostrano il rumore rilevato prima e dopo l’induttanza.

Anche se l’oscilloscopio è al limite della sua risoluzione (5mV quadretto), si può comunque notare che la traccia superiore, che rappresenta l’uscita del regolatore prima dell’induttanza, appare più grossa e sfocata. Questo è dovuto alla presenza di rumore ad ampio spettro (rumore bianco) generato dal regolatore. Invece, la traccia inferiore, ottenuta dopo il filtro LC con la 24i13 e un condensatore da 3300uF, risulta molto più sottile e pulita. Questo dimostra come l’induttanza riesca a ridurre significativamente il rumore.

Solo aggiungere un grosso condensatore dopo il regolatore non servirebbe a nulla, perché l’impedenza di uscita dello stabilizzatore è talmente bassa che il condensatore non riuscirebbe a sopprimere il rumore in modo efficace. Qui entra in gioco la 24i13, che con la sua capacità di filtrare correnti fino a 600mA, risulta ideale per applicazioni come il filtraggio dell’alimentazione del filamento di una valvola.

Ho progettato la 24i13 specificamente per questo scopo, nel contesto di un microfono da studio di registrazione, dove la minima interferenza nel circuito del filamento può causare rumore indesiderato nel segnale audio. Grazie alle sue caratteristiche, la 24i13 è perfetta per preamplificatori microfonici o fono, dove può ad esempio alimentare i filamenti di fino a quattro valvole 12AX7 / ECC83 (se alimentate a 12v, pin 4/5), garantendo un’alimentazione pulita e priva di rumore.

Un vantaggio chiave nell’utilizzare la 24i13 rispetto a un tradizionale filtro RC è la sua capacità di offrire una maggiore reiezione dei rumori con una caduta di tensione significativamente inferiore ed una minore dissipazione di calore. Nei filtri RC, la resistenza utilizzata per attenuare il rumore causa una perdita di tensione, e parte dell’energia viene dissipata sotto forma di calore. Con la 24i13, invece, l’induttanza svolge il lavoro di filtraggio senza introdurre una resistenza significativa, il che si traduce in una migliore efficienza, riducendo sia la perdita di tensione sia la produzione di calore, con un impatto minimo sulle prestazioni complessive del sistema.

Un confronto interessante è tra l’induttanza 24i13 e la 24i8 da 500mH. Le 24i8 sono molto più ingombranti e costose, poiché sono progettate per il filtraggio passivo di ripple a 50/100Hz, tipico delle alimentazioni non stabilizzate. Queste induttanze devono essere dimensionate per bloccare le frequenze più basse, il che richiede una maggiore dimensione fisica del nucleo e del filo.

Al contrario, le 24i13 sono molto più compatte perché sono pensate per filtrare un rumore a larga banda, che presenta pochissime componenti a bassa frequenza. Ciò permette di ridurre le dimensioni e i costi senza sacrificare l’efficacia nel ridurre il rumore ad alta frequenza, come quello che può essere generato da regolatori di tensione o altre sorgenti ad ampio spettro.

Un aspetto da tenere in considerazione è che la 24i13 non è adatta per il filtraggio delle alimentazioni anodiche, anche se queste sono stabilizzate. Nelle alimentazioni anodiche, infatti, si utilizzano condensatori di capacità molto inferiore rispetto a quelli richiesti dalla 24i13, che ha solo 50mH di induttanza. In questo caso, sarà possibile utilizzare una delle tante induttanze di filtro anodico presenti nel mio listino. La 15S60 da 1,75H e 200mA, ad esempio, è sicuramente una buona scelta per garantire un filtraggio efficace e una tensione anodica pulita in presenza di uno stabilizzatore di tensione.

Mod. 24i13
induttanza-piccola  Induttanza filtro 50mH, 600mA DC, RDC 1,2ohm
Dimensioni (mm)
L  45
H  38
S  38
F  53
F2  *

Mod. 24i14
induttanza-piccola  Induttanza filtro 200mH, 250mA DC, RDC 3,6ohm
Dimensioni (mm)
L  45
H  38
S  38
F  53
F2  *

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Esplorando gli Amplificatori degli Anni ’20 con Trasformatori Interstadio e Altre Curiosità

A volte, nelle nostre giornate, ci capita qualcosa di speciale, qualcosa che ci spinge a esplorare e condividere. È proprio quello che è successo quando ho ricevuto un’email da un cliente appassionato di tecnologia audio, con una serie di domande interessanti sugli amplificatori degli anni ’20, focalizzate sui trasformatori interstadio. Piuttosto che rispondergli privatamente, ho pensato che queste domande potessero essere di interesse per un pubblico più ampio, coinvolgendo tutti gli amanti dell’audio storico e della tecnologia vintage.

Così, nasce questo articolo, un viaggio nel tempo e nella tecnologia, un’occasione per esaminare da vicino uno degli aspetti più affascinanti dell’audio: gli amplificatori degli anni ’20 e l’innovazione dei trasformatori interstadio. Spero che questa lettura non solo soddisfi le curiosità del nostro stimato cliente, ma che possa anche suscitare interesse e stimolare nuove riflessioni in tutti voi, appassionati e studiosi di questo affascinante mondo sonoro.

Ciao Sb-lab, mi chiamo ********* leggo il tuo sito da molto tempo e mi piace molto perche’ a volte prendo spunto per i miei esperimenti con le valvole, ti volevo chiedere una cosa.. ma è vero che gli amplificatori degli anni 20 con i trasformatori interstadoi erano costruiti così perchè cercavano di costruire le cose nel modo migliore possibile senza badare a spese e invece poi dopo negli anni  40 e 50 e successivi hanno cominciato a fare le cose piene di retroazione per risparmiare sui costi? è vero che usare condensatori piccoli e induttanze grandi nell’alimentazione è meglio? e poi perchè alcune persone dicono di tagliare la linea di retroazione dei vecchi amplificatori per farli suonare megli? io ho n williamson autocostruito e ho provato a fare come suggerito ma ho otenuto un risultato pessimo con gran rumore di fondo e un suono confusionario, ciao e grazie della risposta.

Ogni apparecchio è il risultato del suo contesto storico, modellato dalle conoscenze e dalle richieste tecniche del periodo in cui è stato concepito. È un peccato che nel mondo dell’audio si trovino spesso affermazioni che non rispecchiano la verità, propagate da individui che sembrano ignorare i fondamenti della disciplina.

La convinzione moderna che gli amplificatori degli anni ’20 fossero pieni di trasformatori interstadio a causa di una mentalità di spese illimitate è errata. In realtà, la situazione era molto diversa in quel periodo. Nell’era pionieristica della tecnologia elettronica degli anni ’20, le valvole stesse rappresentavano una parte significativa dei costi di produzione. Erano così preziose che esistevano alcune aziende specializzate che si occupavano addirittura di riparare valvole bruciate sostituendo il filamento all’interno. Questo procedimento, seppur sorprendente per noi oggi, dimostra quanto fosse costosa una valvola in quel periodo. Immaginate un modernissimo e costosissimo processore per computer di ultima generazione, 100 anni fà i costi di una valvola erano equiparabili se non anche superiori.

Inoltre, va notato che durante quel periodo, l’abilità nella produzione di condensatori era piuttosto limitata. I condensatori fabbricati all’epoca erano caratterizzati da capacità ridotte e dimensioni enormi. Al punto che un condensatore da 5uF poteva essere più grande del trasformatore che alimentava tutto l’apparecchio. Inoltre, erano notoriamente poco affidabili. Con la mia esperienza nella riparazione di radio d’epoca, posso confermare che questi condensatori erano spesso contenuti in scatole di latta sigillate a stagno o con catrame o cera lacca, riempite con un materiale che sembra carta imbevuta di liquido arrotolata assieme a semplice carta stagnola, il tutto immerso in cera simile a quella delle candele. Questi condensatori tendevano a guastarsi frequentemente.

Quindi, considerando i dettagli che ho spiegato, l’impiego di trasformatori interstadio rappresentava l’unica soluzione tecnica praticabile per la costruzione di apparecchi audio che funzionassero in modo affidabile. Paradossalmente, questa soluzione permetteva anche di risparmiare denaro. Infatti, i trasformatori erano relativamente facili da produrre rispetto ad altre componenti. Un trasformatore interstadio costava meno di una valvola e offriva una maggiore affidabilità rispetto ai condensatori. Anche se può sembrare sorprendente, è proprio così!

Non possiamo attribuire agli amplificatori centenari una qualità superlativa. I trasformatori di quell’epoca, infatti, avevano bande passanti minime, sufficienti per la trasmissione e l’ascolto dell’audio nelle onde lunghe e medie. Solitamente, una gamma di frequenze compresa tra 500 Hz e 4 kHz era considerata accettabile per gli standard dell’epoca. Quindi, non c’era alcun incentivo a migliorare ulteriormente le prestazioni.

Nell’attuale panorama audio, ci sono esperti autoproclamati e costruttori di apparecchiature che elogiano l’utilizzo dei trasformatori interstadio come soluzione suprema. Affermano che solo gli amplificatori di questo tipo possono offrire un suono eccezionale, poiché l’assenza di controreazione consente una trasmissione senza compromessi del segnale. Con i trasformatori interstadio, sostengono, si ottiene un accoppiamento migliore tra gli stadi e si preserva un maggiore dettaglio sonoro. Ecco, qui le cose non sono proprio così. Come spesso accade, questi individui si abbandonano a dichiarazioni estreme, simili a quelle degli estremisti religiosi. Potremmo prendere ad esempio un’opera d’arte che, sebbene sia considerata tale da alcuni, potrebbe non apparire altrettanto affascinante agli occhi di altri…

Qualcuno potrebbe trovarla molto più bella dopo averla data in pasto ad un dispositivo che la trasforma…

Nel caso di questa ormonale Monna Lisa, il dispositivo in questione è una RTX4060Ti e sicuramente molti lettori uomini (me compreso) troveranno più bella la versione in abito bianco. Allo stesso modo, per le opere audio, molti preferiscono migliorare la propria esperienza di ascolto, forse perché le registrazioni di base non sono così impeccabili. Questa è la ragione per cui gli amplificatori valvolari continuano ad essere apprezzati; i loro circuiti, in un modo o nell’altro, possono arricchire questa esperienza aggiungendo qualcosa che potrebbe essere mancante. Tuttavia, c’è il rischio di esagerare, e per questo è necessario prestare attenzione. L’utilizzo di trasformatori interstadio è sicuramente un modo per arricchire il suono di elementi che inizialmente potrebbero mancare, così come l’uso di circuiti zero feedback.

I guru dell’audio continuano a proporre un’idea distorta, sostenendo che l’impiego di circuiti retroazionati comporti la cancellazione di informazioni vitali dal segnale. Tuttavia, come dimostro in questo articolo, la controreazione, quando applicata correttamente, non altera affatto la registrazione. Al contrario, la sua assenza può generare nuove interferenze, armoniche e altre colorazioni introdotte dal circuito. Sembra che io abbia esaurito l’argomento fino alla nausea, potrebbe sembrare persino che sia contrario a determinate pratiche e tipologie di circuiti. Tuttavia, è importante chiarire che la mia opposizione è rivolta unicamente all’informazione distorta, non alle pratiche in sé o ai circuiti. È comprensibile che molte persone ritengano che il 90% delle registrazioni disponibili non sia di qualità eccellente. Di conseguenza, potrebbero considerare l’uso di trasformatori interstadio come un ulteriore tentativo di modificare il suono per adattarlo ai propri gusti personali.

Nonostante ciò, è importante riconoscere che alcune persone preferiscono la “Mona Lisa” originale, mantenendo un’apprezzamento per l’autenticità e l’integrità dell’opera d’arte. Allo stesso modo, dobbiamo considerare che, in alcuni casi, apportare modifiche a un’opera già bella di per sé potrebbe rischiare di deteriorarla anziché migliorarla. Personalmente, gli amplificatori valvolari vintage come i Williamson e i Leak, così come quelli meno datati come gli Audio Innovation, non mi trasmettono nulla di particolare. A volte, addirittura, l’ascolto di tali dispositivi mi provoca fastidio, poiché i circuiti con eccessiva controreazione tendono ad affaticare e a sovraccaricare le mie orecchie. Tuttavia, per alcune persone, anche dopo aver sperimentato altri apparecchi, questi amplificatori suonano bene. In questi casi, cosa potrei dire? Alcuni sostengono che tali persone non capiscano niente… È importante sottolineare che molte persone hanno bisogno di esperienza per sviluppare un punto di riferimento nel campo dell’audio. Se una persona non ha mai avuto l’opportunità di ascoltare altro che musica proveniente da amplificatori di plastica pieni di lucine è comprensibile che non abbia un’idea chiara dei livelli di qualità raggiungibili con apparecchiature di altro tipo. Ma gli atteggiamenti totalitari di certi guru sono davvero irritanti, e meriterebbero un girone infernale tutto per loro.

Nel girone infernale degli audiofili presuntuosi e dogmatici, dove l’arroganza acuisce il tormento, i dannati sono condannati a un’eternità di sofferenze uditive.

Qui, tra le fiamme danzanti e i lamenti delle anime tormentate, i guru audiofili trovano la loro giusta pena. Essi sono costretti a inginocchiarsi su un mare di vetri, non di qualsiasi vetro, ma vetri spezzati provenienti da valvole 300b, simbolo della fragilità delle loro presunzioni, mentre le loro orecchie vengono assalite da suoni cacofonici e dolorosi.

Il supplizio di costoro consiste nell’ascoltare una sinfonia di disagio: le note stridenti di forchette che graffiano piatti di porcellana, accompagnate dalla gnegna insopportabile della canzone del pulcino pio, e dal lamento simile a quello di gatti arrabbiati dei cantanti auto-tune. Tutto questo, proveniente da amplificatori cinesi in classe D che pilotano casse con il cono di plastica, simbolo dell’artificio e della falsità del loro paradiso sonoro. Ogni nota, anziché portare sollievo, penetra come un pungiglione nell’anima dei condannati.

Ma il tormento non si ferma qui. Orde di orchi, devoti alla musica trap, li flagellano senza tregua con cavi pitonati, infliggendo dolore fisico che si fonde con l’agonia dei loro sensi. Mentre zanzare affamate di sangue, si abbeverano del liquido scarlatto che cola dalle orecchie, aumentando il tormento dei dannati.

In questo abisso di presunzione e intolleranza, i guru audiofili comprendono finalmente la vacuità delle loro pretese e la relatività dei gusti musicali. Ma è troppo tardi per redimersi. E così, tra le grida di disperazione e il suono implacabile del loro stesso tormento, rimangono prigionieri per l’eternità, condannati a confrontarsi con le conseguenze della loro arroganza e intolleranza.

Alimentazioni anni 20

L’uso di celle CLC con condensatori di piccola capacità e induttanze enormi rappresentava una necessità durante gli anni ’20. A quel tempo, la produzione di condensatori con capacità superiori a 10uF era estremamente difficile. Pertanto, era comune utilizzare induttanze di grandi dimensioni per filtrare e livellare l’alimentazione dalle eventuali residue oscillazioni. Tuttavia, questa pratica funzionava bene quando la risposta in frequenza del circuito audio partiva da 400/500Hz.

Oggi, con l’avvento di trasformatori moderni capaci di operare anche a frequenze fino a 20Hz, un’approccio del genere potrebbe causare oscillazioni indesiderate a bassa frequenza della stessa tensione di alimentazione, generando brutte distorsioni nel segnale. Di conseguenza, è diventato essenziale adattare la progettazione della sezione di alimentazione. In particolare, è consigliabile dimensionare in modo adeguato almeno il secondo condensatore della cella CLC, garantendo così che alle basse frequenze rimanga il più stabile possibile.

Questo non significa tuttavia che sia necessario esagerare, montando condensatori da 1000uF dopo una valvola raddrizzatrice, come fanno alcuni venditori di immondizia. È importante trovare un equilibrio tra capacità e dimensioni dei condensatori per ottenere un’alimentazione stabile che non onduli assieme al segnale.

Il taglio delle linee di controreazione

Fin dai miei primi esperimenti con le valvole, ho letto su vari forum un sacco di sciocchezze riguardanti la pratica di tagliare la linea di controreazione degli amplificatori per migliorarne il suono. Tuttavia, devo essere sincero: questa è una vera e propria stupidaggine.

Immaginate un amplificatore che ha 30dB di controreazione che suona male per questo. Nel momento in cui taglite la controreazione, tutto il circuito guadagnerà 30dB in più, captando ronzii e disturbi di ogni sorta fino a captare persino la messa su radiomaria. Inoltre, questa pratica rende impossibile la regolazione del volume. Un amplificatore push-pull a pentodi da 50 watt, come un Williamson, privato della controreazione, approssimerà uno smorzamento inferiore a 1, generando solo fango e distorsioni inascoltabili.

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Che misure deve avere un’amplificatore per suonare bene ?

Piccolo aggiornamento di Marzo 2024…


In un mondo in cui la tecnologia è in costante evoluzione e la domanda di prestazioni audio di alta qualità è sempre più diffusa, è fondamentale comprendere le specifiche e le misure dietro gli amplificatori e i trasformatori audio. Questo articolo è il risultato della mia esperienza personale, nata dalla volontà di portare chiarezza in un settore in cui molte persone si sono trovate a chiedersi: “Che misure deve avere un amplificatore o un trasformatore per suonare bene?”

Sono stato io a iniziare questa moda, motivato dalla consapevolezza che nessuno prima di me si era preso la briga di acquisire e pubblicare dettagliate misurazioni. Il mio obiettivo iniziale era pragmatico: creare un archivio personale di dati di paragone, una risorsa preziosa per facilitare future riparazioni.

Risalendo agli anni passati, ho iniziato a dotarmi degli strumenti necessari per misurare con precisione le caratteristiche degli apparecchi audio che riparavo. L’acquisizione e la conservazione di queste misurazioni servivano principalmente a formare un archivio personale. Questo archivio si è rivelato una risorsa insostituibile quando, in un secondo momento, mi sono trovato ad affrontare nuovamente la riparazione dello stesso tipo di apparecchio. Confrontare i dati acquisiti in diverse occasioni forniva una bussola affidabile per valutare la coerenza e l’integrità dei componenti.

Il mio sito web personale è diventato un luogo dove condividere non solo gli articoli sulle riparazioni, ma anche i dati misurati. La trasparenza e la condivisione di queste informazioni sono diventate una parte integrante della mia filosofia di lavoro. Oltre a fornire un servizio di riparazione di qualità, desideravo contribuire alla comunità audio con dati oggettivi e quantificabili. Questo approccio non solo ha reso il mio sito una vetrina per il mio lavoro, ma ha anche alimentato la crescente domanda di informazioni concrete nel mondo dell’audio.

Molti si interrogano sulla correlazione tra i dati strumentali e l’esperienza uditiva effettiva. Spiegare questa complessa relazione richiede una profonda conoscenza tecnica e una vasta esperienza, poiché la risposta non è mai completamente lineare.

Il cammino che mi ha portato a esplorare questa intricata connessione ha avuto inizio nel laboratorio di G. Mariani, il fondatore della rinomata ditta GRAAF, celebre per la produzione di amplificatori OTL (Output Transformer-Less). Mariani, figura di riferimento nel settore, sosteneva un approccio equilibrato all’analisi strumentale e all’ascolto soggettivo.

Le parole di Mariani risuonano ancora nelle mie orecchie: “Se un amplificatore è lofio agli strumenti di misura, è probabile che sarà lofio anche all’ascolto. Tuttavia, un amplificatore che supera gli strumenti è già sulla giusta strada, ma va ascoltato e valutato.” Questa affermazione sottolinea l’importanza di una valutazione oggettiva, ma allo stesso tempo riconosce la complessità dell’arte dell’ascolto.

La filosofia di Mariani suggeriva che un buon risultato agli strumenti fosse indicativo di un solido fondamento, ma il vero test risiedeva nell’esperienza uditiva. La sua saggezza rifletteva la consapevolezza che il modo in cui si ottiene un determinato risultato strumentale può variare notevolmente. Diverse metodologie e circuitazioni, pur producendo risultati simili agli strumenti, possono creare esperienze sonore diverse.

In sintesi, la correlazione tra misure strumentali e qualità uditiva è un territorio complesso, in cui la precisione degli strumenti è solo un tassello del puzzle. L’ascolto attento e la valutazione soggettiva giocano un ruolo fondamentale nell’assicurare che la resa sonora di un amplificatore o di un trasformatore sia davvero all’altezza delle aspettative degli appassionati di audio di qualità.

Nel contesto di un circuito, è possibile apportare miglioramenti sostituendo alcuni componenti con altri equivalenti di qualità superiore. Questa ottimizzazione può interessare non solo le valvole ma anche, ad esempio, i condensatori e altri componenti. Tali cambiamenti possono influire notevolmente sull’esperienza di ascolto, senza però alterare in modo significativo i risultati strumentali. La ragione di ciò risiede nel fatto che gli strumenti di misura “standard” effettuano valutazioni in condizioni stazionarie, utilizzando un tono sinusoidale. In questa modalità, l’intero circuito si stabilizza ad un determinato regime, impedendo di visualizzare le dinamiche reali che si verificano quando il circuito è sottoposto a un segnale musicale complesso, caratterizzato da molteplici frequenze sovrapposte e variabili.

Esistono analizzatori di spettro specializzati che consentono il confronto in tempo reale tra un segnale di ingresso arbitrario, come quello della musica, e il segnale di uscita proveniente dallo stesso amplificatore. Questi dispositivi sono in grado di acquisire i 2 segnali e confrontarli per visualizzare anche fenomeni transitori di breve durata, permettendo di catturare e misurare le sfumature sonore generate dall’amplificatore in condizioni di utilizzo reale. Questa affermazione è volta a confutare l’idea errata secondo cui le percezioni uditive non sono misurabili.

Tuttavia, è importante sottolineare che strumenti di questa precisione possono essere estremamente costosi, superando spesso i 30.000€. Questo significa che non molti appassionati di audio possono permettersi di investire in strumenti così avanzati. Personalmente, anch’io mi trovo nella stessa situazione e comprendo le limitazioni legate all’accessibilità di tali attrezzature di alto livello.

Quando condividi informazioni su un sito web, è naturale concentrarsi su queste misurazioni strumentali, poiché rappresentano gli unici dati oggettivi a disposizione. Mentre nel discutere di aspetti legati al suono, è inevitabile esprimere considerazioni personali e soggettive, strettamente connesse alle proprie preferenze e percezioni, che non possono essere realmente comunicate a distanza.

Ora sembra che il mio modo di gestire questo sito stia mettendo in difficoltà qualche mio concorrente, specialmente quelli che forse preferirebbero che tutto il discorso rimanesse avvolto nel fumo, come è sempre stato. Questo perché in condizioni nebulose è più semplice vendere qualsiasi cosa affidandosi solo alla parola. Un esempio di risposta sorprendentemente stupida che ho sentito affermare alla domanda “Che strumentali deve avere un trasformatore per produrre un suono di alta qualità?” è stato “deve suonare”… Ma cosa si intende con “deve suonare”? Qual è il significato di “questo suona” o “questo non suona”? Suona o non suona per chi? Per il dichiarante? La sua percezione uditiva rappresenta un riferimento universale? Le sue orecchie sono certificate dall’istituto IEEE? (speriamo non soffra mai di sinusite nella sua vita, dio ce ne scampi dalla inaffidabilità delle sua misure orecchiometriche).

orecchiometro

Insomma, diciamo le cose come stanno: se ascolto un dispositivo e mi piace, per me “suona”, se non mi piace, allora “non suona”, secondo me. Tuttavia, è importante riconoscere che questa valutazione è del tutto personale. Quello che per me è un suono gradevole potrebbe non esserlo per un’altra persona.

Nel corso della mia esperienza personale, ho sviluppato una particolare avversione per il suono prodotto dai circuiti push-pull che impiegano lo sfasatore cathodyna e ancor di più per quelli che utilizzano lo sfasatore paraphase all’interno di un anello di controreazione. Li trovo così spiacevoli da causarmi fastidio fisico, un vero e proprio tormento per le orecchie. Fino ad ora, coloro con cui ho condiviso queste opinioni hanno concordato sulla qualità di suono preferibile è ottenibile con lo sfasatore long tail.

Tuttavia bisogna notare che ci sono persone che apprezzano i vecchi apparecchi Dynaco, come il 410A. Personalmente, non posso determinare se ciò sia dovuto a una mancanza di punti di riferimento nella valutazione o se le loro percezioni uditive siano semplicemente diverse dalle mie. È un po’ come discutere sulle preferenze culinarie: se a un cinese piace il pippistrello in brodo, potrebbe essere difficile da comprendere, ma alla fine, ognuno ha i propri gusti e preferenze, e la varietà è ciò che rende il mondo interessante. Ora, se mi chiedete di assemblare un circuito clone Dynaco, vi dirò che per me fa schifo, ma tutto si ferma lì. Siete voi i clienti? Pagate? Se poi alla fine non vi piace, ve lo avevo detto; se invece vi piace, contenti voi, contenti tutti.

Per questo motivo, chiunque si avventuri su internet a proclamare che determinati trasformatori o amplificatori “non suonano” è, a mio avviso, una persona insensata, soprattutto perché spesso manca di argomentazioni. Personalmente, ho frequentemente espresso pareri tecnici, mostrando dispositivi costruiti in modo scadente, trasformatori assemblati con tale negligenza da permettere di infilare un coltello nella fessura del traferro, e apparecchi che, secondo i proprietari stessi, producevano un suono davvero orrendo, che evidenziavano distorsioni colossali che ho poi risolto.

Ho anche affrontato trasformatori con una banda passante così limitata da rendere inevitabilmente il suono cupo, poiché tagliavano le frequenze alte. Ho parlato di trasformatori piccoli fatti per costare poco che alla fine hanno grossi problemi. Tuttavia, chi si limita a dichiarare “questo suona” o “questo non suona” senza dire un perchè mi lascia letteralmente senza parole. Ritengo che tali individui non dovrebbero essere presi sul serio.

Quindi, quali caratteristiche deve possedere un amplificatore per garantire prestazioni ottimali? Se ci riferiamo a un amplificatore di potenza destinato a essere collegato a diffusori, è essenziale che abbia una banda passante di almeno 20/30Hz (a -1dB) in basso e che raggiunga almeno i 30kHz (sempre a -1dB) in alto. Maggiore sarà la banda in alto, minori saranno le rotazioni di fase, garantendo quindi una resa sonora migliore.

Il fattore di smorzamento deve rispettare determinati standard: per dispositivi di potenza media, intorno ai 10/15 watt, il valore minimo dovrebbe essere di almeno 5, mentre per apparecchi di bassa potenza, intorno ai 2/3 watt, valori attorno a 3 potrebbero risultare accettabili. Per apparecchi di maggiore potenza, dai 20 watt in su, è preferibile avere fattori di smorzamento superiori, almeno 8/10, altrimenti le frequenze basse potrebbero risultare fastidiose. Chi afferma che si può ascoltare bene senza bassi gonfi anche in un circuito senza controreazione sta probabilmente cercando di vendervi casse progettate appositamente per questa situazione o ha installato un trasformatore con un’attenuazione delle basse frequenze. E sosterrà che se percepite dei bassi eccessivamente accentuati, la colpa è vostra perché avete scelto delle casse sbagliate, senza mai ammettere che un adeguato utilizzo di controreazione potrebbe essere vantaggioso. Cercherà di instillarvi un problema in modo che siate spinti a fare ulteriori acquisti per risolverlo.

La presenza o meno di controreazione non è determinante, purché si rispettino i parametri di smorzamento accettabili. Tuttavia, va tenuto presente che l’assenza di controreazione potrebbe compromettere il raggiungimento di determinati valori di smorzamento. Chi afferma che una 2A3 in single-ended senza feedback ha uno smorzamento di 5 vi sta fornendo informazioni errate e vi sta proponendo un dispositivo con una 2A3 che ha uno smorzamento di 2 tanto sa che voi non avete le competenze per misurarlo.

Fattori di smorzamento eccessivamente elevati possono indicare l’utilizzo di tassi di controreazione troppo alti, compromettendo la qualità sonora dell’apparecchio. L’impiego di condensatori di alta qualità, sia per il segnale che elettrolitici, rappresenta senza dubbio un aspetto positivo. È importante considerare che i condensatori in carta olio tendono a scurire e appesantire il suono, mentre quelli in polipropilene rendono il suono più chiaro e dettagliato. Pertanto, la scelta tra le due soluzioni dipende dalla direzione sonora che preferite adottare (poi ci sono tutti gli intermedi tra questi 2 estremi, quindi poliesterte, policarbonato, acetati vari etc, ma sui condensatori ci vorrebbe un’articolo a parte).

L’utilizzo di elettrolitici anche di classe industriale è accettabile se vengono bypassati con piccoli condensatori non polarizzati per migliorare la gamma alta, dove gli elettrolitici in genere sono meno performanti. La presenza esclusiva di elettrolitici di classe industriale potrebbe indicare un suono meno raffinato. Ma anche li a volte si trovano certi condensatori industriali che sono ottimi tipo i nippon chemicon, ma ripeto sui condensatori va fatto un’articolo a parte.

L’inclusione di induttanze nel filtro a pi greco dell’alimentazione rappresenta un punto a favore, e l’utilizzo di stabilizzatori di tensione veri e propri spesso garantisce un buon risultato. L’impiego di valvole raddrizzatrici nei finali di grande potenza potrebbe conferire un suono particolare, più pastoso, a causa dell’instabilità della tensione fornita dalla sezione di alimentazione, soprattutto nei finali push-pull in classe AB. Finali di dimensioni maggiori beneficiano di un’alimentazione basata su diodi, mentre secondo me certi effetti sono più adatti ai chitarristi.

Considerazione sul passato dell’alta fedeltà

In un’epoca successiva a quella in cui dominavano i radioloni e i dischi a 78 giri, iniziò a diffondersi l’uso degli amplificatori audio per l’ambito domestico. Durante questo periodo, i progettisti, basandosi sulle conoscenze dell’epoca, miravano semplicemente a ottenere il massimo risultato possibile in termini di prestazioni strumentali. Gli amplificatori di quei tempi erano principalmente valvolari e i trasformatori impiegati presentavano caratteristiche tipiche dell’epoca, con avvolgimenti su supporti di cartone e nuclei in leghe ferrose grezze.

La letteratura elettronica di quel tempo proponeva l’idea che avvicinandosi sempre di più ad una perfetta precisione strumentale, si potesse raggiungere una riproduzione fedele del suono. Tuttavia, gli strumenti di misura dell’epoca non erano all’altezza di quelli attuali e l’aspetto commerciale giocava un ruolo preponderante: era fondamentale enfatizzare numeri per pubblicizzare i prodotti e incrementarne le vendite. Di conseguenza, si assistette alla produzione di amplificatori che sfruttavano quantità eccessive di controreazione. I progettisti si concentravano esclusivamente sull’ideazione di nuovi sistemi e circuiti complessi al fine di massimizzare il guadagno del circuito, consentendo un’elevata quantità di controreazione senza compromettere la stabilità dell’amplificatore.

Come ho già illustrato in un precedente articolo, è importante evitare sia un eccesso che una carenza di controreazione. Questa pratica non salutare di progettazione raggiunse il suo culmine con la diffusione dei primi apparecchi a transistor alla fine degli anni ’70 e durante gli anni ’80, un periodo comunemente definito il “periodo buio” dell’alta fedeltà.

Questi apparecchi d’epoca godono di una vasta schiera di estimatori: alcuni sono semplici collezionisti, mentre altri apprezzano il loro suono. Anche se, personalmente, ritengo che non producano un suono di alta qualità, è innegabilmente una questione di preferenze personali. Forse alcune persone si accontentano di ciò che hanno, o forse non hanno accesso a riferimenti migliori. Altrimenti, potrebbe essere semplicemente una questione di gusti individuali.

Questo approccio alla progettazione ha generato in passato situazioni in cui gruppi di persone si scontravano per visioni opposte sulla progettazione audio, dando origine ai noti “Ascoltoni” e “Misuroni”. Gli ascoltoni si affidavano esclusivamente all’udito e spesso non riuscivano a creare dispositivi di alta qualità poiché mancavano delle competenze necessarie per utilizzare strumenti di misura e comprendere come raggiungere risultati specifici. I progettisti ascoltoni tendevano a montare circuiti in modo casuale o basandosi su preconcetti e leggende, ottenendo risultati spesso semicasuali e raramente di buona qualità. D’altra parte, i “misuroni” progettavano seguendo criteri tecnici dell’era buia, cercando di soddisfare gli strumenti di misura, anche se, come gli ascoltoni, non sempre raggiungevano risultati soddisfacenti.

Gli ascoltoni possono essere visti come il risultato di un gruppo di persone che hanno cercato di allontanarsi dal modo di progettare predominante dell’epoca buia. È interessante notare come gli esseri umani, quando si sentono stanchi o frustrati da un determinato approccio, tendano a reagire spingendosi verso l’estremo opposto. Tuttavia, è importante ricordare che gli estremi raramente rappresentano la scelta migliore. La ricerca di una posizione ideologica intermedia è spesso complessa e difficile da adottare, poiché coloro che tentano di farlo sono frequentemente fraintesi o attaccati da entrambe le fazioni opposte. In effetti, sembra che il fenomeno degli “ascoltoni” e dei “misuroni” sia più legato a questioni ideologiche umane piuttosto che a problemi tecnici. Si tratta di una manifestazione delle peculiarità della psicologia umana, dove le persone tendono a estremizzare le proprie posizioni in risposta a situazioni complesse o frustranti anziché cercare soluzioni equilibrate.

Questo comportamento umano può essere spiegato attraverso diversi concetti psicologici e sociologici conosciuti e studiati.

  1. Reazione all’affaticamento: Quando le persone si trovano stanche o sopraffatte da una situazione, tendono a cercare una via d’uscita che sembri più semplice o più attraente. Spesso questo porta a un cambiamento radicale o estremo nella loro posizione o comportamento, in un tentativo di trovare sollievo o risolvere il problema.
  2. Tendenza all’estremismo: L’estremismo offre una sensazione di chiarezza e certezza che può essere allettante, specialmente in momenti di incertezza o confusione. Le persone possono essere attratte dall’idea di avere risposte semplici e decise a questioni complesse o problematiche.
  3. Cercare un senso di identità: Adottare posizioni estreme può anche essere una forma di identificazione sociale. Le persone si associano a gruppi o movimenti che condividono le loro convinzioni estreme, fornendo loro un senso di appartenenza e identità.
  4. Bisogno di differenziarsi: In alcuni casi, le persone adottano posizioni estreme per distinguersi dagli altri o per attirare l’attenzione su di sé. Questo può essere motivato da un desiderio di sentirsi unici o speciali.
  5. Conflitto tra ideali e realtà: Trovare una posizione ideologica intermedia richiede spesso la capacità di gestire la complessità e le sfumature delle questioni. Molte persone possono lottare con questa sfida e possono preferire adottare posizioni estreme per evitare il disagio associato al confronto di opinioni contrastanti o alla gestione di ambiguità.

In breve, il comportamento umano di tendere agli estremi può essere il risultato di una combinazione di fattori psicologici, sociali e culturali che influenzano il modo in cui le persone affrontano le sfide e le situazioni complesse nella loro vita.

Quindi, desidero mettervi in guardia riguardo a coloro che ancora oggi prendono in esame questi vecchi amplificatori vintage esageratamente controretroazionati, al fine di farvi credere che qualsiasi apparecchio o trasformatore che mostri ottimi risultati strumentali suoni male. Come ho già spiegato in precedenza in questo articolo, non è sufficiente concentrarsi solo sulle misurazioni strumentali; è altrettanto importante considerare il processo utilizzato per ottenerle e sottoporre l’amplificatore a una prova di ascolto. Un amplificatore valvolare può presentare una risposta in frequenza piatta sia perché è stato utilizzata un’elevata controreazione, sia perché semplicemente è stato impiegato un trasformatore di alta qualità che svolge il proprio lavoro senza bisogno di essere eccessivamente forzato oltre le sue possibilità.

Chi afferma che un apparecchio suoni meglio solo perché mostra una risposta in frequenza a “forma a dosso” è semplicemente una persona che predilige un’elevazione delle frequenze medie con meno bassi e meno alti. Tuttavia, non può assumere che le sue preferenze siano condivise da tutti gli altri. Inoltre, se dispongo di un apparecchio con una risposta in frequenza lineare e mi infastidiscono gli acuti in una particolare registrazione, posso sempre optare per l’equalizzazione o l’uso di un filtro audio per attenuarli. Al contrario, se il mio apparecchio già attenua le alte frequenze e mi trovo anche con una registrazione carente in alto potrei ritrovarmi in una situazione difficile da risolvere.

Chi vi avverte che molti vecchi amplificatori vintage, se ascoltati oggi, potrebbero non soddisfare completamente le aspettative, potrebbe, in parte, esprimere semplicemente il proprio gusto personale ma in parte potrebbe anche avere ragione. Tuttavia, se queste osservazioni si estendessero a generalizzazioni del tipo che qualsiasi apparecchio dotato di ottime caratteristiche strumentali non suoni bene, allora si tratterebbe di un’estremizzazione eccessiva, quasi religiosa, che sarebbe meglio evitare. Certamente, esistono ancora oggi prodotti progettati e commercializzati seguendo il criterio dell’era buia, come ad esempio amplificatori con un fattore di smorzamento di 10.000. Tuttavia, non è corretto generalizzare in modo così ampio.

Chi adotta questo comportamento cerca di manipolare psicologicamente gli altri, spingendoli verso il proprio estremismo. Potrebbe anche cercare di nascondere le imperfezioni dei suoi apparecchi, comportandosi come la volpe con l’uva. Descrive le caratteristiche strumentali richieste come “di un certo tipo”, ma ciò implica praticamente che l’amplificatore debba distorcere. Tuttavia, se esprimesse questa realtà in modo così diretto, potrebbe risultare poco allettante per il lettore, anche se corrisponde alla verità.

In conclusione, raccomando di ascoltare attentamente gli apparecchi e confrontarli con altri, evitando di prendere in considerazione affermazioni generiche del tipo ‘questo suona, questo no’. La valutazione autentica si fonda sull’esperienza personale e sul confronto diretto, piuttosto che affidarsi a opinioni di presunti esperti.

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2 Responses to Che misure deve avere un’amplificatore per suonare bene ?

  • in teoria tutto può essere o non essere, non c’è una regola, è come fare un minestrone con tanti ingredienti. Innanzi tutto la credenza che i single ended distorcano solo con le pari e i pushpull solo di dispari è una freganccia grande come giove, ti basta fare un giro tra tutte le varie riparazioni del mio sito di cui ho pubblicato gli spettri armonici catturati per vedere che non c’è una regola, perchè i circuiti sono complessi e i fenomeni che avvengono al loro interno complicano le cose. Quindi non puoi definire un suono di un circuito e quello di un’altro.

  • Articolo molto interessante!
    Avendo progettato ed ascoltato molti valvolare in configurazione push-pull e single ended, puoi dirci se esiste una qualche differenza caratteristica, a livello di ascolto, tra le due soluzioni?

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