Come costruire un variac “Evoluto” per il laboratorio

Cos’è un variac ?

Il variac, conosciuto anche come autotrasformatore variabile, è un dispositivo elettrico utilizzato per regolare la tensione alternata in uscita in modo continuo e controllato. La sua costruzione si basa su un singolo avvolgimento avvolto attorno a un nucleo toroidale di materiale ferromagnetico. La regolazione della tensione in uscita avviene mediante un cursore o un anello scorrevole collegato all’avvolgimento. Muovendo il cursore lungo l’avvolgimento, è possibile variare il rapporto di trasformazione, ovvero la proporzione tra la tensione in ingresso e la tensione in uscita. Quando il cursore è posizionato in una determinata posizione sull’avvolgimento, la tensione in uscita corrisponde a una frazione della tensione in ingresso. Durante il funzionamento, quando la tensione in ingresso cambia, il campo magnetico generato attorno all’avvolgimento varia di conseguenza, influenzando la tensione indotta nell’avvolgimento stesso. Questo permette di regolare con precisione la tensione in uscita, che può essere utilizzata per alimentare dispositivi elettronici, circuiti di prova o apparecchi dal funzionamento ignoto.

Differenze rispetto un reostato e un dimmer

Il Variac è un autotrasformatore con una presa intermedia regolabile, che consente di variare in modo continuo la tensione in uscita da zero fino al valore massimo. È un dispositivo reattivo, il che significa che non dissipa potenza (a parte le perdite del nucleo ovviamente).

Il Reostato è un componente resistivo con una resistenza variabile, spesso costituita da un filo avvolto attorno a un nucleo isolante, e un cursore che regola la lunghezza del tratto di resistenza attraverso cui passa la corrente. Poiché il reostato è una resistenza variabile, dissipa potenza sotto forma di calore. La tensione in uscita dal reostato dipende dal carico e dalla corrente che attraversa il circuito.

Il Dimmer, noto anche come regolatore di intensità luminosa, è un dispositivo utilizzato per controllare la potenza erogata a carichi resistivi come lampade. I dimmer moderni sono spesso realizzati come elementi switching, che interrompono periodicamente l’onda sinusoidale della corrente alternata. Questo processo, chiamato parzializzazione dell’onda, consente di variare l’intensità luminosa delle lampade. Tuttavia, poiché i dimmer introducono interruzioni nella forma d’onda, possono generare disturbi e distorsioni nell’onda stessa, portando a problemi come la generazione di possibili interferenze elettromagnetiche.

In sintesi, il Variac offre un controllo preciso e senza dissipazione di potenza sulla tensione in uscita, il Reostato regola la corrente attraverso una resistenza e dissipa potenza, mentre il Dimmer controlla l’intensità luminosa attraverso la parzializzazione dell’onda, ma può introdurre disturbi e distorsioni.

Qual’è l’utilità del variac in un laboratorio anche solo per uso hobbystico?

L’uso di un variac in laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati rappresenta un approccio prudente e professionale che può contribuire a ridurre il rischio di danni ulteriori. Ecco come un variac può essere usato in modo proficuo in questo scenario:

Graduale Aumento della Tensione: Un variac consente di fornire una tensione iniziale molto bassa e quindi aumentarla gradualmente, permettendo ai dispositivi di “svegliarsi” progressivamente. Questo è particolarmente utile per dispositivi che potrebbero contenere condensatori o componenti sensibili all’avvio repentino a tensioni più elevate. L’aumento graduale della tensione aiuta a prevenire picchi di corrente eccessivi che potrebbero danneggiare componenti interni invecchiati.

Rilevamento di Problemi Latenti: Nel caso in cui il dispositivo abbia guasti residui o problemi nascosti, l’uso di un variac consente agli operatori di osservare eventuali segni di malfunzionamenti durante la fase di aumento della tensione. Questo può includere il riscaldamento anomalo di componenti, fumo, scintille o altre anomalie visibili o udibili. In questo modo, è possibile intervenire immediatamente prima che il guasto si aggravi, consentendo una diagnosi e una riparazione più precise.

Valutazione della Stabilità: Dopo una riparazione o manutenzione, è importante valutare la stabilità e il funzionamento generale del dispositivo. Utilizzando un variac, è possibile testare gradualmente diverse gamme di tensione e valutare come il dispositivo risponde e si comporta a varie condizioni. Ciò aiuta a identificare eventuali problemi residui o debolezze nel circuito.

Minimizzazione dei Rischi: L’uso di un variac riduce notevolmente il rischio di danni involontari ai dispositivi riparati o appena assemblati. Se si verificasse una situazione di guasto o cortocircuito, l’operatore può interrompere rapidamente l’alimentazione abbassando la tensione con il variac, riducendo al minimo il danno potenziale.

In definitiva, l’utilizzo di un variac in un laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati offre un approccio cauto ed efficace per valutare e testare il funzionamento dei dispositivi in modo sicuro e controllato. Rappresenta una pratica consigliata per gli operatori che cercano di identificare problemi e garantire un’esecuzione affidabile dei dispositivi dopo le riparazioni o la manutenzione.

Sicurezza del variac

Un aspetto fondamentale da considerare è che, come gli altri autotrasformatori, il variac non fornisce alcun isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario. Pertanto, è essenziale procedere con cautela durante l’utilizzo di questo dispositivo. Un’attenta gestione è necessaria per garantire sia la sicurezza degli operatori che la corretta integrità dei circuiti collegati. Nel caso in cui sia necessario ottenere l’isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario, è possibile aggiungere un trasformatore di isolamento prima o dopo il variac. Questo componente fornirà un livello aggiuntivo di protezione e sicurezza.

Costruzione di un variac evoluto partendo da un variac di base acquistato online

È possibile acquistare questi variac con una potenza di circa 2000 watt su piattaforme come Amazon, eBay e altri siti specializzati in elettronica a cifre convenienti, generalmente intorno ai 50€. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere: perché queste opzioni potrebbero non essere sufficienti?

Questo articolo esplora il processo di trasformazione di un variac commerciale di base in una potente e sicura fonte di alimentazione controllata per il laboratorio. Partendo da un variac preesistente, caratterizzato solamente da un voltmetro sulla parte frontale e morsetti a banana per il collegamento alla rete elettrica a 230V e all’uscita.

Vediamo il mio schema:

L’approvvigionamento della tensione di rete è soggetto a protezione mediante un magnetotermico da 16A, che opera sia come interruttore principale che come baluardo di sicurezza in caso di un improbabile ma potenzialmente grave cortocircuito dell’apparecchio. A ulteriore garanzia, una spia luminosa segnala l’attivazione dell’alimentazione. Successivamente, si colloca il variac, il fulcro del sistema. Immediatamente dopo il variac è stato inserito un ulteriore magnetotermico da 4A, il quale ha la responsabilità di difendere il variac da eventuali sovraccarichi che oltrepassino i 6A di carico massimo.

Perchè per proteggere a 6A ho messo un magnetotermico da 4A? È fondamentale comprendere che i magnetotermici possano talvolta risultare poco sensibili e reattivi a situazioni di emergenza. Inizialmente, ho scelto un magnetotermico da 6A, ma in un test con una stufetta, è emerso che tale componente non interveniva nemmeno con un carico di circa 7A. Questo è dovuto in parte alle tolleranze significative nelle correnti nominali e alla necessità di un certo intervallo di tempo per il riscaldamento dell’elemento che scatena il meccanismo di protezione. Questo ritardo potrebbe durare persino diversi minuti, durante i quali un dispositivo in fase di test che avesse guasti non particolarmente critici avrebbe la possibilità di incorrere in rischi potenziali di surriscaldamento o incendio.

Dopo varie prove, ho concluso che l’efficacia di un magnetotermico da 4A era più adeguata alla situazione. Nel corso di un test, in cui il carico è stato gradualmente portato a circa 6A, è stato dimostrato che questo componente attiva la protezione in appena 30 secondi, come evidenziato nel video allegato. Questa serie di misure di protezione e la successiva sperimentazione con il magnetotermico da 4A hanno contribuito a stabilire un ambiente sicuro ed efficiente per il funzionamento del variac e dei dispositivi a esso collegati. Tale approccio accurato e ben ponderato rappresenta un elemento cruciale per garantire la massima sicurezza e affidabilità nei test di laboratorio.

Subito dopo il magnetotermico da 6A è stato implementato un sistema di protezione ulteriore, costituito da un fusibile. Questo dispositivo è stato introdotto con l’obiettivo di garantire la salvaguardia dei carichi minori, come nel caso di apparecchiature vintage a basso consumo, ad esempio una radio d’epoca che, con i suoi modesti 40 watt di potenza, potrebbe non scatenare la risposta del magnetotermico da 6A nemmeno in presenza di un corto circuito sul suo trasformatore di alimentazione.

Nel vano fusibile potranno essere alloggiati fusibili con diversi amperaggi di potezione, a seconda delle specifiche esigenze di collegamento. Questa flessibilità permette di adattare la protezione in base al carico effettivo. Mentre quando si collega un carico più imponente, come un potente amplificatore, è possibile bypassare il fusibile tramite un interruttore collocato in parallelo. In questa configurazione, il magnetotermico da 6A continua a operare come livello primario di protezione.

Ulteriormente, è stata aggiunta una spia luminosa in parallelo al fusibile. L’illuminazione della spia indica chiaramente se il fusibile è bruciato. Ho inserito anche un’interruttore per scollegare la messa a terra che va alla prese sul frontale del variac. Scollegare la terra dell’apparecchio sotto test a volte è necessario per effettuare certe misurazioni con l’oscilloscopio in particolari condizioni o su particolari apparecchi.

Nell’immagine qui sotto potete vedere i frutti DIN che ho utilizzato, non li ho trovati tutti della stessa serie quindi ho mescolato frutti di marche diverse, ma a parte l’aspetto estetico funzionano poi prefettamente.

Inizialmente, avevo considerato l’uso di un contenitore metallico, ma la ricerca di un’opzione con le dimensioni esatte necessarie si è rivelata infruttuosa. Era fondamentale per me trovare un contenitore che si integrasse con il mio banco di lavoro, e questo mi ha portato alla scelta del legno come materiale perchè potevo costruirlo delle dimensioni esatte di cui avevo necessità. Nonostante le limitazioni, ho ritenuto che il legno fosse una soluzione adeguata per le mie esigenze. Tuttavia, è importante sottolineare che chiunque desideri riprodurre il mio progetto dovrebbe optare preferibilmente per un contenitore metallico (e collegarlo a terra ovviamente!).

Nella rappresentazione schematica, ho incluso un amperometro e un voltmetro di tipo analogico a lancetta. Tuttavia, nella mia effettiva realizzazione pratica, ho scelto di impiegare uno strumento Vemer volmetro/amperometro da pannello, poiché la mia priorità era garantire la massima precisione nella visualizzazione della corrente, persino in incrementi di 10mA. L’utilizzo dello strumento EV2M-R di Vemer ha dimostrato di essere particolarmente vantaggioso in questo contesto. Questo strumento vanta una precisione notevole ed è alimentato separatamente, a differenza di altre opzioni più economiche reperibili sul mercato. Grazie a questa caratteristica, la sua misurazione è avviata da 0 volt in avanti, fornendo una rilevazione accurata e affidabile in un’ampia gamma di valori.

L’alimentazione del Vemer EV2M-R è prelevata dalla fonte elettrica a monte del variac, subito dopo il magnetotermico da 16A. Per quanto riguarda la corretta connessione dello strumento, che deve essere interposto tra l’uscita del fusibile e le prese a pannello, è consigliato fare riferimento al datasheet fornito dal produttore. Questo documento dettagliato offre le indicazioni specifiche necessarie per garantire un collegamento corretto e sicuro, assicurando il funzionamento ottimale dello strumento nel contesto del progetto. 

Piccola dimostrazione con una lampadina

Se volete leggere altro riguardo i variac potete visitare la pagina https://www.audiovalvole.it/variac.html

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Il Triodino 2 “Rework” – v2.1 – Perchè non dovete costruire l’originale…

Considerazioni importanti sulla valvola 5998A e altre valvole regolatrici

La valvola 5998A è progettata principalmente per fungere da valvola di uscita a inseguitore catodico in applicazioni come regolatore di tensione in serie. La sua caratteristica più significativa è il suo valore eccezionalmente basso di resistenza interna (Ri), nominalmente di 350 ohm, che consente alla valvola di fornire fino a 250 mA con una caduta di tensione anodo-catodo inferiore a 50V. È importante sottolineare che queste specifiche di funzionamento si applicano a ciascuna metà della valvola. La valvola 5998A non è stata originariamente progettata per essere utilizzata in applicazioni audio. Come già detto in origine, è stata creata per essere impiegata come regolatore di tensione in alimentatori stabilizzati. Quando utilizzata in applicazioni audio, la valvola può presentare problemi che non erano rilevanti nel suo utilizzo originale.

Una delle principali sfide nell’utilizzo della valvola 5998A in applicazioni audio riguarda l’instabilità del bias. Nel corso del tempo (minuti, ore), il bias può variare significativamente, causando problemi di polarizzazione, linearità e sovraccarico delle alimentazioni, soprattutto se i circuiti di bias non vengono implementati correttamente. Gli audiofili che desiderano utilizzare questa valvola per scopi audio devono prestare particolare attenzione a questi aspetti e adottare misure appropriate per affrontarli.

La sua costruzione presenta una forma particolare per garantire che i fili della griglia rimangano sufficientemente raffreddati per prevenire l’emissione di elettroni, anche verso la fine della vita della valvola, quando materiale attivo dalla superficie del catodo potrebbe essersi depositato sulla griglia. La valvola 5998A ha una struttura che comprende un catodo piatto, una griglia di controllo avvolta tra aste scanalate e un’anodo diviso in due sezioni a forma di “U” piatte, una su ciascun lato del catodo.

Gli elettrodi al suo interno sono vicinissimi e proprio per questa estrema vicinanza essa è soggetta a derive importanti del bias dovuta alla deformazioni meccaniche degli stessi elettrodi quando questi variano di temperatura, sempre a causa della vicinanza tra gli elettrodi bisogna stare molto attenti a non oltrepassare le tensioni massime ammesse per non rischiare che avvengano scariche interne, che potrebbero anche distruggere la valvola o guastare l’amplificatore su cui sono montate.

Pertanto, sebbene la valvola 5998A possa essere utilizzata in applicazioni audio, gli audiofili devono essere consapevoli delle sue peculiarità e delle sfide associate al suo utilizzo, ossia la corretta implementazione del bias.

È importante sottolineare che le considerazioni e gli avvertimenti riguardanti l’instabilità delle caratteristiche si applicano a tutte le valvole regolatrici, comprese le 6AS7, le 6080, le 6336 e le 6C33. Queste valvole condividono la tendenza a presentare una forte instabilità delle caratteristiche di placca durante il riscaldamento e di avere derive molto grandi e che si compiono in lunghi tempi di riscaldamento. Questa instabilità non era un problema nel loro utilizzo originale, queste valvole operavano all’interno di circuiti con una retroazione molto forte che compensava efficacemente le derive. Tuttavia, quando vengono utilizzate in applicazioni audio questa instabilità può diventare un problema significativo. È importante comprendere le peculiarità di queste valvole e adottare le misure appropriate per garantire un funzionamento stabile e affidabile nel contesto audio.

Analisi dei difetti nel progetto Triodino 2

Nel mondo dell’autocostruzione audio a valvole, mi ritrovo ancora una volta a evidenziare inconvenienti. Non posso fare a meno di notare che ci sono numerosi schemi e progetti che circolano da oltre 25 anni, pieni di errori, senza che nessuno si sia mai accorto o abbia avuto la volontà di correggerli. Sembrerebbe che l’unico criterio di giudizio sia che l’apparato “suoni”, senza prestare attenzione a una progettazione accurata come la ritengo necessaria. Questo articolo nasce dalla richiesta di “P.C.” di un set di trasformatori per realizzare un progetto trovato su una vecchia rivista, chiamato Triodino 2 con la valvola 5998A. Di seguito, allego lo schema che mi è stato inviato:

Ormai ho imparato a non fidarmi ciecamente degli schemi provenienti da internet, riviste e libri scritti da vari “guru”. Appena ho dato un’occhiata a quei 350 volt, mi è subito venuto il sospetto. Ho consultato il datasheet della valvola 5998A e ho scoperto che è essenzialmente una versione leggermente potenziata della 6AS7 o 6080, differendo solo per la massima dissipazione di potenza, che è di 15 watt per la placca rispetto ai 13 watt della 6AS7 e della 6080 e ha un mu superiore. Per il resto, le tre valvole sono praticamente identiche.

Facendo alcuni calcoli semplici, ho notato che la resistenza di catodo indicata è di 1k e viene specificato un voltaggio di 53 volt. Applicando la legge di Ohm (I = V/R), la corrente che scorre attraverso la resistenza di catodo è di 53 mA. Se sulla placca sono presenti 350 volt, sottraendo i 53 volt che cadono sulla resistenza, sulla valvola rimangono 350 – 53 = 297 volt. Pertanto, la potenza dissipata è di 297 * 0,053 = 15,74 watt, già leggermente oltre il limite massimo di dissipazione consentito per la 5998A. Il secondo problema sono quei 297 volt che cadono sulla 5998A…

Ora, diamo un’occhiata ad un estratto del datasheet della 5998A…

Il sottotitolo della sezione recita “Valori ASSOLUTI” e poco più avanti si legge “Tensione di placca continua = 275V”, che indica la massima tensione fissa che la valvola può tollerare in modo sicuro. Tuttavia, in questo progetto, si applicano 297V, superando il valore massimo specificato. È importante sottolineare che è sottointeso e buona pratica far funzionare una valvola SOTTO i suoi valori massimi. Nel caso di valvole regolatrici di tensione come questa, è particolarmente importante rispettare i valori massimi di tensione di placca, poiché la loro costruzione interna prevede distanze ridotte tra i vari elettrodi (catodo, griglia, placca come si vede nella foto poco sopra) per ottenere resistenze interne molto basse. Di conseguenza, l’isolamento tra questi elementi si riduce drasticamente. Inoltre, è necessario considerare le dilatazioni termiche dei metalli. Superare questi limiti significa mettere a rischio la valvola con il pericolo di scariche interne. Le voci di coloro che affermano di averlo fatto senza problemi sono irrilevanti. I datasheet sono considerati come una guida affidabile, chi nel passato ha progettato la valvola sapeva quello che faceva più di quelli che fanno chiacchere da bar.

Inoltre, ho effettuato una simulazione del circuito in questione per verificare i dubbi riguardo all’impedenza corretta del trasformatore (2500 ohm). Lo screenshot che segue mostra chiaramente la presenza di distorsione armonica, senza necessità di analisi spettrale. È evidente anche una forte compressione nella semionda di salita, causata dalla bassa resistenza di ancoraggio della griglia finale (100k, troppo bassa), che sovraccarica il triodo pilota dell’ECC81.

Nel contesto di questo progetto, i famosi “8 Watt Sopraffini” si sono distinti, ma in realtà, non sono nemmeno 7 watt RMS pieni prima che si verifichi il clipping. Questa valutazione è basata su simulazioni, ma nella realtà potrebbero essere raggiunti solamente 3 o 4 watt effettivi RMS. Ho sollevato questi dubbi a “P.C.” (forse sono stato il primo ad avere il coraggio di farlo in 25 anni? O forse semplicemente sono l’unico a essermene accorto?), e mi ha confessato che anche lui aveva qualche sospetto in merito, ma non osava dire nulla poiché è solo un appassionato. Tuttavia, mi ha informato dell’esistenza di uno schema modificato, sempre pubblicato dagli stessi autori, che rappresenta un ritorno sui loro passi. Di seguito, puoi trovare lo schema modificato:

Probabilmente dopo un fuoco d’artificio, in questa variante, hanno cercato di correggere gli errori presenti nello schema precedente, abbassando la tensione che arriva alla valvola a 257 volt, finalmente rientrando nei limiti consentiti, con una dissipazione di 11 watt (un valore conservativo anche per una 6AS7/6080). Tuttavia, un errore persiste ancora nello schema: viene indicato di utilizzare la valvola raddrizzatrice 5U4 o, in alternativa, la GZ34. Tuttavia, queste due valvole raddrizzatrici presentano cadute di tensione diverse a causa delle loro diverse resistenze interne e limiti di corrente. Di fatto, se con una 5U4 si avrebbero 300 volt sulla placca della 5998, con una GZ34 si avrebbero 340 volt… e questa non è una differenza irrilevante! Una differenza irrilevante sarebbe stata se avessero indicato di sostituire la 5U4 con una 5X4 (sento già le voci di certi personaggi che iniziano a fare osservazioni sul fatto che la 5X4 era utilizzata nelle TV e nelle radio, non essendo considerata una valvola “audio” e così via… Ma la 5U4 e la 5X4 sono ESATTAMENTE la stessa valvola con connessioni sui pin dello zoccolo differenti. Punto, basta e finita la questione! Ne ho sentite abbastanza di queste inutili polemiche).

Tuttavia, l’uso della GZ34 richiede un trasformatore con una tensione più bassa o, almeno, un qualche accorgimento come una resistenza in serie alla valvola per smaltire l’eccesso di 40 volt. Ma niente, ancora una volta, si lasciano le cose al caso. Poi sui forum si legge di persone che parlano del diverso suono delle valvole raddrizzatrici, ma con schemi del genere, la differenza di suono deriva semplicemente dal fatto che cambia la tensione del circuito. Con 40 volt in più, sfido a dire che non ci sarà una distorsione minore e un po’ più di potenza, ma si spinge nuovamente la finale oltre le sue possibilità…

Continuando con le modifiche apportate al secondo schema del Triodino 2, è evidente che anche il trasformatore è stato modificato con un’impedenza di 3200 ohm, più adatta alla valvola utilizzata. Inoltre, è stata mantenuta una presa a 2500 ohm per coloro che desiderano ottenere una maggiore distorsione. È importante notare che l’aumento dell’impedenza riduce la distorsione ma comporta anche una diminuzione della potenza erogata, secondo quanto dichiarato dagli autori, che cala a 3,5 watt effettivi. A fini di completezza di questo articolo, desidero anche menzionare il progetto Lilliput, che è molto simile a quelli appena descritti. Di seguito, riporto velocemente lo schema del progetto Lilliput:

Nel progetto Lilliput, la tensione di placca della valvola 6080 è notevolmente ridotta, il che la fa funzionare in modo estremamente conservativo. La potenza resa supera di poco i 2 watt su un trasformatore con un’impedenza di 1400 ohm. Il tasso di distorsione riscontrato non differisce da quello mostrato nello screenshot di LTspice che ho condiviso in precedenza. Durante la nostra conversazione con “P.C.”, è emerso che era interessato anche alla possibilità di utilizzare entrambe le sezioni della valvola in parallelo per ottenere una maggiore potenza. Mi ha condiviso questa immagine JPEG, ottenuta attraverso una faticosa ricerca su Google, che mostra un grande sforzo progettuale:

In realtà, trasformare il Triodino 2 in una versione PSE richiede solo pochi accorgimenti per far lavorare al meglio i due triodi parallelati. E no, non si tratta semplicemente di mettere due resistenze di catodo con due condensatori separati per ogni triodo. Lo dico per smentire coloro che, passando su questa pagina e vedendo lo schema premium non leggibile, potrebbero pensare: “Chissà cosa nascondi, si capisce…”. Non è come pensi! Siccome alcune persone considerano le soluzioni banali, nonostante nessuno sia mai arrivato a scoprirle in trent’anni, ritengo giusto tenerle per me. Chiunque sia interessato può acquistare lo schema e i trasformatori.

La seconda cosa è che se un triodo funziona bene su un’impedenza di 3200 ohm, quando si mettono in parallelo due triodi, l’impedenza deve essere ridotta a 1600 ohm. La corrente raddoppia e l’impedenza si dimezza. Ovviamente, il trasformatore d’uscita deve essere calcolato per lavorare con quella corrente continua specifica e con una valvola che ha una resistenza interna dimezzata. Non come coloro che prendono un trasformatore X pensato per mezza 6080, poi parallellano la 6080, raddoppiano la corrente nel trasformatore e pensano che vada bene. In realtà, il trasformatore si satura e i bassi non escono come dovrebbero. Inoltre, bisogna considerare che l’assenza di feedback negativo può causare fastidi.

Ho ritoccato i valori di taglio della cella formata dal condensatore di disaccoppiamento e la resistenza di ancoraggio della finali per spingere meglio in basso il circuito, ho aggiunto qualche accorgimento sull’ingresso e sui catodi di entrambe le valvole. Il circuito usa una ECC81 come pilota della 5998A e il guadagno complessivo è tale per cui bastano 1,7Vpp in ingresso per portare la finale alla saturazione, essendo quindi bello sensibile come circuito e avendo sulla carta uno smorzamento di solo 2,9 (nella realtà sarà inferiore, stimo non superiore a 2) ho pensato bene di aggiungere una rete di controreazione disattivabile con un’interruttore. Ad anello aperto è praticamente il circuito originale solo PSE con poche marginali migliorie mentre con la controreazione attiva la sensibilità del circuito cala a 3Vpp per avere il pieno clipping della finali, lo smorzamento aumenta considerevolmente ad un tasso che nel reale dovrebbe quanto meno raggiungere un fattore di 5. La potenza raggiungibile in questa configurazione nella simulazione raggiunge i 9,2 watt prima del clipping nel mondo reale potrebbero essere 7 massimo 8Watt RMS prima del clipping, questa volta veri e non numeri gettati a caso come fanno praticamente tutti tranne me.

Ho ricalcolato il trasformatore di alimentazione e lo stadio con la raddrizzatrice e la cella CLC, ci sono stato dentro con una 5U4GB o una 5X4G. La GZ34 non è contemplata. Per me le cose devono essere precise.

Ecco lo schema premium

Ecco qui, dopo circa 2 anni, le prime foto del montaggio di Cesare

Problemi a non finire !

Ammetto di non sapere tutto; per imparare certe cose, è necessario sperimentarle. Il cliente che doveva realizzare questo progetto continuava a riscontrare problemi di funzionamento. Nonostante l’amplificatore “suonasse bene” (secondo lui), essendo un lettore del mio sito, si sentiva spinto a misurare e verificare diverse cose. Alcune di queste misurazioni non tornavano e mi rivolgeva domande. Alla fine, i problemi rimanenti, con il senno di poi, sembrano banali (anche se, come vedremo, non sono trascurabili), ma risolverli non è stato un compito semplice.

E ancora una volta, mi viene in mente quanta gente, nel corso di 25/30 anni, abbia assemblato questo progetto senza mai accorgersi di nulla. In pratica, il costruttore medio si limita ad accendere l’apparecchio e a essere soddisfatto finché non prende fuoco o non emette rumori strani. Non si preoccupa di indagare, misurare o verificare se l’apparecchio funziona davvero al meglio delle sue possibilità. Tutto ciò è triste.

Il cliente lamentava diversi problemi con il suo montaggio, tra cui la presenza di distorsione alle basse frequenze proveniente dal trasformatore d’uscita. Inoltre, la tensione sulla resistenza di catodo delle 5998A non era quella corretta e vi erano significative differenze nelle tensioni di bias tra i triodi delle due sezioni. Queste differenze variavano considerevolmente nel corso del tempo, dopo 30 minuti, un’ora o due ore, con variazioni enormi che non potevano essere ignorate per la salute dei trasformatori d’uscita, della valvola raddrizzatrice e delle stesse 5998A. È importante sottolineare che, sulla carta, il bias avrebbe dovuto essere di circa 50mA per ogni triodo, ma in realtà poteva variare fino a 200mA per triodo. Era una situazione ingestibile, così come il calore generato dalle resistenze di bias. Inevitabilmente, il trasformatore d’uscita presentava problemi di saturazione a causa della corrente che superava di gran lunga i 110mA per cui era stato progettato, arrivando quasi a 300mA in certi momenti.

Ho dovuto intervenire in aiuto a “P.C.”. Nonostante abbia provato diverse coppie di valvole, NOS a pure costose, vendute come “match”, la situazione non migliorava. La polarizzazione in self bias non era praticabile, così come quella a bias fisso, poiché in entrambi i casi si sarebbe dovuto regolare il bias ogni 5 minuti, il che era inaccettabile. L’unica soluzione era adottare un circuito di servobias, che consiste in un circuito attivo che utilizza un opamp configurato come comparatore. Questo circuito rileva la tensione su una piccola resistenza in serie al catodo di ogni triodo e si occupa di regolare la tensione negativa di griglia, garantendo che il bias di ciascuno dei 4 triodi sia sempre mantenuto allo stesso valore desiderato.

Sorgeva però un altro problema: se avessi voluto polarizzare le 5998A a bias fisso, avrei dovuto eliminare la resistenza sotto al catodo, dove cadevano circa 100 volt. Ciò avrebbe comportato una differenza di potenziale troppo elevata tra il catodo e l’anodo della 5998A. Era assurdo dover scartare il trasformatore di alimentazione solo perché forniva troppa tensione. Ho quindi pensato di adottare un’alternativa: un’ alimentazione a ingresso induttivo con una cella LCLC (questo farà sicuramente sbavare alcuni audiofili). L’ingresso induttivo avrebbe permesso di non moltiplicare per 1,41 la tensione raddrizzata, consentendo di ottenere una tensione anodica filtrata più bassa senza dover sostituire il trasformatore di alimentazione. Tutto ciò di cui avevo bisogno era mettere a punto un’induttanza apposita per questo scopo. È importante notare che le induttanze per l’ingresso induttivo devono essere costruite in modo diverso rispetto a quelle tradizionali di livellamento, per evitare vibrazioni e rumori nell’alimentazione. Nella foto sottostante stavo sperimentando l’induttanza di ingresso induttivo e sono riuscito ad ottenere un ottimo risultato al secondo tentativo.

Quindi, dopo aver implementato il servobias e creato un’induttanza di ingresso, i problemi di questo circuito iniziarono a diminuire gradualmente. Tuttavia, l’ultima sfida che mi si presentò fu un’auto-oscillazione RF intorno ai 3 MHz generata dalle finali. Inizialmente, pensai che potesse essere dovuta a un’instabilità nel circuito di controreazione, nonostante fosse presente solo in minima parte. Tuttavia, anche dopo aver scollegato completamente l’ECC81 dallo zoccolo, l’oscillazione persisteva. In pratica, le 5998A oscillavano spontaneamente da sole! Richiamando alla memoria esperienze passate, sapevo che il collegamento in parallelo delle valvole spesso portava a problemi di stabilità. Ricordai di aver visto negli schemi di alcuni alimentatori Geloso o HP (non ricordo di preciso), che utilizzavano le 6AS7 o le 6080, dove non collegavano direttamente i due anodi, ma inserivano due resistenze in serie da 10/15 ohm, come mostrato qui di seguito:

Fatto sta che messe 2 resistenze da 10ohm tra i 2 anodi e il primario del trasformatore d’uscita l’oscillazione si è immediatamente arrestata!

A circuito finalmente stabile ho provveduto a cambiare le resistenze di ancoraggio delle griglie delle finali dal valore del progetto originale (troppo piccole che sovraccaricavano il driver) con altre da 390k riuscendo finalmente anche a pilotare decentemente queste benedette 5998A.

Tutti i problemi che sono sorti sono dovuti al desiderio di apportare il minor numero di modifiche possibile al progetto originale, ma alla fine è rimasto ben poco di esso, se non l’idea di base e il set di valvole. Inoltre, la povera ECC81 riesce a pilotare la 5998A, ma fatica a farlo con una 6AS7 se sostituita nello zoccolo. Le 6AS7/6080 offrono un guadagno inferiore e la ECC81 raggiunge i suoi limiti, non riuscendo a fornire una maggiore potenza. Forse con un solo triodo, o con due triodi in parallelo, potrebbe essere diverso, ma non ne sono sicuro. In ogni caso, ci sono persone che lodano il Triodino 2, ma hanno valvole che driftano nel bias e trasformatori che si saturano di corrente continua. Alcuni hanno apportato modifiche per ottenere una configurazione PSE, e inconsapevolmente fanno ascoltare Rebecca Pidgeon agli abitanti dello Zimbabwe, dove ancora si utilizzano ricevitori a onde tropicali in modulazione di ampiezza. Poi ci sono coloro che leggono e si infuriano perché secondo loro il suono è buono (ma non hanno mai verificato se funziona perfettamente, perché potrebbe suonare ancora meglio). Ci saranno quelli che hanno avuto la fortuna di trovare valvole eccezionalmente ben fatte e non hanno avuto problemi, ma arriverà il giorno in cui dovranno sostituirle. Altri diranno che le valvole devono essere selezionate e quelle di qualità inferiore scartate, ma vorrei dire che questa è la natura di queste valvole e non possiamo scartare la maggior parte di esse considerandole difettose, tenendo solo quelle che miracolosamente funzionano come desideriamo. Non sono le valvole ad essere difettose, sono gli schemi a cui vengono applicate. Se queste valvole hanno una tale natura, è necessario implementare un circuito che ne tenga conto anziché gettarle via come se fossero difettose!

Nel video qui di seguito, mostro il funzionamento del servobias. Utilizzando un tester, misuro la tensione negativa di griglia dei quattro triodi. In quel momento, tutti e quattro i triodi erano perfettamente regolati a 55mA ciascuno, ma la tensione negativa alle quattro griglie non è uniforme, come si può vedere. Se fossimo stati lì ad osservare nel corso delle ore, avremmo notato che la tensione negativa fornita dal servobias alle valvole variava continuamente, mentre la corrente sotto i catodi rimaneva costante. Questa è la differenza tra utilizzare un servobias e un bias fisso tradizionale: con il servobias, puoi goderti la musica senza dover continuamente regolare un trimmer.

Ad ulteriore prova della problematicità di questo tipo di valvole potete leggere questo articolo dove un cliente ha voluto costruire un single ended con la 6C33 con bias fisso tradizionale (trimmer e strumentino a lancetta) non seguendo i miei consigli in merito e dopo pochi mesi mi ha chiesto come implementare un servobias perchè non ne poteva più di essere sempre li a ritoccare il trimmer per rimettere al suo posto il bias delle 6c33.

Mentre questo amplificatore da cuffie OTL con le 6080 con bias self è andato bene per un certo periodo poi a un bel giorno si brucia la resistenza di catodo di una delle 2 e scoppia il condensatore che c’era in parallelo, ma la valvola testata successivamente risultava ancora perfettamente funzionante.

Tra le cose che ho fatto ho aiutato anche “P.C.” ad avere un cabinet più bello, il primo che aveva fatto 2 anni fà era ormai stato demolito…

Puoi vedere altre decorazioni (e tante altre immagini che ho creato) accedendo alla mia galleria su deviantart…

Peccato solo quella vena nel legno 👿 

Ora un pò di misure; la potenza prima del clipping è circa 7,7watt, il fattore di smorzamento pari a un fattore 5.0. La banda passate 10Hz -0,4dB / 22khz -1dB.

E pensate che, nonostante il trasformatore d’uscita abbia solo circa 10Henry di induttanza primaria, si raggiunge ancora una risposta in frequenza di -0,4 dB a 10 Hz. In realtà, come ho spiegato in un altro articolo, l’induttanza primaria è correlata alla resistenza interna della valvola. È importante sottolineare questo punto perché ci sono persone che continuano a diffondere l’idea che i trasformatori debbano avere induttanze primarie astronomiche per funzionare correttamente, ma in realtà stanno fornendo informazioni errate che confondono le persone… Oltre a commercializzare trasformatori che spesso non corrispondono all’induttanza dichiarata, oppure hanno effettivamente tale induttanza ma saturano quando vengono attraversati dalla corrente continua delle valvole.

L’unica piccola pecca del mio trasformatore d’uscita sembra essere una microscopica risonaza che si vede anche a 4,185khz, veramente insignificante e da non escludere siano sempre le 5998 a farlo e non il trasformatore.

Vediamo la risposta sul carico reattivo…

THD a 1watt circa 1%

Le quadre a 100Hz – 1khz – 10khz

Nota finale: Desidero sottolineare che non intendo essere costantemente critico nei confronti dei progetti altrui. Tuttavia, quando mi viene richiesto di fornire trasformatori per il montaggio di progetti non miei, non posso evitare di far notare eventuali errori presenti (se ce ne sono) e suggerire soluzioni e miglioramenti. Questo perché, in casi come questi, gli errori negli schemi possono causare malfunzionamenti che il cliente potrebbe erroneamente attribuire tali problemi alla qualità dei miei trasformatori. La mia intenzione non è essere antipatico, ma piuttosto offrire un supporto completo affinché il progetto funzioni al meglio delle sue potenzialità.

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1 Responses to Il Triodino 2 “Rework” – v2.1 – Perchè non dovete costruire l’originale…

  • La genesi di questo amplificatore è stata meticolosamente descritta da Stefano ed è nata dal momento in cui mi sono rivolto a lui con la richiesta di avere il set dei trasformatori di uscita ed alimentazione per la sua costruzione. Fin da subito mi ha messo in guardia sui difetti presenti nello schema originale dimostrandosi molto preparato in materia fornendomi oltre hai trasformatori lo schema da lui adeguato per pilotare le 5998 o 6AS7 con i triodi in parallelo. Come ha evidenziato dopo la prima costruzione dell’amplificatore qualcosa ancora non tornava e l’ipotesi inziale pareva essere che il trasformatore di uscita andasse in saturazione per eccesso di corrente anodica rispetto a quella stimata e di conseguenza bisognava sistemarlo .Non essendo un tecnico esperto ho quindi spedito l’ampli a Stefano che grazie alla sua competenza e passione è riuscito a sistemarlo come ha descritto . Due mesetti fa sono stato da lui a ritirare l’ampli dove ho avuto modo di ascoltarlo. Indubbiamente questo nuovo amplificatore suona decisamente molto bene . Grazie Stefano. Paolo

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Trasformare un vecchio amplificatore a transistor in un versatile set di misurazione.

Nel mondo della tecnologia, l’avanzamento rapido e continuo porta spesso alla sostituzione di vecchi dispositivi con quelli più moderni e sofisticati. Spesso, questi vecchi dispositivi finiscono abbandonati in cantina o in un angolo polveroso, dimenticati e destinati a diventare solo un ricordo di un’epoca passata. Ma cosa succederebbe se potessimo dare nuova vita a questi oggetti dimenticati, riutilizzandoli in modo creativo e funzionale?

In questo articolo, esploreremo un modo intrigante per trasformare un vecchio amplificatore a transistor, che ormai non viene più utilizzato, in un elemento generatore di potenza con un nuovo scopo. Sfruttando le potenzialità di questo amplificatore rianimato e abbinandolo a un generatore di funzioni, un oscilloscopio o altri strumenti computerizzati più complessi, saremo in grado di tracciare la risposta in frequenza di traslatori di impedenza e filtri passivi, compresi i filtri di crossover.

Questa soluzione ci permetterà di ottenere risultati precisi e affidabili nella caratterizzazione e nell’analisi di tali dispositivi. Non solo daremo nuova vita a un vecchio amplificatore trascurato, ma utilizzeremo la sua potenza rinnovata per esplorare le complesse proprietà dei traslatori di impedenza e dei filtri, aprendo nuove prospettive per gli appassionati di elettronica e audiofili.

A novembre 2022 in aria pre netalizia scrivevo la prima versione di questo articolo che si intitolava “Come trasformare un’albero di natale in un set di misura per crossover e altro” e che oggi vado ad aggiornare.

Ci sono moltissimi di questi amplificatori a transistor degli anni ’90, spesso disponibili a prezzi molto convenienti su Internet e nei mercatini dell’usato. Personalmente, ho acquistato questo per 50€. Li definisco “Alberi di Natale” perché, come molte altre cose audio a basso costo dell’era moderna, vengono spesso esposti nei supermercati, dove la clientela tipica non è composta da audiofili. Questi amplificatori si basano principalmente sull’attrattiva per l’acquirente medio data dal numero di luci colorate che lampeggiano inutilmente su grandi display, attirando i clienti come falene. Per ciò che volevo realizzare, era perfetto: una macchinetta da battaglia che non mi importava di danneggiare o distruggere.

L’obiettivo principale è ottenere misure precise dei filtri crossover e dei traslatori di impedenza utilizzando un set di misura a banco. Per questo, è necessario non solo disporre degli strumenti di misura adeguati, ma anche di un amplificatore a stato solido in grado di fornire la potenza necessaria all’oggetto sotto test. La qualità sonora dell’amplificatore non è fondamentale, l’importante è che sia in grado di erogare una certa potenza.

La prima sfida da affrontare era disattivare tutti gli effetti psichedelici, le equalizzazioni e altre manipolazioni audio presenti nell’albero di Natale. A tal fine, ho adottato un approccio deciso. Seguendo lo schema elettrico, ho interrotto il percorso audio poco prima del driver, ovvero il chip finale responsabile della potenza dell’amplificatore. Questa modifica ha consentito di eliminare definitivamente tutti gli effetti indesiderati e garantire una riproduzione audio pulita e neutra per le misure.

Seguendo a ritroso le connessioni sono risalito allo stadio driver…

Ho proceduto scollegando le resistenze cerchiate da 3k3 sul lato dell’opamp. A partire da quel punto, ho collegato due fili che sono stati poi connessi a due connettori RCA di ingresso. Prima di effettuare tali collegamenti, ho isolato preventivamente gli ingressi dal resto del circuito. Questa configurazione mi ha permesso di disattivare completamente tutti gli ingressi e di bypassare ogni tipo di equalizzazione ed effetto psichedelico introdotto dall’apparecchio. In pratica, sono riuscito ad iniettare il mio segnale direttamente nello stadio di uscita dell’amplificatore, ottenendo così un percorso del segnale pulito e privo di distorsioni indesiderate.

Ora sono in grado di utilizzare i due canali in modo indipendente o di iniettare un segnale bilanciato anche a ponte. Tuttavia, per utilizzare l’amplificatore a ponte, dovrò effettuare ulteriori modifiche. Attualmente, se si collega un carico tra i due positivi, si possono verificare oscillazioni indesiderate. Pertanto, sarà necessario intervenire sulla rete di feedback negativo (NFB) per evitare questo problema.

Fatte queste modifiche ho misurato la risposta in frequenza del finale su un carico resistivo da 8ohm.

La risposta in basso me la aspettavo meglio in ogni modo l’andamento della risposta dell’amplificatore non modificherà i risultati delle misure e ora vi spiego perchè: Per l’acquisizione dei grafici di banda passante uso un’oscilloscopio digitale a 2 canali con generatore di funzioni digitale integrato (chiamato DDS). Durante la misura della banda passante il DDS emette uno sweep di frequenza la prima sonda va collegata all’ingresso dell’oggetto in misura, mentre la seconda sonda va collegata all’uscita dell’oggetto in misura, ipotizziamo che io debba misurare un trasformatore traslatore di impedenza (anche chiamato transmission line), la connessione sarà questa:

Da sinistra a destra: abbiamo il segnale di sweep generato dal DDS che entra nell’amplificatore che pompa potenza nel traslatore TR che a sua volta si interfaccia con un carico resistivo con il simbolo della resistenza. Le 2 sonde S1 e S2 sono collegate all’ingresso e all’uscita di TR, il grafico che risulterà sarà calcolato per differenza tra S1 e S1 e quindi risulterà la sola risposta in frequenza di TR e non avrà importanza quale sia la risposta in frequenza dell’amplificatore basta solo che questo dia fuori qualcosa. Al posto di TR ci potrebbe essere ad esempio un filtro di crossover di una cassa e con questo sistema potremo effettuare varie misure anche sui crossover.

Piccola aggiunta: Il morsetto negativo degli altoparlanti dell’Albero di Natale non appare direttamente collegato a massa secondo lo schema, si vedono delle resistenze anche se di piccolo valore, connettendo il DDS all’ingresso (massa verso massa) e la massa delle sonde al negativo dell’altoparlante si provocherebbe un cortocircuito. Tengo a precisare che Albero di Natale nasce senza messa a terra e questo è di aiuto. Per evitare di mandare in corto l’amplificatore attraverso l’anello che si formerebbe tra la massa del DSS e la massa delle sonde ho realizzato un piccolo isolatore galvanico da porre in mezzo tra DDS e Amplificatore.

Questo non è che altro che un trasformatore di isolamento audio con rapporto spire 1:1 da 600ohm primari e 600 secondari (oppure 300+300 secondari), avvolto in bifilare. Il secondario l’ho realizzato con presa centrale in modo da poterlo usare anche per generare un segnale bilanciato per far funzionare l’amplificatore a ponte (non appena avrò risolto il problema che innesca). La risposta in frequenza si estendeva fin’oltre i 300khz ho quindi aggiunto un condesatore da 4700pico in parallelo al secondario per tagliarlo un pò, vediamo la sua risposta in frequenza:

Chi fosse interessato a un’esemplare di questo trasformatore può chiedermelo. 

Vediamo ora il test di un traslatore di impedenza con questo set di misura

Mi è stato chiesto di prototipare dei traslatori di impedenza da 100Watt, 16ohm ingresso e 2ohm uscita per poter accoppiare dei subwoofer da 2ohm ad un’amplificatore a stato solido che vorrebbe vederne possibilmente 16 e non può pilotare un carico da 2ohm senza guastarsi. Ho avvolto il campione e l’ho testato con il set di misura appena presentato.

E questa è al risposta in frequenza del traslatore…

Quadra a 1khz

Il set di misura funziona perfettamente, spero quindi di aver dato qualche idea di riclico a qualche lettore che potrebbe avere in cantina uno di questi vecchi amplificatori plasticosi e non sa cosa farsene. L’amplificatore che ho usato io è un AIWA MX-Z3100M, gli schemi completi di questo aiwa li potete scaricare cliccando qui di seguito: MX-Z3100M_LH.pdf


E ora, un piccolo aggiornamento di questo articolo. Poco dopo aver pubblicato l’articolo alla fine del 2022, ho ricevuto un messaggio su WhatsApp da “Max.AV.Mezzomatto”. Mi ha informato che se avesse saputo che avevo bisogno di fare questo tipo di misure, aveva a disposizione dei vecchi amplificatori a transistor di migliore qualità rispetto a quelli che io chiamo “Alberi di Natale”. Questi amplificatori più seri possono essere utilizzati in configurazione a ponte senza rischi di malfunzionamenti e offrono una risposta in frequenza molto migliore grazie a un design pulito e semplice.

È importante riconoscere che esistono amplificatori a transistor di migliore fattura e prestazioni superiori. “Max.AV.Mezzomatto” (che ringrazio) ha gentilmente deciso di regalarmi un vecchio amplificatore Konig a RACK, che mi ha spedito per permettermi di utilizzarlo nei miei progetti.

Nella foto sopra è mostrato il Konig AMP 2004, come si può notare dalla figura sottostante, la sua circuitazione è essenziale e minimale. Non ci sono luci colorate lampeggianti o filtri, ma solo un amplificatore di potenza puro, privo di elementi superflui che potrebbero interferire con il segnale. Questo tipo di amplificatore è ideale per essere utilizzato all’interno di un set di misura, poiché non richiede modifiche per adattarsi a tale scopo. Senza dubbio, un amplificatore di questo genere è preferibile rispetto a qualsiasi “Albero di Natale”.

Dopo una bella pulita con compressore e spray disossidante e pronto ad essere usato!

Ho dato una misurata alla sua risposta in frequenza, di tutt’altro livello rispetto il precedente aiwa, praticamente una linea piatta fino a circa 100k, anche la risposta in fase è migliore.

In queste ultime foto mentre lo uso per la misura di un traslatore di impedenza di cui parlerò a breve in un’altro articolo.

Per il momento, ho riposto l’Aiwa in soffitta come riserva. Alla fine, non fa molta differenza misurare con quello o con questo amplificatore, ma sicuramente il Konig è migliore. Ha boccole per gli altoparlanti a banana che offrono la possibilità di utilizzare anche il filo spellato, a differenza delle orribili boccole con pulsanti che rischiano di causare cortocircuiti o rompersi. Inoltre, il Konig dispone di ingresso ai 2 canali sia con jack mono che con connettori RCA, il che è molto comodo per interfacciarsi con il generatore di funzioni o con lo splitter 600.

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