Trasformatore d’uscita per valvola 71A – UX171

La 71A, nota anche con una miriade di equivalenti come:

  • UX171A
  • CX371A
  • CX71A
  • NX-71A
  • 171A
  • SX171A
  • TC171A
  • JX-171A
  • RayX-171A
  • UX-71A
  • ER71A
  • DX-171A
  • VX171A
  • 471A
  • T-71A
  • MX171A
  • ER171A
  • AC4
  • X-171A
  • AX-171A
  • SLX171A

    È una gemma dimenticata dell’epoca d’oro dell’audio a valvole. Questa valvola termoionica, con il suo riscaldamento diretto, è stata inizialmente concepita per equipaggiare le radio a cassetta, dandolgi voce nel lontano 1926. Quella che potremmo chiamare la “mamma” della più celebre 45, la valvola 71A è stata la progenitrice di alcune delle valvole più amate nella storia dell’audio, tra cui la 2A3. Con un filamento operante a 5 volt con soli 250 milliampere, la 71A è stata progettata per funzionare anche con alimentazione a batteria, portando la musica ovunque la portabilità fosse richiesta. Ma nonostante la sua modesta potenza, che risulta in appena 0,8 watt di uscita su un’impedenza di 4800 ohm, la 71A riserva delle sorprese per gli appassionati di audio. Il vero fascino di queste valvole sta nel loro suono. Sono la scelta perfetta per chi predilige l’ascolto a basso volume. Sono in grado di pilotare altoparlanti ad altissima efficienza, producendo un suono caldo, avvolgente e dettagliato. Ogni nota e ogni sfumatura vengono riprodotte con una purezza e una naturalezza che solo le valvole possono offrire. Sono stato incaricato di sviluppare un trasformatore d’uscita su misura per la valvola 71A, e sono orgoglioso di condividere con voi il risultato di mesi di ricerca, progettazione e test. Nelle seguenti righe, vi guiderò attraverso il processo che ha portato alla creazione di questo eccezionale componente audio.

    Data la bassa resistenza interna della valvola 71A, ho fatto una scelta consapevole nella progettazione del trasformatore d’uscita. Ho optato per l’utilizzo di un nucleo a lamierini a granuli orientati, e ciò per una ragione ben precisa: questi nuclei dimostrano eccezionali capacità nella gamma medio-alta, in cui la chiarezza del suono è fondamentale. Essi contribuiscono a garantire una riproduzione sonora estremamente pura e dettagliata, senza alcuna alterazione o “colorazione” del suono ripetto ad altri nuclei teoricamente più pregiati, che portano si induttanze primarie maggiori ma anche qualche inconveniente.

    Per l’avvolgimento del secondario, ho scelto di utilizzare un filo litz ricoperto in seta. Questa decisione è stata presa con l’obiettivo di massimizzare la trasmissione del segnale. Il filo litz riduce al minimo le perdite, contribuendo ulteriormente a mantenere l’integrità del segnale audio. Questo si traduce in un suono ricco di dettagli e privo di interferenze indesiderate, garantendo una riproduzione sonora di livello superiore per gli audiofili più esigenti. Nella foto le 2 rocche col filo per il primario e per il secondario (litz).

    Per l’isolamento all’interno del trasformatore, ho fatto una scelta ponderata. Ho utilizzato una combinazione di materiali, tra cui carta per trasformatori vintage all’interno delle passate e isolante polimerico misto a carte per separare le parti del primario e del secondario. Questa decisione è stata guidata da diverse considerazioni.

    La carta per trasformatori vintage è stata impiegata per le sue capacità di smorzare efficacemente le vibrazioni del filo di rame, contribuendo a ridurre al minimo eventuali disturbi derivanti da queste vibrazioni. Tuttavia, nonostante le anodiche di questa valvola siano abbastanza basse, era ancora essenziale mantenere un isolamento affidabile tra il primario e il secondario. Per questo motivo, ho integrato l’isolante polimerico, che garantisce un’efficace separazione tra le due parti del trasformatore. Questa combinazione di materiali offre una soluzione completa: la carta vintage gestisce le vibrazioni, mentre l’isolante polimerico preserva l’integrità dell’isolamento tra primario e secondario. Il risultato è un trasformatore d’uscita che è in grado di offrire prestazioni audio di alta qualità, mantenendo al contempo standard elevati di sicurezza e isolamento, anche se come già detto si è comunque in presenza di anodiche a tensione relativamente bassa.

    Ho applicato la tecnica dell’inversione di marcia a determinate parti dell’avvolgimento per mitigare alcuni potenziali difetti a livello elettrico. Questo approccio è stato fondamentale per ottimizzare le prestazioni del trasformatore d’uscita. Nella foto sotto il trasformatore dopo aver subito 2 fasi di impregnatura, la prima è solo impregnante e la seconda è una smaltatura nera.

    L’impregnazione nei trasformatori svolge una duplice funzione essenziale. Innanzitutto, crea un isolamento elettrico affidabile attorno agli avvolgimenti del trasformatore. Questo isolamento è fondamentale poiché impedisce cortocircuiti o scariche elettriche tra le parti interne del trasformatore, garantendo un funzionamento sicuro ed efficiente. In secondo luogo, l’impregnante viene utilizzato per stabilizzare e fissare le parti interne del trasformatore. Questa azione riduce le vibrazioni e i rumori indesiderati, una considerazione di primaria importanza nelle applicazioni audio ad alta fedeltà in cui la qualità del suono è fondamentale. Inoltre, l’impregnazione crea una barriera protettiva efficace contro l’umidità, prevenendo danni e deterioramenti causati da condizioni ambientali.

    L’apice della perfezione sarebbe, in definitiva, l’incapsulamento del trasformatore all’interno di una scatola in metallo sigillata con resina. Questa soluzione non solo garantirebbe una protezione ottimale ma contribuirebbe anche a migliorare l’aspetto estetico del trasformatore. Inoltre, la sigillatura sotto resina svolge un ruolo cruciale nel prevenire lo stress meccanico subito dal nucleo, ad esempio quando il trasformatore viene avvitato a un piano che potrebbe variarne l’induttanza primaria. In questo modo, si mantiene la stabilità delle prestazioni del trasformatore.

    Allo stesso tempo, la sigillatura con resina fornisce una barriera efficace contro l’umidità, contribuendo a preservare le prestazioni a lungo termine del trasformatore, evitando danni e deterioramenti causati dall’umidità ambientale. Tutto ciò contribuisce a garantire che il trasformatore funzioni in modo sicuro e affidabile in una varietà di condizioni e applicazioni. Tuttavia, per i prototipi attuali, dobbiamo accontentarci della configurazione attuale.

    Invece di mostrare costosi strumenti di misura con una lunga salsiccia di resistenze collegata al mio trasformatore, preferisco mostrarvi l’umiltà del mio set di misura. Questo consiste in un semplice pezzo di legno con un zoccolo avvitato, sopra il quale potete vedere una vera valvola UX171. Questa valvola è alimentata dal mio alimentatore da laboratorio e dall’alimentatore anodico. La scelta di utilizzare la vera valvola, piuttosto che simulazioni artificiali, è un test che vale inestimabilmente più di qualsiasi dato di risposta in frequenza ottenuto con costosi strumenti. Con questa configurazione, il trasformatore è messo alla prova in condizioni reali. È un modo per garantire che il prodotto sia in grado di offrire prestazioni eccezionali nonostante la semplicità del setup di test.

    Ora desidero condividere un aspetto fondamentale e spesso sottovalutato nella costruzione di un trasformatore: la complessità di farlo funzionare al meglio. Un trasformatore non può essere semplicemente calcolato su carta e funzionare perfettamente. Per illustrare questo concetto, vi mostro due grafici che rappresentano la risposta in frequenza del trasformatore.

    Nel primo grafico, potete osservare la risposta in frequenza del trasformatore prima di essere sottoposto all’impregnazione con l’elettroresina. Tuttavia, ciò che rende davvero interessante questa rappresentazione è il secondo grafico, che mostra la risposta in frequenza del trasformatore dopo essere stato impregnato con elettroresina e aver asciugato per circa 5 giorni.

    Prima (attenzione il grafico inizia a 20hz) Dopo (attenzione il grafico inizia a 10hz)

    A parte il mio errore nel posizionare l’inizio del primo grafico a 20Hz, che potrebbe ingannare l’osservatore, la mia attenzione è rivolta soprattutto alla parte alta di essi. Nel primo grafico, si può notare una risposta in frequenza che raggiunge -1dB a 30kHz, presentando una leggera anomalia (+0,2dB) che inizia a 1kHz e raggiunge il suo picco a 10kHz. Nel secondo grafico, invece, si osserva una risposta perfetta nell’intervallo da 10Hz a 25kHz, con un’attenzione particolare al -1dB anziché al -3dB, come spesso misurato da altri. La “gobba” presente nel primo grafico è scomparsa, e ora il grafico mostra una perfetta linearità. Se il trasformatore a secco non avesse presentato questa “caratteristica”, una volta impregnato, avrebbe potuto mostrare, al contrario, una leggera attenuazione a 10kHz.

    Questi cambiamenti sono il risultato dell’impregnazione del trasformatore con resina. La resina modifica le caratteristiche dielettriche degli isolanti, specialmente di quelli che la assorbono. Questo effetto si osserva non solo nelle antiche carte, ma anche nei lateroidi e nel nomex. Inoltre, le variazioni possono verificarsi anche con gli isolanti plastici, poiché la resina, una volta indurita, riempie lo spazio precedentemente occupato dall’aria.

    La vera maestria sta nel comprenderne e gestirne questo comportamento. Anche se non sempre ci si riesce al primo tentativo, a volte è necessario misurare, scartare il pezzo e riavvolgerne uno nuovo, cercando di perfezionare l’approccio. Questo processo di ricerca richiede giornate intere di lavoro e prove ripetute a distanza di giorni, poiché il comportamento del trasformatore cambia con il tempo anche a causa dell’essiccazione della resina al suo interno.

    Questo metodo di progettazione di trasformatori è estremamente dispendioso in termini di tempo, ma rappresenta l’unico modo per garantire la creazione di un prodotto perfetto e per dichiarare dati di specifica coerenti con la realtà. Questa è la ragione per cui i trasformatori realizzati in questo modo possono risultare molto più costosi rispetto ad altri. Potete trovare ulteriori informazioni sul mio approccio alla progettazione dei trasformatori e sulla sfida di confrontarsi con le metodologie (spesso assenti incentrate solo al contenere i costi) altrui in un articolo interessante qui.

    Vediamo ora le onde quadre a 100Hz, 1k, 10khz…

    L’impedenza primaria del trasformatore è di 4800 ohm, mentre la secondaria è unica a 8 ohm. Tutte le misure sono state acquisite a 4 Vpp su 8 ohm (0,3 watt). La potenza massima erogata è di 0,69 watt (la mia valvola è usata e non è al 100% di efficienza, però!). L’induttanza primaria è di 26 H, misurata a 100 Hz con 2 volt di segnale. L’induttanza dispersa è di 26 mH, e la resistenza primaria RDC è di 425 ohm.

    Nel grafico qui sotto lo spettro armonico emesso della UX171 durante il funzionamento a 0,3Watt RMS, ovviamente zero feedback. A quensta potenza non sono stato a misurare il fattore di smorzamento perchè appunto la potenza è talmente bassa che difficilmente potrebbe dare fastidio.

    Piccola aggiunta: Uno dei miei contatti mi ha fatto notare che la banda passante del trasformatore non è così estesa come in altri grafici mostrati sul sito, ma su potenze così ridotte è difficile che la valvola disponga di sufficiente energia per superare l’assorbimento delle capacità parassite del trasformatore, che possono essere anche dell’ordine dei 1800/2000 picofarad (come in questo caso). Tuttavia, in condizioni di zero feedback, una banda passante minima è sufficiente, poiché non si verificano intermodulazioni.

    In tutti i trasformatori per segnali deboli che ho già pubblicato o che pubblicherò sul sito, ho cercato proprio queste caratteristiche. Ciò è dovuto al fatto che le valvole in questione sono di bassa potenza, e ottenere prestazioni superiori sarebbe difficile, se non inutile, dal momento che tali circuiti non richiedono l’uso di anelli di controreazione. Come ho spiegato in questo articolo, la necessità di bande passanti estese è legata all’eliminazione o alla limitazione delle distorsioni introdotte dalla controreazione. Quest’ultima è utile per ottenere smorzamenti minimi accettabili, ma tali problemi non si applicano a queste particolari applicazioni a bassa potenza.

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    Come far suonare un Amplificatore a Valvole cinese – Guida al Modding Creativo

    Progetti correlati:

    Più volte ho riflettuto per individuare un percorso che consentisse agli appassionati dell’autocostruzione di realizzare un eccellente amplificatore senza dover sborsare una fortuna. L’assemblaggio di un amplificatore valvolare può diventare piuttosto oneroso quando si desiderano utilizzare materiali di alta qualità per ottenere un risultato soddisfacente. D’altra parte, il mercato cinese offre kit di montaggio di amplificatori, pensati per i principianti nell’ambito dell’autocostruzione, a prezzi incredibilmente convenienti. Di seguito, presento due esempi…

    Sappiate che esiste una comunità di appassionati degli amplificatori valvolari cinesi che apprezzano i risultati ottenuti da questi dispositivi. Alcuni potrebbero persino affermare che tali amplificatori offrono prestazioni paragonabili, se non superiori, a dispositivi molto più costosi. In alcuni casi, hanno ragione, poiché il mondo degli amplificatori valvolari è spesso dominato da guru che promuovono teorie basate su pseudoscienza e fantasia, il che può portarli a costruire dispositivi estremamente costosi che lasciano molto a desiderare dal punto di vista delle prestazioni.

    Tuttavia, ciò non significa che non sia possibile realizzare amplificatori valvolari di altissimo livello senza spendere una fortuna. Per coloro che amano mettere le mani nella tecnologia elettronica, il processo di smontaggio, ricostruzione e modifica è un’autentica passione. Molti di noi trovano estremamente divertente prendere un oggetto e trasformarlo in qualcosa di migliore, ottimizzando le sue prestazioni.

    Questo articolo non è rivolto a coloro che desiderano semplicemente acquistare un amplificatore pronto all’uso senza alcuna intenzione di mettere le mani nella sua elettronica. È dedicato a coloro che abbracciano la sfida di costruire, modificare e ottimizzare amplificatori valvolari, sia per l’amore verso il processo creativo che per il desiderio di ottenere prestazioni audio superiori. Spesso, anche se sarebbe possibile spendere meno per un amplificatore già pronto, ciò che affascina molte di queste persone è il percorso stesso, il processo coinvolgente di sperimentare, apprendere e migliorare.

    Spesso, quando si desidera far suonare un amplificatore valvolare cinese, ciò implica un processo che va ben oltre il semplice utilizzo dell’apparecchio così com’è. Significa smontare l’intero dispositivo e ricostruire praticamente un nuovo amplificatore all’interno del telaio. Questo comporta la sostituzione dei trasformatori e il riutilizzo solo di una parte limitata dei componenti originali. Sì, è vero, ed è straordinariamente divertente!

    Quindi, non dovremmo tollerare che alcune figure autoproclamate “guru” etichettino chi compie queste modifiche come dei “ciarlatani”. Qui non si tratta solamente di acquistare un amplificatore per ascoltare musica, ma piuttosto di una passione per la costruzione lo smanettamento e il modding di apparecchiature elettroniche valvolari. Il vero piacere risiede proprio in questa trasformazione! È un mondo a parte, e chi lo vive sa quanto sia coinvolgente. È chiaro?

    Questa pratica va ben oltre il semplice divertimento, è anche un prezioso strumento didattico per chi desidera approfondire la conoscenza del funzionamento delle valvole e dell’elettronica. Ricostruire un amplificatore valvolare cinese è come un laboratorio di apprendimento in cui si svelano i segreti del funzionamento di questi dispositivi.

    Personalmente, sono qui per offrire il mio supporto a coloro che si avvicinano a questa avventura. Metto a disposizione schemi, trasformatori e le mie conoscenze per aiutare gli aspiranti appassionati e apprendisti. Non c’è nulla di cui vergognarsi in questo processo. È un percorso di apprendimento che offre un’esperienza pratica e tangibile. Quindi, per chi è appassionato di elettronica e vuole capire a fondo il funzionamento delle valvole, questo è il posto giusto.

    Spesso ho notato che uno dei maggiori ostacoli per gli autocostruttori, soprattutto per coloro che stanno iniziando, è la realizzazione di un adeguato supporto meccanico per il montaggio. Questo è spesso il punto di partenza di molti progetti che, purtroppo, risultano impresentabili…

    Meglio modificare autonomamente un cinese che comprare cose del genere…

    Brutte scatole forate male e con la roba dentro montata ancora peggio…

    Tuttavia, la mia idea non è limitata solamente ai principianti nell’autocostruzione. Può risultare altrettanto affascinante per chi ha già esperienza nel campo, e, con ogni probabilità, qualcuno potrebbe aver già sperimentato questa pratica prima ancora che io la suggerissi. Prendiamo ad esempio il KIT EL34 dello screenshot sopra…

    Con circa 212€ (conversione dal dollaro alla data del 30 agosto 2020), si può acquistare una scatola che contiene un telaio in acciaio già forato di buon spessore, valvole, zoccoli, interruttori, ancoraggi, morsetti RCA per gli altoparlanti e tutte le varie minuterie necessarie per assemblare un circuito cablato in aria, senza circuiti stampati. Tuttavia, riflettendo attentamente, lo stesso materiale acquistato separatamente o fatto realizzare (in particolare il telaio) può comportare un costo notevolmente superiore. La creazione del telaio richiede molto tempo.

    Tuttavia, vorrei temperare subito l’entusiasmo, perché ottenere prestazioni eccellenti da questi apparecchi non è semplicemente una questione di sostituire valvole NOS o condensatori di qualità superiore. Per ottenere risultati soddisfacenti, è necessario dedicare tempo ed impegno. Le principali limitazioni spesso derivano dalla qualità dei trasformatori e dallo schema elettrico stesso. Nel caso del kit EL34, ad esempio, nel diagramma pubblicato è evidente l’utilizzo di un doppio triodo 6N9p, equivalente del 6SL7, per pilotare la EL34. Tuttavia, le due sezioni interne di questo doppio triodo sono collegate in parallelo, e probabilmente ci sarebbero state opzioni migliori per sfruttare al meglio questa valvola. Allo stesso modo, avrebbero potuto considerare l’uso di un singolo doppio triodo per pilotare entrambe le finali.

    Non vorrei sembrare troppo critico, ma ho notato che gli appassionati di questi amplificatori cinesi spesso spendono più denaro per valvole NOS di quanto abbiano speso per l’intero apparecchio su cui le montano. Affermano che queste valvole possano apportare miglioramenti, e potrebbero anche percepire alcune differenze nel suono. Tuttavia, detta in modo schietto, questa pratica può essere vista come uno spreco di risorse e non porta a risultati significativi. Sicuramente, non si avvicina nemmeno lontanamente ai risultati che potrebbero essere ottenuti tramite modifiche più radicali.

    La mia opinione è che, a questi prezzi, avrebbe senso considerare l’acquisto di queste scatole di montaggio e, successivamente, eliminare completamente i trasformatori di serie o almeno quelli di uscita (a meno che il trasformatore di alimentazione non presenti problemi di surriscaldamento o vibrazioni). È possibile quindi assemblarle con uno schema più attento e, se necessario, utilizzare condensatori di migliore qualità dove hanno senso, oppure sostituire con un potenziometro di qualità superiore, e così via.

    È vero che la modifica di una scatola di montaggio può alla fine costare più del costo iniziale della scatola stessa.  uttavia, se dovreste costruire un amplificatore simile da zero, dovreste comunque acquistare questi componenti. La convenienza di tale operazione risiede nel fatto che molti componenti e le minuterie necessarie sono già inclusi nella scatola di montaggio a un prezzo molto conveniente. Inoltre, risparmiate notevolmente in termini di tempo e sforzi fisici nella realizzazione del telaio, poiché il telaio stesso è già pronto ed è realizzato in metallo, anziché legno.

    Cercando su questi bazar cinesi si trovano diversi apparecchietti in scatola di montaggio che si prestano bene a diventare la base per qualcosa di più serio, l’unicosa a cui fare attenzione è cercare scatole pensate per essere assemblate in aria senza circuito stampato, perchè con il circuito stampato il fissaggio meccanico dello zoccolo sarà a circuito e non a telaio e lo stampato non si presta a modifiche radicali, sopratutto se si vogliono montare condensatori di un certo pregio (spesso ingombranti).

    Inoltre, vale la pena sottolineare che questa pratica non si limita solo all’utilizzo di scatole di montaggio, ma può essere altrettanto efficace partendo da apparecchiature (anche non funzionanti) reperite sul mercato dell’usato a costi molto bassi. È infatti spesso possibile trovare dispositivi usati a un prezzo accessibile che possono diventare la tela su cui dipingere la propria creatività e passione. D’altro canto, può non avere senso acquistare un apparecchio nuovo a costi elevati solo per modificarlo completamente. Su questo argomento, ho in programma di scrivere un articolo dedicato a breve.

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    Stereo Vintage: H.H. Scott 222C, il Restauro

    H.H. Scott, Inc. era un’azienda americana che produceva e commercializzava componenti audio e attrezzature stereo negli anni ’50 e ’60, noti soprattutto per i loro amplificatori valvolari di alta qualità. La società fu fondata da Howard H. Scott nel 1946. Scott era un ingegnere elettronico di talento e il suo marchio divenne presto sinonimo di alta fedeltà e prestazioni audio.

    I prodotti di H.H. Scott erano rinomati per la loro costruzione solida e la qualità del suono. I loro amplificatori valvolari erano particolarmente apprezzati dagli audiofili dell’epoca. La società produsse una serie di modelli popolari, tra cui l’Scott 299, l’Scott 222 e l’Scott 299B. Questi amplificatori offrivano una potenza pulita e una riproduzione audio accurata, e molti di essi sono ancora ricercati dagli appassionati di audio vintage.

    Negli anni ’60, la società iniziò a produrre anche ricevitori stereo, preamplificatori, giradischi e altoparlanti. H.H. Scott continuò a guadagnare una reputazione di eccellenza nel settore audio fino alla metà degli anni ’70.

    Tuttavia, a partire dagli anni ’70, l’industria dell’audio vide una transizione dalle valvole termoioniche ai transistor, e molte aziende, compresa H.H. Scott, dovettero adattarsi a questa nuova tecnologia. La qualità audio dei dispositivi a transistor migliorò considerevolmente, ma ciò portò alla fine dei dispositivi valvolari. Nel 1978, H.H. Scott, Inc. dichiarò bancarotta e fu acquisita dalla Emerson Electric Company, che successivamente cessò la produzione di componenti audio con il marchio H.H. Scott.

    Anche se l’azienda non esiste più, i prodotti H.H. Scott degli anni ’50 e ’60 rimangono molto apprezzati dagli appassionati di audio vintage, e molti cercano ancora i loro amplificatori, ricevitori e altri dispositivi sul mercato dell’usato per godere dell’esperienza sonora autentica di quegli anni.

    Ritorno al Passato dell’Audio Vintage: Restauro dei Leggendari H.H. Scott Stereomaster 222C

    Nell’era digitale odierna, dove la tecnologia avanza a un ritmo incessante, c’è un fascino intramontabile nel riparare e restaurare apparecchi audio vintage, che incarna il calore e la nostalgia del passato. In questo articolo, ci immergeremo in un affascinante viaggio nel mondo del suono d’epoca, concentrandoci su due gioielli dell’audio d’altri tempi: i prestigiosi H.H. Scott Stereomaster 222C.

    Nati nell’epoca d’oro dell’audio valvolare, gli amplificatori H.H. Scott hanno catturato l’immaginazione di appassionati e audiofili con la loro straordinaria qualità sonora e costruzione artigianale. Tuttavia, il tempo può mettere alla prova anche le creazioni più robuste, e questi due esemplari avevano bisogno di cure amorevoli per rivivere.

    Il nostro viaggio inizia con la sostituzione del trasformatore di alimentazione bruciato su uno dei 222C, un’opera d’arte ingegneristica che richiede abilità e attenzione ai dettagli. Successivamente, affronteremo la sfida di riparare completamente un trasformatore d’uscita bruciato, aprendo le porte all’ingegneria inversa e all’arte del riavvolgimento. La perseveranza e la dedizione che richiede questa impresa sono un tributo alla passione per l’audio vintage.

    Ma l’avventura non si ferma qui. Mentre restauriamo questi pezzi unici, esploreremo anche le sottili differenze tra le valvole EL84 e le meno conosciute 7189, che sono state montate negli H.H. Scott Stereomaster 222C. Conoscere le differenze tra queste valvole è essenziale per ottenere il massimo da queste meravigliose unità audio.

    Alla fine, ciò che emerge da questo viaggio è un’ammirazione per il passato e il desiderio di preservare la ricchezza dell’audio vintage. Il nostro obiettivo è far rivivere questi H.H. Scott Stereomaster 222C, affinché possano continuare a portare gioia e meraviglia con il loro suono straordinario, come facevano decenni fa. Siate pronti per una profonda immersione nell’arte del restauro audio e nell’apprezzamento del suono d’epoca. Benvenuti nel mondo dei classici restaurati con passione e maestria.

    Questo amplificatore mi è stato consegnato dopo una revisione, ma purtroppo il trasformatore era danneggiato. Ho proceduto con la creazione di un nuovo trasformatore (per chiunque volesse acquistarlo separatamente, con il codice 21S4665) e l’ho successivamente installato.


    In seguito, mi è stato affidato un secondo esemplare dell’amplificatore che lamentava il danneggiamento del trasformatore d’uscita. Questo apparecchio aveva chiaramente subito danni legati all’umidità, che inevitabilmente hanno compromesso la qualità dei materiali del trasformatore. Per affrontare questa sfida, ho proceduto allo smontaggio del trasformatore, ottenendo un dettagliato schema dell’avvolgimento interno. Questo passo preliminare mi ha permesso di avviare il processo di creazione di due nuovi trasformatori, riutilizzando gli originali lamierini e calotte dei trasformatori danneggiati.

    Nella fotografia sotto è possibile osservare una distinta traccia di ossido verdognolo lasciata dal filo di rame che aveva perso la sua smaltatura a causa del contatto con la carta umida. Durante il processo di sbobinamento, ho notato la presenza di numerose di queste tracce. In alcuni punti, il filo si spezzava autonomamente mentre lo srotolavo.

    In quest’altra immagine, è evidente un solco nero nella carta isolante, il risultato di una scarica elettrica tra fili adiacenti. Questa scarica ha perforato la carta isolante e ha causato la bruciatura che si è propagata fino a interrompere il filo di rame stesso.

    Dopo aver completato il processo di sbobinamento, ho deciso di aggiungere un tocco di modernità alla replica. Ho realizzato due rocchetti utilizzando una resina tecnica simile al nylon…

    In seguito, ho proceduto al riavvolgimento dei trasformatori, utilizzando materiali che mantenessero l’autenticità dell’epoca, combinati con isolanti moderni in quei punti critici in cui era necessaria una sicura e avanzata capacità di isolamento…

    E così ho fatto per entrambi i trasformatori; ho riavvolto completamente anche quello che era ancora funzionante. Ma prima di procedere con l’articolo sulla riparazione dell’amplificatore, desidero concentrarmi sulle valvole. Vi invito a leggere questo articolo in cui chiarisco le differenze tra le valvole EL84 e le 7189, evidenziando perché non dovrebbero essere scambiate tra loro per evitare situazioni potenzialmente disastrose, come illustrato in questo caso specifico.

    Torniamo all’amplificatore…

    Nel video qui sotto, l’amplificatore è in funzione, ma l’audio originale è stato sovrascritto per ragioni legate al copyright.

    Ora, passiamo ad alcune misurazioni strumentali. L’apparecchio è in grado di erogare da 22 a 25 watt (a seconda dell’efficienza delle valvole) con un fattore di smorzamento pari a 18. Qui di seguito, troverai due grafici relativi alla distorsione armonica totale (THD) e alla banda passante ottenuti dall’amplificatore “verde” menzionato all’inizio dell’articolo, che manteneva i suoi trasformatori d’uscita originali. Nel grafico relativo alla banda passante, è evidente la presenza di disturbi, in gran parte attribuibili a una stabilità non ottimale del circuito, che sfrutta tassi di controreazione notevolmente elevati.

    THD 1watt

    Banda passante 1watt su carico resistivo

    Ecco invece il grafico della banda passante ottenuto con i trasformatori che ho riavvolto, dopo aver apportato una leggera riduzione del tasso di controreazione. Questo passaggio ha comportato il passaggio da un fattore di smorzamento di 18 a un fattore di 12. È importante notare che questa modifica non ha avuto alcun impatto negativo sul suono, ma ha notevolmente migliorato la stabilità del circuito. È stata una lunga messa a punto.

    In conclusione, il restauro di questi amplificatori H.H. Scott Stereomaster 222C ha rappresentato un affascinante viaggio attraverso il mondo dell’audio vintage. Dall’arte di riparare trasformatori bruciati, all’ingegneria inversa dei circuiti originali, ogni passo di questo processo è stato intrapreso con cura, dedizione e rispetto per l’autenticità dell’epoca. Il risultato? Un ritorno alla vita di due classici, capaci di riprodurre il suono caldo e avvolgente che li ha resi celebri.

    L’articolo ha anche gettato luce su una confusione comune riguardo alle valvole, in particolare tra le EL84 e le 7189. L’importanza di comprendere le differenze e di adattare correttamente il circuito è stata sottolineata per garantire il corretto funzionamento dell’amplificatore e la sua longevità.

    Infine, le misurazioni strumentali hanno dimostrato come piccole modifiche al circuito, come la riduzione del tasso di controreazione, possano migliorare la stabilità del sistema senza compromettere la qualità del suono.

    Questo progetto è un omaggio alla passione dell’audio vintage, un’ode alla maestria artigianale dei giorni passati e un segno di speranza per i possessori di amplificatori d’epoca, poiché ora sappiamo che è possibile riportare in vita questi gioielli del passato, conservando la loro autenticità sonora. Ecco a un futuro di suono classico e autentico, restaurato con amore e maestria.

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    3 Responses to Stereo Vintage: H.H. Scott 222C, il Restauro

    • Ciao Stefano. Bellissimo articolo, e sopratutto molto utile e istruttiva la parte sulle 7189. Valvole peraltro molto interessanti. Ne ho uno davanti di 222c proprio ora, del 1963, mio anno di nascita. È perfetto, rivalvolato a nuivo dql precedente proprietario con tutte Tung Sol, ma da rivedere elettricamente vista l’età ormai molto avanzata di entrambi, mia e dell’ampli (anche io sarei da rivedere un po’, ma non è facile come con le elettroniche purtroppo! ?). Grazie! E complimenti ancora

    • lo strumento fa così quando rileva un’inversione di 180 gradi, probabilmente l’inversione avviene dentro la rete dei toni

    • che fase stana…???

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